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Donadel: “Ho ancora molto da dare, il meglio deve ancora venire”

L'ex Viola sicuro: "Marco Donadel c'è"

Marco Donadel, centrocampista azzurro finalmente “arruolabile” dopo un anno di convalescenza, ospite del “salottino” di Massimo D’Alessandro e Silver Mele sulle frequenze di Marte Sport Live, parla della sua situazione. L’ex viola, uscito dal tunnel post infortunio, ha tutta la voglia di dare il massimo per la causa azzurra. Ecco quanto evidenziato dalla Redazione di IamNaples.it:

“E’ una bella soddisfazione, dopo tanta assenza forzata, poter dire che sto bene e sono pronto a dare il mio apporto. Può capitare di avere infortuni, anche piccoli, per dieci anni non mi è mai successo niente e poi, una volta qui, ahimè, ho avuto un infortunio molto serio. Ma non mi lamento, anzi, sono contento che il Napoli abbia fatto bene anche senza di me. Poi, in questi momenti un pò difficili, è anche bello vedere persone che ti dimostrano il loro affetto e la loro vicinanza, quando le cose vanno bene tutti ti sono vicini, ma quando le cose vanno meno bene si vede chi davvero merita di starti vicino. Il nostro obiettivo? Non ci facciamo domande ne creiamo aspettative, giochiamo in modo consapevole, consci di essere una grande squadra, capace di mettere in difficoltà anche la Juve. Partiamo sempre per vincere, ma non vogliamo annullare l’effetto entusiasmo ponendoci dei limiti o degli obiettivi: seguiamo il mister e abbiamo giocatori molto forti, il nostro merito è quello di dare sempre il massimo. Logico che se a febbraio o marzo saremo lì davanti, cominceremo a pensare seriamente a “quella cosa”. Non possiamo permetterci di sentirci più bravi degli altri, la Serie A spesso ti fa delle sorprese, si possono perdere punti anche con le cosiddette “piccole”: perdere in entusiasmo vuol dire limitarci, la nostra forza è anche la nostra voglia. Il mio ruolo? A Palermo il mister mi chiese di fare l’esterno, ma posso giocare anche in porta o come vice-Cavani, farò sempre ciò che mi chiede il Mister. Vice-Hamsik? Tra me e lui ci sono dieci gradini di differenza nell’imbastire la trama offensiva, io  sono un mediano di rottura e non posso paragonarmi a lui. E’ perfetto sia in gara che in allenamento, non sbaglia mai un movimento e tiene unita la squadra. E’ tra i migliori giocatori al Mondo ed averlo qui è un grandissimo privilegio. La mia carriera? Ho avuto tanta fortuna, dalle giovanili al Milan dove ho avuto grandi maestri come Tassotti e Ballardini, poi quando mi sono staccato dalla “mamma Milan”, ho trovato fortuna alla Fiorentina, dove fin’ora ho dato il meglio di me. Tuttavia credo che il meglio debba ancora venire: mi sento più maturo e consapevole e spero di migliorare ancora. Il mister? Mi è sempre stato vicino, è logico che la sua prerogativa era pensare a chi stesse bene, ma non mi ha mai fatto sentire solo anche durante l’infortunio. In mezzo al campo siamo ben equipaggiati: abbiamo tutti caratteristiche diverse e possiamo dare molta varietà di scelte a mister Mazzarri. Lavoriamo per essere una squadra solida, il primo pensiero dev’essere quello di non prenderle: se siamo ordinati, con i giocatori che abbiamo sulle fasce e lì davanti, possiamo sempre creare qualcosa. I nostri “Pirlo” non li abbiamo in mezzo al campo, ma lì davanti, noi centrocampisti dobbiamo lavorare per loro e in questo senso, con i vari Inler, Behrami e Dzemaili abbiamo un’ottima scelta. I miei gol? L’area avversaria non è una zona mia: ho segnato poco e sempre da lontano, però penso che col modo di giocare di Mazzarri potrebbe capitarmi qualche chance di segnare. La mia prima presenza in A? Nel 2001 ma i miei gol sono solo 4, di cui il primo da punizione. Europa League? Sono arrivato in passato molto vicino a vincerla ed ho ancora qualche sassolino da togliermi dalla scarpa. Il mister vuole che diamo il massimo ogni volta che giochiamo: dall’allenamento all’Europa League, dal Campionato alla Coppa Italia. Abbiamo fatto bene l’anno scorso, di sicuro non avremo paura adesso: per vincere una competizione del genere ci vuole anche una bella dose di fortuna, ma sappiamo che in gara secca possiamo giocarcela con tutti. Se sono in forma? Sì, ma mi manca il campo. Sabato andrò a giocare con la Primavera, mi servirà ad accumulare minuti per essere sempre pronto. La piazza? Fantastica, contro il Chelsea avevo le orecchie che mi fischiavano. Ci impegniamo soprattutto per i nostri tifosi, che ringrazio per essermi stati vicini, farò il possibile per ringraziarli anche sul campo. I social network? Prima li odiavo, ora ho iniziato ad usarli anche su suggerimento di Dzemaili, mi diverto anche a seguire personaggi più o meno noti e confrontare i miei pensieri. I giovani? Ci sono giocatori che anche a 35 anni, vedi Totti e Del Piero, che vogliono ancora migliorare e poi ragazzini di 18 anni che già si sentono arrivati. I primi devono essere da esempio per tutti, i nostri giovani, comunque, vedi Insigne ed altri ragazzi della Primavera, hanno tanta fame. Lorenzo è un attaccante dinamico, eccezionale con la palla e rabbioso in fase di non possesso, per noi mediani, avere contro gente come lui o Hamsik o Cavani, anche se sei Pirlo, è motivo di grande attenzione e un pizzico di paura. I nostri top player? Oltre ai 3 già citati c’è anche Pandev: vedo poco di meglio in giro in A. Prandelli e la convocazione di Lorenzo? Il mister è la persona giusta in questo momento storico difficile per fare il c.t. dell’Italia, in due anni ha fatto passi da giganti e spero possa fare bene anche in Brasile: in questo senso, con lungimiranza, sta cominciando a coltivare i possibili “arruolabili”, vedi Insigne. Se puntiamo allo Scudetto? Non lo dirò mai, le partite non si vincono facendo i proclami, preferiamo i fatti alle parole. Se diciamo di fare la partita della vita e poi toppiamo diventiamo ridicoli, i giudizi vengono dopo e per renderli più positivi possibile dobbiamo dare il cuore in ogni match. Poi a fine girone d’andate cominceremo a trarre i primi bilanci. L’Olimpiade di Atene? Giocammo con la fascia al braccio la partita con l’Iraq, in memoria del giornalista italiano ucciso proprio in medio-oriente, quel giorno il calcio era l’ultima cosa ma una medaglia, seppur di bronzo, è sempre una bella cosa. La Nazionale? E’ diritto e dovere di ogni giocatore pensarci, perchè vuol dire migliorarsi, se però non arriva nessun dramma: personalmente l’ho sfiorata spesso ma pur non avendola mai assaporata a pieno, non mi lamento, mi sono sempre divertito. Il Napoli? Un meltin’ pot unito sotto il segno della cultura dell’impegno. C’è un clima bellissimo nello spogliatoio, si lavora duramente e si scherza tra di noi quando è il momento: un plauso va fatto a Mazzarri ed il suo staff. La crescita del Napoli? I numeri sono sempre importani, 12 giocatori in Nazionale vuol dire grande esperienza per tutti: quando un calciatore torna dalla Nazionale ha sempre un bagaglio più ampio da condividere con tutti. Gamberini e Behrami? E’ bello ritrovare nel gruppo giocatori che già conosci, sono contento di poter stare con loro, Mesto, Cannavaro, Morgan De Sanctis, Colombo. Il mio infortunio? Sono stato male, ma le persone mi hanno sempre fatto tornare il sorriso sulle labbra, mi ha solo un pò infastidito il fatto che si siano fatte illazioni sul mio conto non vere, ma non ho bisogno di smentire queste malelingue, continuo per la mia strada.  Dicevano che non m’ero ambientato? Non faccio proclami ma vedrete qual’è la verità. La mozzarella e la Pizza? Difficile dire di no. La geografia calcistica? Spesso al centro-sud c’è stato l’handicap dal punto di vista organizzativo, ora il gap, anche grazie alla crisi economica, si sta azzerando. Vedi le programmazioni intelligenti di Napoli, Roma e Lazio: in questo modo il gap si avvicina ad azzerarsi. Marco Donadel c’è? Certo.”

La Redazione

M.P.

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