Alessandro Cosentino, ultras del gruppo Fedayn della Curva B, ha rilasciato un’intervista al settimanale Offside di Metropolis:
Come ha cambiato il Covid-19 la tua vita? “Ho più tempo a disposizione, m’informo, leggo, si è veramente fermato il mondo. Mi dispiace che, nonostante tutto ciò che è successo, continuo a vedere gli esseri umani immersi nei luoghi comuni. Mi fermo davanti al mare e penso ma neanche s’arrendono?”. Hai lanciato l’iniziativa “Quarantena azzurra”. Come sta andando? “Abbiamo raccolto circa 14mila euro e abbiamo già donato più di 7mila euro all’ospedale Cotugno. L’iniziativa è ancora attiva su gofundme, abbiamo coinvolto anche tanti ex calciatori del Napoli in una campagna di comunicazione sul web e sulla tv”. Almeno per qualche mese il futuro del calcio è giocare a porte chiuse. Cosa significa per un ultras? “Sarà terribile, ci mancherà il pre-partita, l’amicizia, il gruppo, passarsi il megafono, lo striscione, dare la pacca sulla spalla ad un amico che ha creato una bella iniziativa, l’abbraccio allo sconosciuto quando si gonfia la rete. Stavolta c’è questo maledetto virus, l’emergenza sanitaria ma l’attacco al nostro mondo parte da lontano. Ci tolgono il nostro più grande amore, lo sai quale sarebbe il titolo che darei all’articolo? Userei il coro “In un mondo che non ci vuole più… canterò di più”.
In quest’annata avete portato avanti l’iniziativa “Liberi di tifare” per difendere il mondo delle curve. Cosa ti ha lasciato questa vicenda? “In questi giorni penso tanto anche a quando abbiamo capito in che direzione andava il mondo prima degli altri, ricordo una manifestazione nel 2003 a Milano degli ultras. Quando i nostri genitori ci portavano allo stadio da bambini, lo sguardo era rivolto sempre alla curva. Ci siamo innamorati di quel mondo, dell’odore dei fumogeni, dei cori a tempo. L’Italia è stata un riferimento per tutta l’Europa, in queste settimane molti giovani mi scrivono sulle immagini degli anni ’80: il “formaggino” di San Siro tutto azzurro quando non esisteva ancora il terzo anello, il derby del Sole con la Curva Nord e la Tribuna Trastevere piene di napoletani, le trasferte oceaniche a Firenze e pensi a questo maledetto tempo che sta togliendo al calcio la goliardia. A Napoli poi la partita dura una giornata intera, non novanta minuti. Il San Paolo è caloroso quando è pieno, maestoso e tenebroso quando è vuoto, esprime un’enorme tristezza senza i tifosi. A Napoli noi facciamo la differenza, diamo tutto per quella maledetta maglia, il nostro vuoto non è paragonabile a quello di altre città, potremmo essere un “pugno” se De Laurentiis la smettesse d’alzare i muri, si rischia di spegnere il fuoco della nostra passione”. Cosa sarà la prima partita a porte aperte dopo l’emergenza coronavirus? “Mi capita di pensarci, quando torneremo nella nostra curva sarà come quando ci siamo andati la prima volta, un’emozione fortissima, come quando riabbracci la tua fidanzata dopo tanto tempo”.
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