Sempre al suo fianco. Collaboratore fidatissimo, Niccolò Frustalupi, il secondo di Mazzarri, quello che ne conosce tutti i segreti e ne ha seguito il percorso professionale in serie A che domani tocca le 300 panchine.
«Devo tutto a Mazzarri, il primo a credere in me, il tecnico che mi ha dato fiducia in questi anni. Ho imparato tutto ma proprio tutto da lui».
Come si è incrociata la sua strada con quella di Mazzarri?
«Lavoravo nella Pistoiese dove svolgevo più ruoli. Il direttore sportivo Bini mi disse che dovevamo andare a prendere una persona e assistere con lui alle finali playoff Primavera a Padova. Questa persona era Mazzarri: guidavo l’auto e dai discorsi capii che sarebbe stato il nuovo allenatore della Pistoiese».
E da quel momento cominciò la collaborazione?
«Sì, mi ha portato nel suo staff tecnico, cominciai a fare l’osservatore alla Pistoiese, poi più avanti il viceallenatore, il ruolo attuale. Studio gli avversari e sottopongo le mie relazioni a Mazzarri che prende le sue decisioni».
La compattezza dello staff, uno dei punti di forza?
«Mazzarri dà grande importanza alla distinzione dei ruoli che ognuno cerca di svolgere al meglio. Poi tocca a lui prendere le decisioni dopo essersi confrontato con noi».
È il migliore allenatore in A?
«Senza ombra di dubbio, parlano i risultati. In carriera non ha mai fallito un obiettivo alla guida di qualsiasi squadra riuscendo a tirare fuori sempre il massimo dai suoi giocatori e anche di più».
Ce lo descrive nell’immediata vigilia delle partite?
«Cerca di prevedere tutto quello che potrebbe succedere nello sviluppo della gara e ne parla con noi collaboratori. Negli spogliatoi pensa a tutti gli eventi che potrebbero capitare sia in negativo che in positivo per poter apportare delle modifiche in corso».
Con voi parla molto anche durante la gara: cosa vi dice?
«Si rivolge a noi e ai calciatori in panchina, commenta le situazioni che avvengono in campo, le cose fatte bene, altre fatte male e altre che potrebbero farsi meglio».
Quali sono le sue caratteristiche migliori?
«Dal punto di vista tattico è bravissimo: è un perfezionista, studia ogni minimo particolare, cerca di capire quale possa essere anche qualche piccolo spunto per vincere le partite. È un perfezionista in tutto, non solo nella lettura della partita, in tutto quello che può far rendere al meglio i giocatori».
Un’altra qualità, la gestione del gruppo...
«La coerenza, questa è la dote maggiormente apprezzata dai calciatori. E poi è molto diretto con il gruppo, così gode della stima di tutti».
La volta che l’ha visto più felice?
«Dopo la vittoria in coppa Italia a Roma sulla Juventus, per una volta si è sciolto, liberando le sue emozioni dopo aver centrato un grande traguardo. Di momenti belli vissuti insieme a Napoli ce ne sono stati tanti, la vittoria a Torino per 3-2 sulla Juve, il pareggio con l’Inter al San Paolo con la qualificazione in Champions, la vittoria sul Manchester City».
E la volta che l’ha visto più arrabbiato?
«Dopo il pareggio 2-2 contro il Catania. Era incavolato nero, inavvicinabile».
Si arrabbiò anche con la squadra?
«Nel dopo partita non parla mai negli spogliatoi alla squadra sia in caso di vittorie che di sconfitte: la partita viene rianalizzata alla ripresa degli allenamenti».
Il Mazzarri lontano dal campo, come lo descriverebbe?
«Non stacca mai la spina, eccezion fatta per una ventina di giorni di vacanza a fine campionato. La giornata per lui dura 24 ore, il telefono è sempre acceso, vive per il suo lavoro».
In questi anni quanto è cambiato?
«È sempre lo stesso per quanto riguarda i principi base, l’approccio al lavoro, la voglia di ottenere sempre il massimo. Ha modificato di volta in volta la sua metodologia in base alle esperienze professionali che sono mutate di anno in anno».
Più va avanti in carriera e più fuma?
«Ha sempre fumato tanto e anche adesso credo fumi almeno un pacchetto. La sigaretta sempre accesa, tranne che durante la partita, poi recupera alla fine».
Quando il primo giorno di lavoro a Castelvolturno disse a luglio di essere il nuovo allenatore del Napoli, cosa pensò?
«Sorprese anche me, non sapevo nulla. Confermò la sua genialità, fu il suo modo per trasmettere nuovi stimoli a se stesso e al gruppo».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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