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Dalla Svizzera – David Sesa: “A Napoli sei un re se giochi bene”

"Ricordo 65mila persone per un'amichevole contro la Juventus!

L’ex giocatore del Napoli e del Lecce, David Sesa si racconta in una lunga intervista al portale elvetico 4-4-2.com: la carriera, la permanenza  a Lecce, l’esperienza a Napoli, il suo desiderio di diventare allenatore. Eccola, in traduzione integrale per Iamnaples.it: Dopo molti anni in Italia ritorna in Svizzera, come sta e come vive questo momento? Sto bene, ho da poco concluso il corso di allenatore in Italia ed ora faccio apprendistato presso alcuni club. nel concreto ricerco una carriera da allenatore. Ha già allenato una squadra? Dove potrebbe incominciare da allenatore? Non ho ancora allenato finora. Ho avuto un’offerta dall’Ungheria ma per motivi familiari non ho accettato, vorrei restare in Svizzera. Mi piacerebbe un esordio in Challenge League (campionato svizzero di secondo livello ndt) e non mi dispiacerebbe neppure una bella squadra della Erste Liga (seconda divisione del campionato austriaco ndt), come primo allenatore o allenatore in seconda non importa, desidero mettermi alla prova. La Super League svizzera è temporanea per lei? Sarebbe fantastico ma non ho ancora tanta esperienza. Naturalmente se dovesse capitare ne sarei ben felice. Lei è di Dielsdorf, la sede del GC è lì. Magari come assistente… Sì, è vero (ride). Il GC è naturalmente un nome in Svizzera, ma non ci penso poi troppo. Voglio solo iniziare come allenatore. Secondo lei quali sono le doti di un allenatore? Al centro di tutto c’è il rispetto, ecco la cosa sulla quale un allenatore deve lavorare. Se i tuoi giocatori ti rispettano allora puoi avere successo. Inoltre un buon allenatore deve saper avere a che fare non solo con i giocatori ma anche con i suoi superiori, i tifosi e i giornalisti. la poliedricità è una dote fondamentale oggi. Qual’è la sua filosofia di allenatore? Un allenatore moderno deve adattare le sue tattiche al materiale umano e tecnico. Non può essere che il miglior giocatore della squadra si accomodi in panchina, a meno che non rientri nello schema tattico del trainer. La flessibilità ha la priorità. Come tecnico qual’è il suo idolo? Ne sono parecchi, ma nessuno in particolare. Che ne pensa di Mourinho? Che è un allenatore ai massimi livelli. Un retorico geniale, riflette sempre prima di parlare, non è mai banale. Non conosco altri allenatori dei quali quasi tutti gli ex giocatori parlano bene, ecco la cosa unica: tutti dicono un gran bene di lui. Secondo lei ci sono dei giocatori che hanno già la stoffa di allenatori? Certo, spesso è così. Prendiamo Di Matteo: già 20 anni fa era un leader in campo, aveva carisma. Abbiamo giocato insieme nello Zurigo. Notai subito che Roberto era  un grande anche fuori dal campo, ed eccolo oggi al Chelsea. Anche Montella, col quale ho fatto il corso da allenatore, ha una brillante carriera in panchina davanti a sé. Secondo lei qual è il calcio tatticamente più maturo? Che domande, quello italiano! Anche oggi le squadre italiane sono le più attrezzate tatticamente. La differenza rispetto a prima è che i migliori giocatori non giocano più solo in Serie A. Il calcio italiano non è più leader solo ed esclusivamente per motivi economici. Tatticamente invece resta trainante. Secondo lei l’Italia ha anche i migliori allenatori? Luciano Spalletti ora è allo Zenit. Carlo Ancelotti è al Paris Saint Germain. Fabio Capello ha allenato fino a poco fa la nazionale britannica, Roberto di Matteo è al Chelsea, Roberto Mancini ha portato il City ad essere una squadra di vertice e Giovanni Trapattoni ha portato l’Irlanda, nazionale mediocre, fino ai campionati europei. Questo dice tutto… E del calcio svizzero che ne pensa? Che si è evoluto enormemente. Che è cresciuta l’autoconsapevolezza, il fatto che sempre più giocatori possano andare a giocare in Italia, Germania, Inghilterra e Francia ha contribuito ad aumentare il livello. Sul piano individuale in Svizzera il lavoro è stato fatto soprattutto con i ragazzi. Qual’è la nazionale svizzera che giudica più forte? Quella dei suoi tempi o quella di oggi? Credo che oggi abbiamo giocatori molto talentuosi in nazionale. Sono giovani, affamati di successi ed hanno un gran potenziale. Ma credo pure che la nazionale di ieri con Stéphane Chapuisat, Kubilay Türkilymaz, Adrian Knup, Ciriaco Sforza, Marc Hottiger, Stéphane Henchoz, Marco Pascolo e tanti altri fosse migliore di quella attuale. Per la prossima stagione, crede che Shaqiri andrà al Bayern? A Basilea Shaqiri è insieme a Alex Frei il giocatore più imporatnte. Al Bayern ha una concorrenza spietata. Davanti a lui c’è Arjen Robben e comunque i tedeschi prenderanno un altro top player oltre a lui. La squadra ha l’obbligo di vincere il campionato ogni anno ed ora si trova ad aver fallito l’obiettivo per due volte di seguito. Ed ecco che la pressione diventa enorme. La prima stagione per Shaqiri sarà dura, ma con la dovuta pazienza raggiungerà il successo. In Italia: lo Zurigo, poi Ginevra, e a 25 anni il trasferimento nella sua seconda patria, l’Italia, in serie B a Lecce “Pantaleo Corvino, il presidente, aveva naso per i talenti sconosciuti” – dice Sesa. Un periodo turbolento per lui, ben noto in svizzera, che si ritrovava a giocare in serie B in Puglia, da perfetto sconosciuto, al fianco di idoli come Cristiano Lucarelli, Valeri Boijnov Davor Vugrinec, come dello svizzero Francisco Lima dello Zurigo e Juarez del Servette. Ha conosciuto anche Mirko Vucinic, allora appena 16enne. Ma di lì a poco lo sconosciuto divenne conosciuto perché il suo rendimento a Lecce fu fortissimo dal principio. Il primo anno la squadra fu subito promossa in serie A, nella stagione successiva Sesa segnò il famoso gol all’Inter per la vittoria dei giallorossi per 1-0 che valse la permanenza nella massima serie. Per i leccesi lo svizzero era un eroe. L’arrivo a Napoli, piazza caldissima Intanto dopo due anni Sesa dice addio a Lecce e inizia una nuova avventura a Napoli, come “precursore” di Inler e Dzemaili. A 27 anni, nel 2000 si ritrova catapultato nella metropoli del calcio in Italia. Il suo cartellino costò al Napoli 17 miliardi di vecchie lire, più o meno 8,8 milioni di Euro oggi. A tutt’oggi resta una delle operazioni di mercato più costose che veda coinvolto uno svizzero. E proprio come per Inler, anche per Sesa le aspettative in estate erano ai massimi livelli. “La pressione a Napoli era enorme già dall’inizio. La squadra era appena risalita in serie A ed aveva investito molti soldi nel materiale tecnico.” E lo svizzero era uno dei punti cardine della speranza. Aveva firmato un contratto di 5 anni e doveva riportare la squadra azzurra ai vertici del calcio. Nel Napoli problemi in campo e fuori Ma le cose andarono diversamente. Il Napoli aveva dei problemi e retrocesse quell’anno. Sesa dovette imparare sulla sua pelle come fossero fatui i destini di un calciatore a Napoli. “Quando ti fischiano 40mila persone allo stadio, la palla ti pesa tremendamente tra i piedi. L’ho capito giorno dopo giorno, a Napoli la formula del calcio è questa: sei un re se giochi bene, ma se le cose vanno male ti odiano.” In quattro anni Sesa ha visto un alternarsi di sentimenti. Proprio a partire dalla retrocessione: l’interesse dei tifosi rimase altissimo. “Mi ricordo che durante un’amichevole con la Juventus vennero allo stadio ben 65.mila persone!” “Prigioniero” a Napoli “Con la pressione che cresceva giocare non era certo più facile.” E il Napoli non volle cederlo per una somma inferiore al suo acquisto, avendolo pagato una grossa somma, pur non giocando regolarmente. Ed eccolo quindi “prigioniero” a Napoli fino al 2004. Infine il suo breve ritorno in Svizzera, all’Aarau, poi due anni fa la chiusura della carriera, in serie D, con il Rovigo. Ma nel cuore di Sesa non c’è spazio per la tristezza, ora si prepara per una nuova avventura nel mondo del calcio: quella di allenatore.

Fonte: 4-4-2.com

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La Redazione

Traduzione e adattamento a cura di Maria Villani

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