Il difensore ha superato i postumi dello spaventoso incidente in auto del 9 giugno scorso in Argentina
“Chiunque altro avrebbe impiegato mesi per riprendersi dall’incidente stradale in cui persero la vita tre persone, tra cui un amico fidato, Alvaro Castelli. Invece, Hugo Campagnaro, che era alla guida del Suv nell’impatto con l’auto che procedeva nell’altra corsia, poco distante da Coronel Baigorria, nel distretto di Rio Cuarto, lentamente sta provando a mettersi alle spalle quanto accaduto il 9 giugno scorso. Ad aiutarlo, proprio il Napoli, i compagni di spogliatoio, i tifosi, nonché i familiari, la moglie Noelia, con i figli Sofia (4 anni) e Andres (13 mesi), che ora vivono con lui a Castelvolturno. L’esito delle analisi del sangue è risultato negativo al test dell’alcool per cui il difensore ha potuto lasciare il proprio paese dietro una cauzione (400mila euro circa) e l’impegno a comparire davanti al giudice quando gli verrà richiesto”.
Campagnaro, come sta cercando di uscire da quel brutto incidente?
«Pensandoci il meno possibile. Dimenticare non sarà facile.E’ stato tremendo.Ho rischiato la vita anch’io. Ringrazio il Napoli che mi ha dato l’opportunità di distrarmi e tutti coloro che mi sono stati vicino».
Sono state dette tante cose sulla dinamica di quell’incidente.
«Ho saputo ma si è trattato solo di una tragica fatalità».
Pensa di poter ritornare il calciatore di prima?
«Ritengo proprio di sì. In campo non è cambiato nulla. Il Napoli può contare su di me. Riesco a giocare senza condizionamenti psicologici. Durante la preparazione mi sono dovuto fermare per una caduta maldestra, ma sto meglio e sono a disposizione del mister».
Quanto ha inciso l’affetto dei propri familiari?
«Tanto. Con mia moglie Noelia ci conosciamo da ragazzi. Anche lei è di Coronell Baigorria, un paese di millecinquecento anime, ma non raggruppate tra loro, bensì sparse in una immensa campagna. Noelia mi ha seguito in Italia quando approdai al Piacenza. Poi è arrivata Sofia mentre ero alla Samp, proprio nel giorno in cui stavamo giocando in Bulgaria, vicino Sofia. E un anno fa è nato Andres. Stavolta ho potuto stare accanto a mia moglie, perché ha partorito in una clinica di Castelvolturno ».
E’ vero che per diventare calciatore fu costretto ad allontanarsi da casa a 16 anni?
«Sì, dovetti trasferirmi a Baires, nel Deportivo Moron, perché dalle mie parti non esisteva una squadra di calcio. Ed inizialmente giocavo da fluidificante a destra, realizzando anche dei gol. Infatti a Piacenza pensavano di aver acquistato un attaccante. Poi Cagni mi impiegò al centro della difesa».
C’è qualche precedente nel calcio in famiglia?
«Sì, mio padre, che ora non c’è più, difensore anche lui ma a livello amatoriale. Mio fratello Rafael, invece, ci ha provato ma senza fortuna. Ora ha aperto un bar. Ho anche una sorella, Ana, che fa l’insegnante come mia madre. Siamo molto uniti tra di noi. E mia mamma Margarita spesso viene a Napoli. Cucina divinamente: ravioli, lasagne, asado. Ora c’è mio cognato, Carlos Pieroni, che dal vivaio dell’Atalanta sta per passare al Latina».
Che rapporto ha con Mazzarri?
«Ottimo. Fu lui a definirmi il «toro » a Genova. E scherza sempre per quel rigore sbagliato con la Lazio, che costò la Coppa Italia alla Samp».
Come trova la città di Napoli?
«Fantastica, con gente solare e generosa. Ora attraversa un momento particolare, ma quando la mettono in ordine sarà perfetta: sembra una cartolina vivente».
Hobby?
«Mi piace suonare la chitarra ma lo faccio solo in casa. Da ragazzo leggevo Garcia Marquez, ora non ho più tempo. Mi diletto al computer e prediligo musica rock, quella argentina ».
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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