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CdS – De Laurentiis, quante bordate: “Il calcio ha leggi vecchie di 30 anni ed è un bene comune”

Il ponte sul presente era in quell’idea dell’ultima ora lanciata lì sul tavolo per saltare a pie’ pari lo sciope­ro e l’empasse: « L’avevo suggerita io, vero». Ma a volte basta poco per demo­lire una soluzione: e quel che resta di quel collante tra i club e i calciatori, so­no le macerie d’uno stop che sa di ser­rata e che lascia a De Laurentiis l’ama­rezza di una domenica improvvisamen­te vuota. «Sapete perché si è arrivati a ciò? Perché tra di noi non si è parlato a sufficienza. Perché a me sembra che qualcuno dei miei colleghi abbia pun­tato il dito su un proble­ma che non m’appartie­ne, cioè sulle rose am­pie: io sono uno associa­zionista e rispetto i miei colleghi, ma… » . Ma or­mai è fatta e le ferite da leccare sono enormi e bruciano: la strana do­menica è ormai alle por­te, ma all’orizzonte resta la nebbia densa dell’in­certezza, il rischio di fermarsi a oltranza, e rapporti tesi come corde di violino che De Lau­rentiis scuote a ripeti­zione affinché s’oda l’eco d’una stonatura gi­gantesca.
« Il ballon d’essai lanciato dal presi­dente della Federcalcio è stato un gesto improprio. I suoi 20 milioni Abete po­trebbe darceli per il fallimento di Da­hlia. Lui e Petrucci devono capire che non si può fare e disfare con i soldi de­gli altri. Qui si va avanti con leggi vec­chie di trenta anni…».

ABETE, ASCOLTA – Sarà una buona dome­nica per meditare tutti assieme, appas­sionatamente: ma, nell’attesa, c’è modo per spedire messagi subliminali e an­che diretti ad Abete, a Beretta e agli al­tri presidenti, incuranti di quella scel­ta salvifica: «Io a Dimaro avevo parla­to con Tommasi, ragazzo assai garbato, e con Grazioli, un uomo culturalmente preparato. Eravamo stati tre ore a di­scutere in maniera equilibrata dell’ac­cordo preesistente, della sua inattuali­tà, delle contraddizioni sulla figura del calciatore – che è contemporaneamen­te azienda e lavoratore dipendente ­esistenti in questo sistema. Mi sto sfor­zando ma non riesco a far capire ad Abete certe cose e una su tutte: che il calcio è un bene comune e va tutelato. Io non ho mai messo bocca nella que­stione, ma sono consapevole della ne­cessità di dover riscrivere un contratto in maniera bilaterale».

CONVOCO BLATTER – Il pal­lone di vetro nel quale guardare è una sfera da analizzare senza vincoli e senza remore e nella procedura da avviare per riformare un siste­ma ritenuto obsoleto, i capisaldi di De Lauren­tiis ribadiscono la neces­sità di una conversione a trecentosessanta gradi.«Bisogna preparare con­tratti nei quali si parli di prestazione ma anche di cessione di diritti di im­magine; bisogna rivede­re taluni vincoli del pas­sato, come quelli che mi hanno impedito di acquistare il Sorren­to, solo perché è in Prima Divisione; bi­sogna aprire al calcio femminile e so­prattutto smettere di dare i calciatori alle Nazionali, in assenza di garanzia». Bisogna rivoltare il calcio, insomma, ma prima che sia troppo tardi: «Ve ne dico un’altra, a proposito delle Nazio­nali: voglio incontrare Blatter a Gine­vra per chiedergli perché mai io dovrei lasciare che un calciatore vada a fare un’amichevole inutile in India durante il campionato. I club vanno tutelati, al­trimenti questo sì che è un buon moti­vo per fare sciopero. Ma stavolta in tut­to il mondo».

La Redazione

A.S.

Fonte: Corriere dello Sport

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