Oggi per “Il Mattino” un mito del calcio italiano:
«No, la vera intervista la rilascerò solo quando il Napoli arriverà a un punto dalla Juve… diciamo che questa chiacchierata è solo una scambio di sentimenti in onore di una città che amo tantissimo».
Giampiero Boniperti ha attraversato decenni di trionfi in bianconero, prima campione in campo e poi super presidente (dal 1971 al 1990). Di quella antipatica Vecchia Signora capace di passioni smisurate e avversioni crudeli, probabilmente lui è il vero simbolo, il più bianconero di tutti. L’avvocato Agnelli lo consacrò così:
«Il nostro più grande giocatore, il nostro più grande presidente».
Da juventino, si è mai reso conto che per Napoli e il Napoli questa non è una partita come le altre?
«Se ce lo dimenticavamo bastava per un attimo mettere piede in città per ricordarcelo. Ma io ho sempre adorato Napoli e i napoletani. La loro passione, il loro amore per la squadra, la loro correttezza: e poi non sono andato mai via da una trasferta lì senza mangiare una zuppa di pesce da Zi’ Teresa».
Tanti scudetti strappati ma anche un bel po’ di sconfitte?
«Tantissime volte. Si divertivano contro di noi a dare sempre il massimo. Le gare ‘ncoppa ‘o Vommero (proprio così, in dialetto, ndr) erano memorabili, con i tifosi a bordo campo e il presidente a urlarci contro. Noi eravamo forti, c’erano Hansen, Praest, Sivori e Charles. Poi dopo parlavamo tra di noi e ci dicevamo che se proprio dovevamo perdere una partita meglio a Napoli».
Lei c’era pure il giorno in cui venne inaugurato lo stadio San Paolo?
«Come no! Un’altra sconfitta e non feci neanche gol. Mi sarebbe proprio piaciuto segnare quel pomeriggio. Ma forse meglio non aver rovinato la festa a quel pubblico meraviglioso».
Ai napoletani è rimasta la stessa passione di quei tempi?
«Mercoledì sera guardavo la gara con il Bayern e a un certo punto hanno inquadrato uno striscione. C’era scritto: se vince il Napoli mi faccio monaco… Che meraviglia!».
Le hanno mai riservato un’accoglienza speciale?
«Una volta con l’avvocato Agnelli percorremmo a piedi il tragitto dal mio albergo al porto, e tutti i napoletani che erano in strada in quel momento si accodarono formando una specie di processione. I tifosi riconoscevano più me che lui e urlavano il mio nome. Alla fine l’avvocato Agnelli mi guardò e mi disse: è meglio andare in giro con Soraya».
È vero che una volta chiamò un ministro perché non vi facevano dormire i tifosi azzurri?
«Sì, è vero. Alloggiavamo in uno degli hotel sul lungomare e sotto le nostre stanze i centinaia di tifosi sostavano cantando a squarciagola e suonando i clacson per non farci dormire. A un certo punto, io ero già presidente, chiamai il ministro dell’Interno di allora che sapevo essere juventino e gli chiesi di farli smettere. Devo dire che dopo poco smisero».
Il solito potere della Vecchia Signora.
«Ma no, è che dovevo far riposare la mia squadra…».
Dice una leggenda: Boniperti stava per comprare Maradona.
«Non è mica vera… è comunque glielo racconterò quando il Napoli sarà a un punto dalla Juventus».
A suo nipote Filippo, che è una delle promesse del calcio italiano, consiglierebbe di giocare a Napoli?
«Risponderò anche questo, ma la prossima volta. Sennò diventa un’intervista vera. E questa non lo è».
La Redazione
A.S.
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