Il cielo in una stanza: e mentre tra la pareti dell’intimità quotidiana l’universo di Aurelio De Laurentiis spazia dalle emozioni e dagli interessi che catturano dalla Cina agli Stati Uniti e approdano sin dentro l’Europa, l’espressione pubblica del manager calcistico ha una Coppa Italia in cui poter specchiare gli otto anni vissuti meravigliosamente. Juventus-Napoli concentra in un’ora e mezza il senso pieno del progetto, la sintesi d’una filosofia espressa in campo e però costruita in laboratorio attraverso le idee, la pianificazione, l’organizzazione: otto anni, un soffio, per lasciarsi alle spalle la polvere del Fallimento e rinfrescare la Storia, affidandole un’altra data ancora, per un film prodotto, diretto e sceneggiato da un De Laurentiis proiettato nel futuro.
Per non risultare ripetitivi, presidente, verrebbe da dire: scurdammoce o passat…
«Che invece va tenuto a memoria, semplicemente perché rappresenta il giorno in cui il Napoli è rinato dalle ceneri: un club che era diventato un pezzettino di carta ora va all’Olimpico per giocarsi la Coppa Italia contro i bravissimi e imbattuti neo campioni d’Italia della Juventus».
Ricollocare il Napoli nell’establishment calcistico in così breve tempo che sensazioni offre?
«Potrei dire, senza vanità, l’orgoglio di avere creduto in noi stessi e nella forza dei napoletani, in ciò che è stato realizzato pur tra umanissime perplessità. Un club è un’azienda atipica, diversa da qualsiasi altra: risente, come nessun’altra, degli umori, della passione; e invece, ovunque, occorre razionalità. In sette giorni, una sconfitta o una vittoria finiscono per mutare le condizioni ambientali e si va dall’euforia più sfrenata alla depressione più profonda. Però senza paure e senza autocelebrazioni, ma con grande serenità, abbiamo lavorato in questi anni concentrati e a testa bassa per il popolo azzurro».
Trentamila napoletani all’Olimpico: mai esodo di massa ha avuto dimensioni del genere.
«E spero che per questi tifosi, ma anche per chi resterà a casa, sia possibile festeggiare: la Coppa Italia sarebbe innanzitutto un omaggio alla città, oltre che ai napoletani sparsi per il Mondo. Ed è chiaro che sarebbe un meritato premio per la squadra, il tecnico, i collaboratori e la società. Noi siamo un gruppo monolitico e siamo felici di essere arrivati a questo punto. Ma non bisogna neanche dimenticare che ad agosto si giocherà la Supercoppa, quasi una sfida di ritorno, visto che se la giocheranno le stesse squadre».
Dal 2004 al 2012 cos’è cambiato?
«Intanto, siamo da cinque anni in serie A e soltanto in una circostanza il Napoli non è riuscito ad arrivare in Europa. Voltarsi a questo serve, a capire: non per citarci, ma il cammino intrapreso in quell’agosto del 2004 sembra lontano proprio grazie ai vari traguardi colti e a una maturazione imponente, che ci ha permesso di essere al passo con le grandi sia in Italia che in Europa, nel pieno rispetto del fair-play finanziario».
Domani sera c’è la Coppa Italia, ma stasera si gioca Bayern-Chelsea.
«Non bisogna avere rimpianti, semmai essere fieri di avere affrontato le due finaliste di Champions, di non aver sfigurato, anzi: le abbiamo messe in difficoltà. La bontà del nostro lavoro è in questa considerazione: il Napoli ha rappresentato un’avversaria temibile per le due più forti formazioni del Vecchio Continente. E una di queste l’abbiamo pure battuta. E per eliminarci ha avuto bisogno dei supplementari. Sufficiente, no?».
Dice Hamsik: la garanzia del Napoli si chiama De Laurentiis…
(sorriso…) «La frase non a caso arriva da un ragazzo che ha scelto di restare ancora da noi e a lungo. Cioè da uno che crede veramente nel mio progetto».
Juventus-Napoli è la madre di tutte le partite?
«Devo dire che quest’anno ne abbiamo avute parecchie di madri: perché se penso al Manchester City, al Bayern, al Villarreal, al Chelsea e soprattutto al clima vissuto in quelle serate, allora m’accorgo ch’è stata veramente una stagione esaltante per la nostra gente. E che vogliamo chiudere nel migliore dei modi: giochiamo contro una formazione che ha appena conquistato lo scudetto, meritandolo; complimenti a loro per la caparbietà dimostrata. Io sono amico degli Agnelli e degli Elkann e li applaudo. Ma domani sera voglio batterli».
Domanda di rito: questo calcio vecchio, per dirla alla De Laurentiis, però sposta le masse.
«Ma si resta inchiodati comunque su parametri antichi, perché manca la volontà di intervenire: qui non servono pennellate, ma interventi mirati. La Cina che ho appena visitato mi ha confermato che in pochi anni i cinesi saranno al top anche nel calcio; in Germania s’è appena chiuso un campionato in cui non c’era uno stadio semivuoto, mentre da noi non ce n’è quasi mai uno pieno: se uno ha occhi per vedere, e coscienza per analizzare, s’accorge che siamo rimasti pericolosamente indietro. Spero che i politici facciano il loro dovere nell’approvare la legge per i nuovi stadi. E che soprattutto si rimetta mano in maniera moderna alla legge 91 dell’81 e con essa alla responsabilità oggettiva dei club».
Domanda inevitabile, che le farà venire l’orticaria: Lavezzi…
«Non amo fare il mercato attraverso i giornali, anzi preferisco il contrario, perché credo che la riservatezza sia indispensabile in certi settori ed in certi accadimenti. Ma Lavezzi ha una clausola rescissoria e dunque il destino è legato ad essa, non ad altre variabili altrimenti inesistenti. Non piace solo in Francia e in Italia, piace anche in Inghilterra, Germania e Russia».
Domanda scontata: Mazzarri e il Napoli?
«E’ il nostro allenatore, non solo in ragione d’un contratto, ma anche della condivisione sulle scelte sin qui fatte».
Cosa verserebbe nella Coppa Italia per bere e festeggiare?
«Mi rifaccia la domanda a partita finita: sa, ormai conosco la pretattica della scaramanzia. Credo».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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