Napoli – Quando segnava lui, e segnava, erano capolavori: perché Giordano (Bruno, of course), era un filosofo del gol. Mica gesti banali, macché: la sublimazione dell’arte. E ora ch’è allenatore (e aspetta fiduciosamente), analizzare un bomber gli viene semplice, meravigliosamente bene. Dici Vargas e ti chiedi: ma perché?
E dunque…?
«Me lo chiedo anche io. Un mistero. Perché, come s’usa dire, gli manca veramente poco. Ma lui è bravo, più di altri che pure giocano in serie A. M’ha impressionato perché ha tutto: è rapido, pericoloso, tecnicamente vario. E poi osa: il gol che ha mandato in finale il Cile è da attaccante coraggioso».
Napoli non è semplice, forse.
«Questa può essere una ragione. E poi lui è capitato quando aveva davanti a sé Cavani, Lavezzi, poi Higuain. Trovare un posto diventava esercizio complicato. Ma penso anche che non abbia sentito la fiducia intorno a sé, quella che non gli manca in Nazionale».
Tanto merito è di Sampaoli.
«Che lo fa sentire importante, evidentemente, quando le cose vanno male. Sono quelli i momenti in cui hai bisogno di non precipitare nei dubbi».
E il ragazzo forse ne avverte.
«Può darsi che una delle concause sia di natura psicologica, magari si lascia andare troppo in fretta. Ma sono supposizioni, perché non conosco il soggetto. Ma come calciatore, mi piace. In Italia un posto per lui ci sarebbe e neanche in squadre delle retrovie».
Il Napoli probabilmente non può garantirgli la continuità di cui ha bisogno.
«E questo è indiscutibile, perché se c’è el pipita davanti è francamente dura. Ma io un attaccante come Vargas lo prenderei, ci crederei, lo farei giocare: va, ragazzo, sbaglia pure, non ti preoccupare…Poi vediamo cosa succederebbe».
Fonte: Corriere dello Sport
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