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CdS – De Laurentiis: “Il Barcellona del futuro si chiama NAPOLI”

«Sì, è questo il mio progetto: possiamo diventare una potenza»

 Il viaggio nel futuro è una panoramica a trecentosessanta gradi da memorizzare con gli occhi fissi come telecamere e il data base della memoria che registra, elabora, pro­getta: e in quel pianeta Bar­ça, l’universo calcistico abi­tato da marziani, i dettagli e i particolari rappresentano la sintesi di una rivoluzione da muovere con piccoli pas­si:

«Tutto molto bello, qui c’è l’evoluzione. Ma noi pos­siamo fare altrettanto. Il Barcellona ha i trofei, ma il Napoli ha la sua storia, che poi è anche storia del cal­cio. E quando dico che un giorno noi vorremmo essere come loro, non esagero».

FULL IMMERSION –Il calcio os­servato dal buco della ser­ratura è un concentrato di luoghi comuni, di interpre­tazioni vaghe o (persino) di leggende metropolitane: ma l’Università del football, vi­visezionata nelle viscere, è la cartina di tornasole che Aurelio De Laurentiis scru­ta al termine di una giorna­ta di full immersion tra la Ciutat Esportiva – e dunque la Cantera – e il Museo, tra il Camp Nou e i segreti mai confessati di un club con il quale è esplosa simpatia ed è emersa l’empatia:

« Un esempio, ci mancherebbe: però crede che anche Napo­li abbia le potenzialità per diventare una potenza. Nel nostro piccolo, in sette anni, qualcosa abbiamo fatto. Ma io in testa ho talmente tante idee. Io so di avere tifosi im­pagabili, e a loro dico di nonfarsi condizionare dal 5- 0 del Gamper».

NOI COME IL REAL– Il tour nel mito comprende la radio­grafia completa d’un pro­cesso imprenditoriale- cul­turale che merita approfon­dimento e il De Laurentiiscuriosoneche ha scelto di capire e se ne è andato con il dg Fassone – ma pure con l’architetto, Gundi Wid­mann – a fare una gita in Barça, nella sua agenda personale infila post it che comprendono input sulla cantera strappati a Guiller­mo Amor e strategie socie­tarie confessate da Andoni Zubizarreta, prima di intru­folarsi tra le fontanelle del bilancio, conversando con il reponsabile del marketing, Laurent Colette:

«I numeri sono giganteschi, però que­st’anno il Barcellona sarà costretto a chiudere con un lieve passivo; noi, e credo sia un merito, riusciamo a definire il bilancio in attivo. Ciò non significa che siamo più bravi, ci mancherebbe: ma che siamo attenti al no­stro processo di crescita. I risultati vanno letti a tutto campo, anche e soprattutto dal punto di vista finanzia­rio: perché i conti garanti­scono il futuro della società. La sconfitta di lunedì non mi allarma, anzi ai ragazzi ho detto di stare tranquilli e di far coraggio a Britos: pu­re il Real Madrid ne prese cinque, in gara vera. E allo­ra, filosoficamente, possia­mo già sentirci al livello deiblancos….».

IL «CAMPUS»– L’erba dei vi­cini è sempre più verde, maquella della Ciutat Esporti­va è un inno alla speranza, un giardino in cui lasciar germogliare i talenti allo stato puro, prima di lanciar­li incontro alla gloria. Le dieci e trenta del mattino, intorno c’è la freschezza della cantera, ragazzi che sprizzano felicità perché hanno appena firmato un contratto per sognare, e le immagini di quel 5-0 sul Na­poli che scivolano sui tele­visori al plasma e spingono a riderci un po’ («m’accogliete così…?») so­no ormai il passato:

«Guar­do avanti, consapevole del­la consistenza della squa­dra e di Mazzarri. Ho fidu­cia in lui, nel suo metodo, nelle sue scelte. Sul merca­to non torneremo, perché in organico abbiamo Victor Ruiz, che ci avrebbero paga­to più di quanto c’è costato. E ciò dimostra una volta di più la bontà dei nostri inve­stimenti. Sui giovani ci ab­biamo sempre creduto, è stata la nostra filosofia, e lo dimostra l’organico: conti­nueremo su questo solco, scrutando orizzonti sempre più ampi».

STADIO & MUSEO– L’altra fac­cia della luna è marketing ridondante con lo store, uno stadio comodo ancorché an­zianotto (54 anni, portati pe­rò benino), un museo carico di suggestioni che esibisce coppe, medaglie e sforna immagini da pelle d’oca:

« La tentazione di fare al­trettanto a Napoli è forte, perché la storia di Marado­na su tutti, poi quella di Si­vori, quella di Zoff, quella di Careca, quella di Krol, è li che parla. Sarebbe bello in­novare, avvicinando, che so, un eventuale museo del Na­poli alle accattivanti crea­zioni degli Universal Stu­dios di Los Angeles, con sce­ne dei campioni che hanno vestito la nostra maglia ad abbracciare, a travolgere i visitatori, un po’ come acca­de negli Usa. Noi non ci fer­miamo e la mia presenza qui ne è testimonianza. Ora mi rimetto in viaggio, vado al sorteggio Champions a Montecarlo, dove spero che l’urna mi regali il Bayern Monaco o una inglese. Fre­quentando le grandi, si ma­tura più in fretta. E io voglio fare del Napoli, ma con il giudizio che serve, un nuovo Barcellona. Noi, come loro, abbiamo la forza dell’amore della gente».

Muy bien!

La Redazione

A.S.

Fonte: Corriere dello Sport

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