Oltre la pineta, il mare che bagna Napoli è una lastra luminosa, un letto placido e cangiante, il focolare domestico in cui scaldarsi, lasciandosi baciare dal sole. La vita è una favola meravigliosa da vivere all’ombra di se stesso, dei desideri più intimistici, della felicità più personale: e in quelle onde in cui lasciarsi andare, facendosi cullare dalla fantasia, c’è lo specchio di una esistenza inseguita da fanciullo. Buongiorno, Napoli, ripetuto all’infinito andando incontro alla Lazio e poi al Manchester City, all’Atalanta e poi alla Juventus, al Novara e al Villarreal, al Lecce e poi alla Roma e al Genoa, in questa prova del nove che in realtà è una prova del fuoco, in questo microspazio in cui c’è racchiuso l’universo di Paolo Cannavaro, il «pallone d’argento» de la loggetta, la bandiera che sventola lieve e fiera e guarda in lontananza: l’Italia, l’Europa. Un panorama mozzafiato!
Cannavaro, v’aspetta un bel mese…
«Ma noi siamo preparati, lo affrontiamo con la giusta determinazione, ragionando di partita in partita. Cercheremo le motivazioni, le troveremo: sappiamo di entrare in una fase cruciale della stagione».
La Lazio, il Manchester City, l’Atalanta, la Juventus….
«So bene che dall’esterno si procede diversamente, ma i calciatori hanno una lettura personale delle vicende: noi per il momento siamo attenti alla Lazio, ci concentriamo sulla sua forza. Nei nostri discorsi, il Manchester verrà dopo».
E però è già lì, tra una settimana…
«Ma sabato affrontiamo una delle più serie candidate per lo scudetto. Un’avversaria che ha dimostrato di avere giocatori di qualità enorme. Quel Klose, tanto per fare un nome, mette paura. A me piace da sempre, perché riesce a farsi notare nel momento giusto: zac e la butta dentro».
Un salto all’indietro, capitano: l’Allianz Arena le manca?
«Se ci ripenso, sto male. I miei compagni lì a giocare e io a casa, sul divano, a guardare la partita. Con Gargano ho condiviso la malinconia di quel momento, ci siamo inviati sms a raffica. Ci sono gare che sogni di vivere da protagonista per una vita e che poi ti sfilano via dalle mani quando le stai per afferrare. Ma ormai è acqua passata».
E’ il momento della verità, questo.
«In Champions, sicuramente sì. Perché il 5 dicembre conosceremo il nostro destino. In campionato, invece, ci sarà tempo: anche se va detto che sette gare, con dentro la Lazio, la Juventus e la Roma, possono fornire un indirizzo alla stagione».
Seguiamo il suo percorso e andiamo per gradi…
«La Lazio non è solo Cisse e Klose, però quei due là davanti sono impressionanti. Io con Cisse ci ho giocato contro, nell’Under 21; ma il tedesco mi incuriosisce: non è appariscente, ma fa sempre gol».
La Lazio di Reja…
«Ora mi chiederete anche di Crotone, vero? Vi anticipo: dopo venti minuti eravamo sotto di due gol, bisognava attaccare, togliere un difensore e mettere dentro un attaccante. E il mister mi sostituì. Mi scappò una imprecazione, ma non era rivolta a lui. Il labiale tv mi condannò. Ma io a Reja sono legato, come molti dei miei compagni. E poi da quel giorno ne abbiamo fatta di strada assieme. Lui è stato fondamentale».
Cannavaro Paolo nel club dei 200 per numero di presenze.
«Ma non è finita. Sono un ragazzino, voglio continuare a lungo e vincere qualcosa. Quando ho scelto Napoli, non pensavo di poter arrivare in Champions, ma adesso ci sono e me la voglio godere tutta. Fino alla pensione, che è lontana».
Primo obiettivo…
«Un trofeo, qualunque esso sia, pure la tanto bistrattata coppa Italia. Però è chiaro che mi piacerebbe altro….».
Non si dice cosa, vero?
«Non sia mai. Però si può dire che la società ha creato le basi affinché si possa vincere. L’ha fatto confermando i pezzi pregiati, resistendo a qualsiasi tentazione. E quando è stato ceduto un calciatore di primissima fascia come Quagliarella, per sostituirlo è stato acquistato Cavani. La politica di De Laurentiis è stata chiara, insomma».
In trantadue giorni vi toccano pure tre scontri-diretti.
«Sono punti pesanti, ma è ancora presto. E’ però indiscutibile che certe partite valgano di più. Soprattutto in un torneo come questo, in cui la concorrenza è ampia. Prevedo equilibrio sino alla fine: non so se fino all’ultima, ma sino alla penultima sì».
Il pericolo più grosso all’orizzonte…
«Il disfattismo, nella malaugurata ipotesi di qualche scivolone. Però mi conforta la maturità della gente di questi anni, che si comporta come se avesse assorbito le nostre dinamiche. Ma so che se ti va storta una serata, può esserci in qualcuno il rischio dello scoramento. Invece, bisogna tener duro. Siamo ancora a novembre».
Chi si gioca il tricolore?
«Su Milan, Juventus e Lazio mi sento sicuro: chi vuole lo scudetto, deve innanzitutto superare queste tre. Ma la Roma non è affatto disprezzabile, anzi: ha l’abitudine a stare lassù e tanti talenti. Io ci credo. E poi dell’Inter non mi fido: con l’organico che ha a disposizione, Ranieri può vincerle tutte. I nerazzurri ci hanno abituati a grosse rimonte».
C’è un elemento che può cambiare i valori?
«L’effetto-Champions o Europa League. E allora, visto che la Juventus ha la possibilità di prepararsi attraverso la settimana-tipo, qualche vantaggino le va concesso. Ma sia chiara un’altra cosa: a me va benissimo giocare ogni tre giorni, sapeste che gusto mi dà la Coppa».
Quanto incide, invece, un allenatore…
«Conosco il giochino e vi anticipo: Mazzarri a noi ha dato più di quanto si possa immaginare, perché ogni seduta lascia il segno, perché ogni volta spiega e si fa capire senza avere la necessità di imporre il proprio ruolo. Ci ha dotato di una mentalità vincente, non si esalta mai….».
Gli troveremo pure un difetto, però….
«E’ protettivo con la squadra, l’unico suo obiettivo è il gruppo. Mi sembra una forza, questa».
Si parlava una volta di separazione tra italiani e sudamericani…
«E chi diceva ciò, ignorava il clima all’interno dello spogliatoio. Li avessero gli altri i sudamericani che abbiamo noi! Zuniga è un mattacchione, Lavezzi ci mette del suo, trasmettendo allegria. Ma anche gli altri, quelli che ci sono stati ad esempio».
Stasera si gioca Italia-Uruguay…
«E io la vedrò. In genere, non guardo il calcio in tv, tranne la finale di Champions, Europei e Mondiali. Ma Cavani contro la Nazionale non me lo voglio perdere».
Dica la verità, le brucia star fuori dal club Italia?
«Dico la verità: ci spero sempre e finché potrò continuerò a provarci. Ma Prandelli mi conosce, sa che ho giocato a quattro, che ogni tanto lo facciamo anche qua, mi ha avuto con sé a Parma, non ha bisogno di sollecitazioni. E se non dovesse accadere, pazienza».
Non ci allontiamo troppo: come si gioca contro la Lazio e contro il Manchester?
«Alla stessa maniera, usando ritmo e testa, sapendo che ogni minimo errore potrebbe essere punito, andando a cercare le loro debolezze. Sono partite difficili, ma noi ormai siamo il Napoli: non una meteora, ma una società e un gruppo di calciatori che si è stabilmente inserito tra le prime in Italia e che per la seconda stagione consecutiva sta facendo la sua bella figura in Europa. Stavolta addirittura in Champions».
Tolga un uomo a Mancini…
«Dobbiamo ancora affrontare la Lazio e voi volete farmi pensare al Manchester… Potessi, gli toglierei Dzeko, pur con il rispetto che si deve a tutti gli altri rappresentanti di una formazione stellare. Ma Dzeko mette i brividi, ha un fisico imponente e la capacità di andare sempre a giocare la palla giusta, in qualsiasi zona del campo».
S’intravede di nuovo suo fratello all’orizzonte, come Ambasciatore….
«Io starei attento, perché Fabio non me la racconta giusta… Sento che prima o poi lo ritroverò a ridosso del campo o di una scrivania, come allenatore o come dirigente, perché lui non può star fuori dal vivo del gioco. E non sarebbe neanche giusto, con l’esperienza che ha».
Ha vinto tutto, ma lei lo ha fregato…
«Potete ben dirlo: Fabio è malato del Napoli almeno quanto me e quanto mio padre, quanto l’intera famiglia Cannavaro. E gli è mancato di non aver potuto giocare molto con la maglia della sua squadra. Andò via per consentire al club di realizzare, gli è dispiaciuto essere rimasto così poco».
Nella vita non si può avere tutto…
«E infatti, mi sono preso qualcosa anche io. Ma non sono ancora contento: mi sento un ragazzino, voglio chiudere qui la mia carriera, l’addio è lontano».
Contratto in scadenza 2015….
«Avrò appena trentaquattro anni, cosa volete che siano».
Juliano 394, Bruscolotti 387…
«Faccio il serio: sono già onorato di essere qua, di poter dire di averne giocato oltre duecento complessivamente. Un giorno, vista anche la filosofia, sarò datato. Ma fin quando reggo…..».
Tolga una lacuna a questa squadra….
«Dobbiamo essere bravi nel ricaricarci contro le cosidette piccole. Saremo completamente maturi quando avremo rimosso questo deficit, aggredendo formazioni di caratura minore come se fossero delle big. Il salto di qualità, a quel punto, sarà stato compiuto».
Il momento in cui ha confessato a se stesso: che bello aver scelto Napoli…
«Potrei dire ogni ora, anche questa, perché qui ho il sole, ho il mare, ho la famiglia, ho gli amici, sono nella mia terra e gioco con la squadra del cuore. E se ripenso al rientro da Genova, dopo la promozione in serie A, mi torna la pelle d’oca. E se mi fermo a riflettere sull’opportunità che ho: essere il capitano del Napoli in Champions, il primo napoletano che ci riesce, allora mi inorgoglisco».
Al contrario, non se n’è mai pentito?
«Mai, anche in quei rari istanti di buio. Perché penso di conoscere il calcio e so che non puoi vincerle tutte, anche se vorresti. Ma le crisi passano. Nella gioia, serve autocontrollo; nelle delusioni, occorre carattere. Questo Napoli ne ha, eccome».
E con Lazio e Manchester non sarete soli…
«I sessantamila sono un energetico, anche se squadroni del genere non si lasciano intimorire. Ma meglio averli dalla nostra parte: sarà stimolante per chi, come noi, come me, vuole vincere con questa maglia».
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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