Dici Udinese-Napoli e pensi subito ad Antonio Di Natale. Totò è stato il simbolo di questa sfida: lui napoletano di nascita ma friulano di adozione. Perché la maglia numero 10 dell’Udinese – quella che oggi è stata ereditata da De Paul – ha rappresentato un connubio praticamente fisso con il nome di Di Natale. A quattro anni dal suo ultimo Udinese-Napoli, Totò ha cambiato vita. Ma fino a un certo punto. Ha lasciato il calcio giocato e si è dedicato alla panchina. Ha sposato la causa dello Spezia in serie B (da un bianconero all’altro) e collabora con l’allenatore Marino nella cura della fase offensiva della squadra.
Oggi non ci sarà Insigne per un problema fisico, ma le piace la sua nuova collocazione tattica da prima punta?
«Sono contento per lui ed è stato bravo Ancelotti a farlo giocare più attaccate perché gli permette di vedere la porta più lucidamente. Da esterno nel 4-3-3 devi fare tutta la fascia e consumi energie. Scherzando gli dicevo sempre che giovava troppo per i compagni: Fai bene, ma se sei un attaccante a fine campionato devi portare a casa i numeri, cioè i gol. Devi fare 15 reti di media. Ora è sulla buona strada. È un ragazzo che si è messo in discussione».
Non è facile per un napoletano giocare nel Napoli?
«Ci rimane male quando non fa gol e prende i fischi, ma i tifosi lo adorano e lui dimostra sempre il suo affetto».
E cosa pensa del dualismo Milik-Mertens?
«Sono scelte dell’allenatore e sono cose anche normali quando hai tanti campioni. Ancelotti dimostra di far giocare tutti. Bravo Mertens a mettersi in discussione perché quando entra fa sempre benissimo, l’anno scorso ha fatto un campionato pazzesco».
A lei con chi dei due sarebbe piaciuto giocare?
«Probabilmente con Mertens perché quando giocavo con Sanchez che ha tecnica e velocità mi divertivo un molto. Negli ultimi anni la prima punta fisica è un po’ sparita».
Cosa ha pensato quando il Napoli ha annunciato Ancelotti?
«Che colpo. Lui è stato il numero uno in Europa e in Italia. Dopo Sarri era l’unico che poteva arrivare. Dà tranquillità ai giocatori e tutti i giocatori che ha allenato dicevano sempre che portava felicità nel gruppo. In più è una persona seria e sincera, si fa fatica a non volergli bene. Anche con chi non giocava aveva un rapporto speciale».
Lei ha giocato in squadra con Allan, sorpreso dalla sua crescita?
«Mi basta dire che ai tempi lo chiamavo Alemao. Però lui ha anche più qualità. Corre per tre: è difficile per un allenatore tenerlo fuori. Quando scelse Napoli parlammo un po’ e mi sembrava subito entusiasta».
E che ricordi ha di Zielinski?
«Quando l’Empoli lo prese in prestito dall’Udinese dissi al presidente che avevano preso un campione. Si vedeva da quando si allenava con noi: era giovanissimo ma usava destro, sinistro e faceva delle cose incredibili per l’età che aveva».
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