«E allora vado via anche io…». Sbatté la porta e diede le dimissioni. Lasciò. Senza rimpianti. «Era una questione di dignità. Sarri l’avevo voluto io». E ci credeva davvero, Giovanni Galli. Una scelta convinta, ancora oggi che sono passati più di sette anni. Ne era certo allora, e ne è certo anche adesso. Ora che pure la serie A ne ha certificato le qualità: ha scoperto il personaggio ed esaltato il suo calcio. Organizzazione, mentalità, schemi. Quel che Giovanni Galli aveva intuito già a quel tempo. Quando Sarri allenava la San Giovannese e lui, appesi i guanti al chiodo, ragionava ormai da dirigente. «Non ebbi dubbi. Pensai a lui appena il Conte mi chiamò». Il Conte è Piero Arvedi. Poi scomparso nel 2009. Lo invitò nella sua tenuta, tra enormi distese di verde, selvaggina e storie di vita. Gli parlò del suo Verona. Cercava un direttore generale e un allenatore. Nuovo. L’Hellas era messa male. Veniva da due stagioni fallimentari: doppia retrocessione e conti in rosso. Serviva una svolta. E ci provarono insieme: Galli dietro la scrivania, Sarri in panchina. «Ma durò giusto qualche settimana, un paio di mesi. Poco, pochissimo: non ci diedero il tempo. Arrivammo a dicembre. La società era in bolletta. Cedemmo i giocatori con i contratti da serie A e cominciammo a costruire una squadra giovane. Presi anche Jorginho. Ma tre o quattro sconfitte di fila e saltò tutto». Quasi tutto. L’amicizia no. Soprattutto, la stima. Sarri esonerato e Giovanni Galli via con lui. Per principio. «E dignità, ripeto. L’avevo proposto io, voluto e difeso. E quando l’hanno cacciato senza neanche avvertirmi, non aveva più senso che io rimanessi».
Eppure c’erano tre anni di contratto.
«Non aveva senso continuare. Se un Presidente boccia le tue idee vuol dire che non si fida di te. E io per fortuna, grazie al calcio, posso permettermi di poter fare quel che considero giusto».
Sarri lo prenderebbe ancora?
«Certo che sì. Gli allenatori si scelgono perché li conosci. Io di Sarri apprezzavo già l’atteggiamento, il metodo di lavoro, l’attenzione ai particolari, la filosofia di gioco. E com’era allora, è anche adesso. Anzi, di più».
Ha visto lungo De Laurentiis.
«Il Presidente è evidentemente un personaggio che fa discuter. Può star simpatico o meno. E alcune sue uscite possono anche sembrare discutibili. Però è chiaro che tiene al Napoli. Con lui sono arrivati grandi risultati e il bilancio è sanissimo. E’ avveduto e lungimirante. E poi vince. Gli auguro il meglio».
Con Sarri in panchina.
«Eh sì. E’ l’allenatore perfetto per ricominciare un ciclo. L’Empoli a tratti ha entusiasmato con interpreti che non sono di primissimo livello. Segnale che il manico era buono».
Scuola italiana.
«Sì, anche quello. Però bravo lui, bravo Sarri. Ne vedo di squadre che non hanno né capo né coda. Sarri merita questa opportunità. Se l’è meritata con la gavetta.».
Grande squadra, grande piazza e ora però anche grandi pressioni.
«Cambia tutto, ovvio. Ma lui imparerà a gestirle. Dovrà abituarsi in fretta a una realtà diversa. Poi neanche ci baderà più. Il campo invece è uguale dappertutto e lui dà la sua impronta».
Per qualcuno ricorda Sacchi.
«E’ un paragone giusto. Berlusconi ebbe il coraggio di puntare su un allenatore di Provincia. E così ha fatto anche De Laurentiis».
Quello era un super Milan. Con gli olandesi. E Maldini, Donadoni, Ancelotti e gli altri.
«Talenti pazzeschi. Ma pure il Napoli ha i suoi, seppur non tutti con quella qualità. Comunque c’è affinità tra i due progetti».
Ne vede anche tra Sacchi e Sarri?
«Ce ne sono tante. Si vede la mano degli allenatori. USquadra riconoscibile per come si muove e sta in campo. Corta, compatta, equilibrata. Non è stato sempre così nei due anni di Benitez».
No, non sempre.
«E infatti il Napoli cambia. Pure se non era tutto da buttare. La grande missione sarebbe prendere meno gol e riuscire a farne sempre tanti…»
E allora due simboli: difesa e attacco. Numero uno: Reina.
«Strepitoso. E’ il portiere che è mancato. E’ uno che da solo ti dà cinque o sei punti a campionato».
L’altro: Gonzalo Higuain.
«Forte fortissimo come pochi. Fortuna che con quella clasusola è blindato».
Avesse giocato nel suo Verona, avrebbe sisitemato tutto…
«Sarebbe cambiata la storia. Sarri avrebbe finito il campionato e io sarei rimasto là. Ma Higuain ce l’ha il Napoli».
E anche Sarri…
«E come allora, per me è l’allenatore giusto».
Fonte: Corriere dello Sport
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