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Grande Stevens: “Cavani è il simbolo del Napoli”

L'ex presidente juventino: "L'undici di Conte è più organizzato del Napoli"

Ci sono partite che smuovono ricordi, agitano sentimenti, riassumono destini. L’avvocato Franzo Grande Stevens, presidente onorario bianconero, sostiene che Juventus-Napoli è speciale solo perché profuma di scudetto: non indugia sul legame tra Napoli e Torino che ha radici profonde e grandi simboli, men che meno sulla sua storia personale di napoletano all’ombra della Mole. Era salito per conoscere un famoso giurista, doveva fermarsi pochi giorni e son passati quasi sessant’anni: si è affermato nella professione, s’è innamorato della Juve, è diventato “avvocato dell’Avvocato”, ovvero legale di fiducia di Gianni Agnelli, ha presieduto la società bianconera dal 2003 al 2006, eppure non ha mai reciso il rapporto con Napoli, fatto di memoria, affetto, rispetto.
L’avvocato Franzo Grande Stevens sostiene che Juventus-Napoli è speciale solo perché profuma di scudetto, noi, ci perdonerà, siamo sicuri che non sarà così: profumerà anche di rosolio, della farina del pastificio di papà, delle foglie bagnate dei boschi di Camaldoli dove, bambino, si rifugiava quando arrivavano i tedeschi, del cuoio e della polvere dei libri che foderavano la biblioteca dell’università di Napoli.
L’avvocato Franzo Grande Stevens, che ha conosciuto da vicino la Signora, elegge Michel Platini miglior campione incrociato, anche se nel raffronto con Diego Armando Maradona, immancabile in questa lunga vigilia, la fede bianconera, indistruttibile, finisce per ondeggiare. Scivolati via i magnifici anni del Pibe, e dimenticate le traversie recenti dei due club (il fallimento azzurro, Calciopoli e la B bianconera) Juve-Napoli è di nuovo sfida al vertice. Per l’avvocato, la squadra di Walter Mazzarri è l’unica antagonista sulla strada dello scudetto. Un obiettivo ovvio, dopo la sorpresa dell’anno scorso: il miracolo della gestione di Andrea Agnelli che ha visto crescere e il capolavoro di Antonio Conte che ricorda giovane centrocampista.

Avvocato Franzo Grande Stevens, radici napoletane e cuore bianconero: non ci dica che Juve-Napoli sarà una partita qualsiasi…
«Non lo sarà, ma soltanto perché importante per lo scudetto. Per il resto, cosa vuole? Tra napoletani e torinesi esiste un feeling che risale all’unificazione dell’Italia: penso a Crispi, Scialoja, Settembrini, Poerio… Ci sono stati grandi professori che hanno legato le due città: Kerbaker, torinese, fu direttore dell’Istituto Orientale di Napoli, che all’epoca si chiamava Collegio dei cinesi, e Abbagnano insegnò all’università di Torino dopo essersi laureato in filosofia a Napoli. E non dimentichiamo che due Agnelli hanno sposato due Caracciolo».

Anche lei lega le due città…
«Vivo a Torino da quasi sessant’anni. Salii nel ’53 per conoscere il giurista Paolo Greco e venni “sequestrato” da Bobbio e Galante Garrone: entrai nello studio dell’avvocato Dante Livio Bianco, già comandante partigiano, che, appassionato d’alpinismo, era appena deceduto durante un’escursione. Affittai una camera ammobiliata in via Cibrario: cominciò tutto da lì».

Anche la passione per la Juve…
«A Napoli seguivo un po’ la pallacanestro, a Torino mi sono avvicinato al calcio e affezionato ai colori bianconeri».

In realtà non è mai stato un semplice tifoso, visto che diventò presto avvocato dell’Avvocato…
«Giovanni Agnelli ricordava che il nonno s’era affidato al professor Vincenzo Ianfolla, insegnante di diritto all’università di Napoli e civilista, così, necessitando d’assistenza legale per una cessione d’azienda, mi cercò: “Ho sentito parlare bene di lei, scelgo anch’io un avvocato napoletano”. Successe sette anni dopo il mio arrivo a Torino, nacque un grande rapporto».

Cinquant’anni dopo il suo arrivo a Torino, è diventato invece presidente della Juve…
«Quando morì l’avvocato Vittorio Chiusano, mi chiesero di prendere il suo posto ai vertici della società. Ero riluttante, ma Umberto Agnelli seppe convincermi: “Vittorio sarebbe contento” disse, e io accettai».

Oggi il presidente è Andrea, figlio di Umberto…
«Rappresenta la storia e ha un attaccamento straordinario alla Juventus. E’ al posto giusto, riveste una carica a cui tiene, ha ottenuto una delle sue realizzazioni».

Si aspettava che riuscisse così in fretta a ricostruire una grande Juve?
«Sinceramente no, sono rimasto sorpreso: avevo fiducia, ma immaginavo tempi più lunghi, invece ha saputo allestire una società forte e una squadra di prim’ordine: al top in Italia e, forse, in Europa».

Sogna la Champions League?
«Perché no? Meglio partire sempre con l’obiettivo più alto, tanto più che le cose lasciano ben sperare. Razionalmente, penso che vincere al primo colpo, dopo il ritorno, sia difficile: bisogna fare esperienza, come in tutti i campi della vita, e aggiungere magari qualche innesto».

Andrea piace ai tifosi anche per le sue battaglie…
«E’ una questione di temperamenti: io sono fatto per trovare soluzioni diplomatiche, non per la lotta fino in fondo, ma forse incide anche l’età».

Inutile chiederle per chi tiferà sabato 20…
«Juve, come sempre: sto per il Napoli quando non incrocia i bianconeri o quando non c’è un interesse legato al risultato».

Andrà allo stadio?
«Spesso rinuncio alle notturne, ma stavolta si comincia alle diciotto: ci sarò».

Pronostico?
«Dico Juve, e non solo per ragioni di cuore: il Napoli è una bella squadra, ma fondata sui singoli, i bianconeri hanno un’organizzazione migliore».

Cosa pensa di Antonio Conte?
«E’ un ottimo allenatore. Oltre che per le idee tattiche e per come prepara le squadra, per la grinta che sa trasmettere ai calciatori. Insegna a non arrendersi mai, e questo è molto importante: per un tecnico come per un professore o un maestro».

Dopo aver stupito l’anno scorso, la Juve è favorita per lo scudetto?
«Penso proprio di sì. E il Napoli è il vero antagonista».

Torna spesso a Napoli?
«Raramente, ma sono legatissimo alla città e alla sua storia. Come tutta la mia famiglia, che pure ha radici inglesi e siciliane».

Quasi sessant’anni a Torino, vissuti sempre accanto alla Juve: il più grande campione bianconero?
«Difficile scegliere, ne sono passati tantissimi: Dico Platini: era particolare»

Le Roi o Maradona?
«Forse Maradona: aveva maggiore fantasia, Platini era continentale. Però la qualità di entrambi era eccelsa: davvero complicato decidere».

Il simbolo della Juve di oggi?
«Buffon è grandissimo, però scelgo Marchisio: è torinese, è cresciuto nella Juve, ha grandi doti e non finisce mai di migliorare. Un emblema».

Del Napoli?
«Partito Lavezzi, nessun dubbio: il migliore, il simbolo, è Cavani».

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

A.S.

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