Più di tutto. Più dei denari e la gloria. Più della Champions. Poteva andare all’AEK Atene, giocare in Grecia, vivere le notti europee, e invece scelse Napoli, volle il San Paolo, lo stadio dei sogni, quello in cui da bambino aveva visto Castellini svolazzare da un palo all’altro, e poi le maglie fluorescenti di Giuliani, lo stile di Galli e le parate a modo suo di Garella. La lucida follia di Gennaro Iezzo. La C pur di allungare i guantoni e prendersi il Napoli, far suo l’affetto dei sessantamila. Quella carica, la passione, un sentimento azzurro che è pure suo.
In curva o salendo le scalette, emozioni forti…
«Il San Paolo è uno stadio magico, e non solo per i napoletani. Chiunque ci gioca ne resta impressionato. Si percepisce l’amore per la squadra. Il boato della gente è fortissimo. Ti spinge sempre a dare di più. Ti senti un giocatore vero».
Quei tre saltelli, un rito.
«Li ho sempre fatti, sin da quando ho cominciato a giocare. Quasi non ricordo il perché. Prima di ogni partita era un appuntamento fisso, un momento, ovunque, tutto e soltanto mio. A Napoli diventò di tutti. A ogni saltello c’era un olè della folla. I tifosi mi aspettavano, era come l’inizio di tutto».
Esiste il fattore San Paolo, insomma.
«Eh sì che esiste, e mette le ali. Non è facile per nessuno fare punti a Napoli. Ne sanno qualcosa Dortmund, Marsiglia e Arsenal».
Carica ma pure responsabilità.
«Ne ho visti tanti che salendo le scalette avevano la tremarella, e altri che invece diventavano leoni. Io mi sentivo uno di loro, mi dava forza».
Nessun rimpianto per la Champions mai giocata…
«Neppure ci penso. Ho accettato Napoli con un entusiasmo incredibile. Reja mi chiamava di continuo e io ero convinto che fosse la scelta giusta. Per rispetto, avevo dato la priorità al Cagliari per il rinnovo. Ma appena possibile ho voluto il San Paolo».
Eppure fino all’ultimo, quante insistenze.
«Ricordo ancora che all’ingresso di Castelvolturno, entrando per firmare, il mio procuratore mi disse: sei sicuro, in Grecia ti aspettano, davvero preferisci la serie C all’Europa? Lo diceva per il mio bene professionale, ma sapeva già che avevo deciso».
Il momento più bello a Fuorigrotta.
«Potrei dire sempre, tutte le partite. Ci sono però stati momenti speciali, decisivi per le promozioni dalla C alla A. E poi sfidare e battere al San Paolo la Juve, l’Inter e le grandi squadre in generale».
Questione di feeling. Quello che Reina ha già trovato e che Rafael comincia ad avere.
«I napoletani amano chi dà tutto per la maglia e la rispetta. Il Napoli è in buone mani. Portieri importanti, tifosi unici. Da scudetto».
Fonte:
Corriere dello Sport
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