Eduardo Vargas, secondo Antonio Careca, non ha in comune nulla con i grandi attaccanti del passato del Napoli:
«Ma lo faccio per il suo bene: ai miei tempi non facevano che paragonarmi ad Altafini o a Clerici ma io avevo già 27 anni e certi discorsi non mi spaventavano. Lui, invece, è giovanissimo. E magari sentirsi paragonato a Fonseca o a Giordano può mettergli qualche ansia in più».
Anche perché, al momento, non sembra somigliare né a l’uno né all’altro.
«Non farei drammi per la prova in Coppa Italia, è arrivato lì da voi da pochi giorni: non dimenticatevi che ha lasciato la calda estate sudamericana per venire a giocare nel freddo dell’Europa. Anche questo può influenzare la prestazione di un giocatore».
Lei 25 anni fa fece più o meno lo stesso percorso, però?
«Ma io avevo le spalle larghe: nel 1986 ero arrivato secondo tra i capocannonieri del mondiale del Messico. Non ero uno sprovveduto».
Vargas, invece, è molto giovane?
«Bisogna avere pazienza quando si fanno investimenti così importanti. Bisogna sapere che non possono andare in campo subito, che devono capire prima il campionato italiano».
Dopo quanto tempo si è ambientato?
«Ricordo perfettamente la mia prima sfida al Milan. Ad un certo punto mi ritrovai di fronte Franco Baresi, ho fintato e l’ho saltato. Ovviamente non conoscevo ancora i segreti del calcio italiano e dei suoi difensori. Mi sono ritrovato con un buco nel ginocchio. Da lì in poi ho capito tutto».
Dunque, la prima cosa è comprendere i difensori italiani?
«Non ci sono marcatori più feroci di quelli che giocano nel vostro Paese e allenatori più fissati con gli schemi difensivi di quelli italiani. Per questo ci vuole tempo».
Solo questo?
«Non è un salto facile da Santiago del Cile a Napoli. A parte i problemi di lingua, ci si mette del tempo a capire il vostro calcio. E se poi non si gioca quasi mai, può capitare che s’abbassi il morale».
Mazzarri lo ha già gettato nella mischia, lo sa?
«E ha fatto bene, così il ragazzo capisce subito dove è arrivato. Magari pensa ancora di giocare nel campionato cileno».
Perché che cosa ha quel torneo?
«Non lo dico perché sono brasiliano, ma è un po’ come la vostra serie B. Insomma, niente di eccezionale. Ma è chiaro, anche lì ci sono tanti bravi giocatori. Come Vargas».
In fondo è arrivato secondo dietro a Neymar nel Pallone d’Oro.
«Ma tra i due c’è un abisso. Con questo non voglio dire che Vargas non sia bravo: lui è agile, un bel fiuto per il gol, un grande scatto. Ma ora in Italia dovrà imparare tanto altro».
Non sembrano, le sue, parole rassicuranti
«Sono consigli di chi invece nel campionato italiano ha giocato per sei anni e che quindi lo conosce assai bene. Segua ogni suggerimento del suo allenatore. Come ai miei tempi io facevo con Bianchi e tutti gli altri. Ecco, si fidi ciecamente del suo tecnico».
Le piace l’attacco del Napoli tutto estro, fantasia e spettacolo?
«Sì, abbonda per la varietà di soluzioni offensive. In certi momenti mi ricorda un mio Napoli:quello del tridente con Zola e Fonseca».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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