Cento volte Cavani, niente male come traguardo.
«Sono soddisfatto di ciò che ho fatto, ma resto ambizioso e continuo a sperare di poter lasciare un segno nel Napoli e nella mia Nazionale e, se permettete, anche nella storia del calcio. I gol mi caricano, mi entusiasmano. Sono momenti fantastici».
Come nasce Cavani?
«Vorrei cominciare con una premessa: io devo tanto, tantissimo, alla società e ai miei compagni di squadra. Senza il loro sostegno e la loro fiducia, non saremmo a tanto. Di mio c’è l’impegno costante, la volontà di dare sempre il massimo, di non arrendermi mai. E in questo non sono mai solo».
I propositi del matador non cambiano.
«Lottare fino in fondo per qualcosa di importante. L’unione ci ha reso forti all’inizio del mese di dicembre, quando c’è capitato qualche incidente di percorso dal quale siamo venuti fuori immediatamente. E la dimostrazione si è avuta tra il Siena, la Roma, il Palermo e la Fiorentina».
A proposito, ripensando a Firenze: è un’occasione perduta?
«Era una partita difficile già prima, che poi si è complicata perché ci siamo trovati in svantaggio. Ma noi siamo stati bravi a riprenderla in fretta. Giocavamo contro una grande squadra, capace sul proprio campo di rendere la vita difficile a chiunque. Dunque…».
Dunque, come lei sa, la gente crede allo scudetto.
«Siamo appena usciti da un momento difficile, reagendo e vincendo tre delle ultime quattro partite, abbiamo dato un segnale a noi stessi e agli avversari. Il campionato è duro e serve la giusta determinazione in ogni partita».
Non ha risposto, prendiamola larga… Il primo marzo arriverà la Juventus al San Paolo, ma questo Napoli la può battere?
«Noi possiamo vincere con chiunque… E possiamo anche perdere contro qualsiasi avversaria, perché il livello della serie A è alto e l’equilibrio è riconosciuto. Ci vuole sempre la giusta intensità e questo si è notato nelle circostanze in cui c’è capitato di lasciare qualche punto per strada».
Scusi l’insistenza, ma lei sa cosa sogna Napoli.
«Credo che nella vita si possa e si debba sognare. Però fondamentalmente sono molto realista, vivo il presente: stiamo facendo passi in avanti assai importanti, stiamo maturando serenamente e, però, è anche vero che possono succedere tante cose da qui alla fine».
Torniamo agli «effetti» personali: Maradona è a ventitré gol di distanza.
«Io non penso ai numeri, a quello che potrei fare nel tempo: io voglio regalare gioia con il Napoli, in questo momento penso solo a questo e non ad altro. Questa città non finisce mai di stupirmi, mi dà grande forza, mi trasmette energia, mi rende felice. Credo si veda, io sto bene. Abbiamo avuto i tifosi sempre al fianco anche nelle partite in cui ci andava tutto storto e per quell’affetto ricevuto posso solo ripagare a modo mio».
Un bomber – e un leader – del genere si lascia mai lusingare dalla fascia di capitano?
«Il capitano del Napoli è Cannavaro, che per noi ha un’importanza fondamentale: continuerà a esserlo lui ancora a lungo perché ha un ruolo importante in campo, all’interno dello spogliatoio e nell’ambiente. E poi l’uomo-simbolo, soprattutto adesso ch’è passato il mese terribile della sua vita, non può che restare Paolo. Poi, un giorno, chissà».
Il tormentone, perdoni, è quella clausola rescissoria da 63 milioni di euro: un incubo popolare.
«Il mondo del calcio è fatto così e io lo conosco: c’è sempre qualcuno che vuol lasciarsi andare con i pensieri. Ma io non dimentico ciò che ho fatto nella mia vita, come e grazie a chi l’ho fatto, né ciò che voglio. Non avverto le pressioni, riesco a essere me stesso e proseguo seguendo il mio istinto, sono contento di aver realizzato l’aspirazione che avevo da bambino. E soprattutto so cosa chiedere al futuro».
Lei sa che quando gioca, al di là dei gol, trasmette allegria?
«So che amo il calcio. So che mi diverto tanto. Mi godo questo momento, non mi spingo oltre».
S’è rivisto i cento gol in tv?
«No e non ce n’è neppure bisogno: li ricordo perfettamente tutti, dal primo all’ultimo. Ne conservo il valore di ognuno, perché una rete non è mai uguale all’altra e io sono affezionato ad ognuna di essa».
Ne scelga una…
«Credo che quella segnata alla Juventus, nella finale di coppa Italia a Roma, sia la più speciale, perché ci ha aperto le porte per la conquista del trofeo. Abbiamo colto un successo straordinario, contro i neo campioni d’Italia, e abbiamo scoperto quanto piacere dia un trionfo qui a Napoli. Indimenticabile».
Dicono di lei: viene dopo Messi e Ronaldo; e ancora: per arrivare al pallone d’oro, deve conquistare qualcosa di significativo con il proprio club.
«Accetto i complimenti con gran piacere, ma non mi soffermo. Io voglio regalare emozioni ai tifosi del Napoli e per farlo c’è un solo modo».
Chiarissimo: siete convinti di voi?
«Conosciamo la nostra forza e dunque le potenzialità. C’è un progetto in corso che sta dando risultati. Il San Paolo ci ha assistito in qualche istante buio, perché ha capito chi siamo e cosa vogliamo. Nessuno ci ha mai regalato nulla, ma i nostri sostenitori sì, sempre: e intendiamo ricompensarli».
Rimpianti per qualche risultato infelice e per quel meno cinque dalla vetta?
«In assoluto, nessuno: si vince, si perde, non è possibile dominare sempre. Però è capitato – raramente – di non riuscire a mostrare tutto la nostra fame di successo e questo ci ha indotto a commettere qualche errore decisivo. Forse è stata la paura, talvolta, che ci ha penalizzati, ma bisogna avvertire sempre il desiderio di spaccare tutto».
E’ il momento del mercato, di voci su Balotelli e su Kakà che potrebbero rientrare in Italia.
«E sarebbe divertente poter giocare contro di loro, personaggi di spessore, che darebbero ulteriore importanza al nostro campionato e rappresenterebbero uno stimolo. Stiamo parlando di calciatori di un valore rilevante».
Dal primo Cavani napoletano ad oggi, cos’è cambiato?
«Ho ricevuto simpatia, stima, amore. Ho avuto la possibilità di capire quanto valga il calcio per questa gente. Ho scoperto cosa significhi un successo. Abbiamo evidenziato una crescita indiscutibile, da quando sono qua».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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