Napoli antagonista numero uno. E Lorenzo Insigne talento naturale, uno che ha qualità e testa. Parola di allenatore (della Samp) e gran conoscitore della squadra di Mazzarri e dei suoi umori. Parola di Ciro Ferrara che, in un’intervista al Mattino, chiarisce di non essere «di parte» quando loda gli azzurri: «Quando hai lì davanti un talento come Cavani e un centrocampo con Hamisk, Behrami, Maggio e così via, non si può non lottare per il primo posto». Per Ferrara, il Napoli può esser forte anche senza Lavezzi, come la Juve lo fu dopo Zidane. «In questi primi giorni a Genova ho provato emozioni intense, decisamente diverse da quelle degli ultimi anni, però forti e stimolanti allo stesso modo». Non è un turista per caso, Ciro Ferrara, che trova con la Sampdoria quello che in cuor suo inseguiva ancora, nonostante i successi come ct dell’Under 21: una panchina in serie A. E che dopo quasi 18 anni si ritrova a vivere in una città sul mare.
Allora, come va?
«Molto bene. Siamo concentrati per quello che per noi è già uno scontro diretto: affronteremo il Siena ed è fondamentale per noi conquistare i tre punti. Come ho detto ai miei giocatori dopo la vittoria sul Milan, il difficile viene adesso».
Ferrara allenatore della Samp, chi l’avrebbe mai detto.
«Io no. Avevo un gran voglia di confrontarmi con il campo ogni giorno. Anche se non è stato facile lasciare la Nazionale: poi il ds Sensibile mi ha raggiunto a Napoli e abbiamo trovato subito l’accordo. È l’ambiente giusto: dopo la sconfitta con la Juve Stabia nessuno ci ha fatto processi».
La caratteristica più importante di Ferrara allenatore?
«La coerenza tra quello che si dice al gruppo e quello che si fa durante la settimana e in partita. L’autorevolezza nasce da questo. I giocatori ti ascoltano, devi avere il polso della situazione, sapere quello che succede, non tradire mai quello che pensi».
Chi vince lo scudetto?
«C’è una squadra che ha ancora qualcosa in più: è la Juventus la più accreditata, anche se bisogna vedere come pagherà la partecipazione alla Champions».
E il Napoli?
«Per me è l’antagonista numero uno. Quando lo dico, mi prendono per uno di parte. Ma quando hai lì davanti un talento come Cavani e un centrocampo con Hamisk, Behrami, Maggio e così via non può non lottare per il primo posto».
Come si strappa lo scudetto alla Juve?
«Oltre alla qualità, molto dipende dalle motivazioni dei giocatori, ma questo vale per tutti».
Un Napoli forte anche senza Lavezzi?
«Bisogna abituarsi a perdere i grandi campioni e non farne dei drammi. Conta il progetto, la solidità del gruppo. Io alla Juve ho vissuto un dopo Zidane, un dopo Baggio e un dopo Vialli… E abbiamo continuato a vincere».
Le piace Lorenzo Insigne?
«Lo dice a me? È un talento naturale, ha qualità e testa. Il punto è che piace molto anche a De Laurentiis che non ha voluto sentir ragioni e lo ha lasciato a Mazzarri».
Lo voleva a Genova?
«Trovatemi un allenatore che non vorrebbe allenare Lorenzo».
Da napoletano a napoletano, gli dia un consiglio
«Piedi per terra, umiltà e cercare di non farsi travolgere dall’amore della gente di Napoli. E si ricordi sempre che nel calcio i giudizi cambiano dal mercoledì alla domenica».
È andata così anche a lei.
«Il giorno del mio debutto in serie A, contro la Juve, nel primo tempo marcai Boniek e lui non segnò, nel secondo passai su Cabrini. Andò bene, pensavo di essere arrivato e infatti, sette giorni dopo a Udine, Montesano mi ridicolizzò. Ecco, questa è stata la lezione più importante per me».
Una serie A piena di giovani. Ci vorrebbe la bacchetta magica per trasformarli subito in campioni?
«Ci vuole pazienza. Ed evitare i paragoni perché non sempre fanno bene. E poi i giovani ascoltino sempre gli insegnamenti dei tecnici e dei compagni di squadra».
Come ha fatto il giovane Ciro?
«Ai miei tempi c’era un altro ambiente, c’erano meno soldi, meno tv, meno interessi. Ci sono ragazzi che dopo la prima in serie A chiedono ingaggi stratosferici e c’è chi li vuole subito in nazionale. Ai miei tempi ne dovevi fare di partite prima di arrivarci».
Il suo maestro?
«I ragazzi più giovani, ai miei tempi, non azzardavano il ”tu” con nessuno. Mai pensato di poter chiamare Bruscolotti per nome. Eppure lui, come Bagni e Maradona, mi ha insegnato molto».
E adesso chi insegna ai giovani?
«A quelli della Samp ci penso io. Ma adesso c’è la gara più importante: contro il Siena, davanti al nostro pubblico che ci spingerà a dare tutto».
È scaramantico?
«Nella maniera giusta».
Ha vinto al Nou Camp e al Meazza in meno di sette giorni. Come si fa a temere il Siena?
«Ecco, ora sono scaramantico».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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