«Il mio tempo è sacro e quando la prevaricazione è totale, è inutile perdere tempo» .
Va via che l’assemblea della Lega è ancora in corso. E dopo averla ricompattata sulla proposta da presentare all’Aic, il presidente del Napoli la infiamma contestando la scelta di vendere un triennio di diritti televisivi.
«Si vuole fare un regalo a Mediaset e Berlusconi. Il calcio italiano sta per fallire perché Infront ci sta consigliando di vendere i diritti dal 2012 per tre anni a prezzi che non ci permettono di competere in Champions, di aumentare le nostre entrate, a cifre che ci obbligano a grossi passi indietrio e tutto questo perché si vuole vendere a Mediaset a un prezzo bassissimo con la motivazione che l’emittente non riuscirebbe a incrementare i suoi abbonati» .
Alla fine, De Laurentiss è rimasto isolato (chiedeva di vendere anno per anno). E’ uscito dalla sala sbattendo la porta, dicendo che avrebbe portato il Napoli a giocare in un altro campionato, annunciando azioni contro l’advisor.
CULTURE – In scena è andato uno scontro tra culture. Da un lato quella antica che cerca certezze («I miei colleghi per motivi di bilancio sono costretti a subire tutto. Spero che questa volta non chinino il capo» );
dall’altro il dinamismo di De Laurentiis, dinamismo che molti riconoscono anche se poi, al momento del voto, in massa hanno deciso di consegnare a Infront il mandato a vendere i diritti di tre campionati (2012-2013, 2013 2014, 2014-2015).
Una operazione che dovrebbe portare nelle casse del calcio italiano tre miliardi di euro. De Laurentiis è convinto che si possa ottenere di più: valutando la congiuntura, trovando altri competitors a livello europeo perché «non ci sono solo Sky e Mediaset» .
J’ACCUSE – Come in occasione della definizione dei calendari, non usa giri di parole. Durissimo l’atto d’accusa:
«Oggi come oggi un po’ per la legge Melandri e un po’ per favorire Mediaset e Berlusconi, abbiamo un advisor che ci gioca contro e ci vuol far firmare un contratto che ci blocca per tre anni. Per una cifra di poco superiore a quella attuale e con poche garanzie. Ad esempio, dove sono le garanzie di Dahlia: ci abbiamo rimesso sessanta milioni. Galliani difende i colori del suo club, però qui è in ballo il calcio italiano e la sopravvivenza di molte società. I piccoli club non hanno il coraggio di parlare perché temono il potere. Io faccio appello al garante. Ma se si tutelano solo i poteri forti, tanto vale che andiamo tutti a casa».
La questione non è chiusa anche perché, al contrario della scorsa settimana a Roma, il presidente Beretta (attaccato dal presidente del Cagliari, Massimo Cellino:
«Per domare venti leoni non basta una pecora, ci vuole un leone ancora più forte» , ha tenuto aperta la riunione: per poter concludere la trattativa sull’accordo collettivo dei calciatori ma anche per discutere ancora di diritti.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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