Napule è mille culure: e in quell’universo d’un azzurro vivo, intenso, vibrante, che va dal San Paolo sino a Berlino, Ciro Ferrara s’è avvolto di scudetti e di trofei, di trionfi e di gloria, conquistati dal campo o anche dalla panchina, al fianco di Lippi. Napule è adesso a voce de’ criature, me pure dei papà: che sale piano piano; e quell’eco, decollato a Milano, tra le luci accecanti di San Siro, è una dolce ninnananna con la quale lasciarsi andare, la colonna sonora d’una città che se ne sta con gli occhi spalancati ad osservare gli aquiloni. Napoli è in Ciro Ferrara, l’ambasciatore che ha vinto ovunque, comunque, al Sud e al Nord, lo spaccato d’una terra riesplosa nella sua fertilità e ora pronta a germogliare.
Da napoletano a napoletano, cosa augura Ferrara ad Insigne?
«Di provare le stesse gioie che ho vissuto io indossando la maglia della squadra della mia città. Sono sensazioni che ti restano dentro per sempre».
E dicevano: nessuno è profeta in patria.
«E’ più difficile esserlo, indubbiamente; e nel calcio, le aspettative dei tuoi tifosi, sono maggiori: la pressione l’avverte molto più un indigeno, rispetto a chi invece non è figlio della propria terra. E’ inevitabile, direi anche umano».
L’ultimo Insigne che impressione le ha fatto?
«Sta diventando decisivo. Ha saputo superare l’incidente dell’anno scorso con una ferocia che gli fa onore: ho fatto calcoli al volo, e nella passata stagione, con i problemi vissuti, era arrivato a due gol; ora è a cinque, con tre assist».
Fa (quasi) soltanto cose belle.
«E le fa con Higuain, con il quale dialoga piacevolmente. La rete del 2-0 è meravigliosa, uno scambio nello stretto che esalta le qualità di entrambi. Un’intesa perfetta».
A proposito del Pipita….
«Non ho parole: mi permetto di dire che ormai lui e Buffon rappresentano gli ultimi due autentici fenomeni del campionato. Ora che sono andati via Pirlo e Tevez, uomini in grado di spostare i valori come loro due non ne esistono. Higuain è persino fuori dal tempo, perché la sua classe sarebbe stata benissimo in quelle stagioni d’oro che il calcio italiano ha vissuto – ed io ho avuto la fortuna di attraversare dall’interno – negli anni ‘90».
Non pronuncerà mai quella parola…
«Sa, noi napoletani siamo straordinariamente paradossali: nella città più scaramantica del Mondo, da domenica sera si parla soprattutto di quel traguardo lì. Io preferisco soprassedere: diciamo allora che questa squadra ha la forza di essere una delle candidate a lottare per il vertice».
Il giochino delle percentuali non le piace.
«Non mi sbilancerò mai sulla favorita, non ne esiste una sola. Ce ne sono alcune. L’equilibirio, in questo momento, è sovrano; mi pare sia complicato che qualcuna riesca a staccarsi dalle altre, come ha fatto la Juventus nelle ultime quattro stagioni».
Messaggio a Napoli.
«Vorrei dire: contenere l’entusiasmo. Ma come si fa? Capisco. Però gli addetti ai lavori devono».
La sosta è un’alleata?
«Al contrario, una nemica: perché l’onda lunga rischia di infrangersi su quei problemi che esistono e non si vedono quando si va con le Nazionali, i viaggi lunghi, la stanchezza, il clima diverso. E poi, un Napoli-Fiorentina subito, avrebbe avuto altri effetti. Però sono convinto pure del contrario: queste due settimane non faranno scemare l’attesa intorno ad una partita tra le squadre più in forma del momento».
Il pregio del Napoli che ha ammirato.
«La capacità di difendere senza scappare all’indietro; e le distanze tra i reparti. Troppo facile dire: quei tre lì davanti, chiunque siano, ti fanno male. Serviva rimuovere il difetto».
Insigne ha vissuto due vite…
«Da trequartista ha fatto benino, è in grado di giocare. Ma il suo ruolo è quello ed il tridente è l’abito che cade addosso perfettamente a lui ed agli altri attaccanti. Complimenti a Sarri: ha dato una qualità di gioco elevatissima al Napoli, è stato bravo a cambiare se stesso: era giusto provare il suo calcio, quando è arrivato; è stato perfetto nella tempistica a restare con le sue idee però rielaborandole dove serviva».
Un difettuccio allo “scugnizzo” glielo dobbiamo trovare, sennò ci si perde nel miele: che ogni tanto sia un pochino egoista?
«E se non lo fosse, che attaccante sarebbe? Chi sente il gol, ne avverte il richiamo e lo cerca: ci sta. Poi, tranquilli: perché quando gli scappa un tiro di troppo, ci pensa Higuain a rimproverarlo….».
Lei lo può giudicare da allenatore, da giocatore, da napoletano….
«Io sono rimasto impressionato, a San Siro. Ma già nelle gare precedenti si vedeva che stava bene, che la condizione era quella giusta, che aveva la gamba, tentava di saltare l’avversario e ci riusciva. E poi comunque segnava: certo, la doppietta a San Siro, con una punizione bellissima, dà autorevolezza alla prestazione, ne ingigantisce il valore».
Semplicemente: ma Insigne potrà essere il Ferrara del Terzo Millennio?
«So bene dove vuole arrivare e insisto nel mio atteggiamento difensivistico: la soluzione più idonea è stare calmi, controllare le emozioni. Quanto a Lorenzo, spero che la felicità provata da me possa essere la sua. E con questo ho detto tutto: perché quella parola lì, non va sussurrata».
Fonte: Corriere dello Sport
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