Chi è l’anti-Juventus nella lotta per lo scudetto? Non so se questa è una domanda corretta. Piuttosto io direi chi è l’anti-Napoli: perché gli azzurri non hanno proprio nulla da invidiare ai bianconeri». Luigi De Canio, lucano classe ’58, allenatore del Genoa, è un uomo franco e amabilmente autoritario con le squadre che dirige. Ed è spesso diplomatico al limite di un’apparente timidezza.
Quanto mancherà Conte alla Juventus?
«Pochissimo. Quasi nulla. La squadra si allena e si prepara durante la settimana, tutte le cose si mettono a punto dal lunedì al sabato. Quando si va in campo quasi non si sente la voce del tecnico. Se perderanno non sarà per la squalifica del suo allenatore».
Li dica, prego.
«Perché trova la qualità, la maturità e la continuità di Pandev e l’entusiasmo unito ai colpi di fantasia di Lorenzo Insigne».
E a Ciro Immobile, l’altra promettente napoletano, che è affidato alle sue cure?
«Di continuare ad avere la disponibilità ad ascoltare e la voglia di migliorarsi sempre. Come sta facendo in queste settimane».
E di Lorenzo, la grande speranza degli azzurri?
«La capacità di trovare la giocata. Come se fosse una cosa semplice semplice. I due insieme fanno proprio una bella coppia, peccato averli separati».
Ne è incantato. È l’arma in più nella lotta per il titolo?
«Non solo: c’è Maggio che ha raggiunto una enorme maturità. Anno dopo anno è divenuto sempre più forte. L’ho sempre inseguito, ho sempre chiesto inutilmente ai miei presidenti di prenderlo. È rimasto il mio sogno».
L’usato sicuro del Napoli?
«Detta così suona male. Può dare il senso di vecchio e riciclato. Preferisco definirlo come un gruppo cresciuto insieme e maturato con sapienza. E con un Cavani strepitoso».
E il suo Genoa, ottimo all’esordio con il Cagliari?
«Spero di fare bene. Ma non mi piace che sia io a doverlo dire».
Il rimpianto?
«Sono partiti in tanti dall’Italia ma aver visto andar via Verratti, un nostro talento, mi dà il senso del grande impoverimento del nostro campionato. Ma impossibile mettersi in concorrenza con il Psg o con i club inglesi».
Come si fa a rimediare?
«Al momento non si può fare nulla. I tifosi non possono chiedere ai presidenti delle loro squadre grandi investimenti nel calcio quando magari le loro aziende sono in difficoltà. Con posti di lavoro a rischio e padri di famiglia minacciati di finire per strada. Il calcio italiano, ora, è lo specchio del nostro Paese».
Che ne dice di questa moda del momento del 3-5-2 e delle sue varianti?
«Ma quale moda? Io l’adottavo nel ’99 a Udine e prima di me era stato Zaccheroni a farlo. Ventura, poi, usava questo schema addirittura a Giarre e ancora a Lecce e a Cagliari».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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