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Bigon: “Nessuno ci soffierà Cavani. Il vice? Lo prenderemo se sarà meglio di Vargas”

Il ds azzurro: "Seguiamo Centurion"

Chiamatelo il ds silenzioso. Riccardo Bigon, da buon veneto, conosce una cultura, quella del lavoro. E ad apparire fatica sempre un po’. Può essere una dote, ma nel mondo dell’apparire può diventare anche un limite. Intanto la famiglia Bigon un piccolo grande record se lo è ascritto: padre e figlio hanno vinto a Napoli, dove in assoluto non si è vinto moltissimo. Uno scudetto papà Albertino, una Coppa Italia il figlio Riccardo, che è arrivato tre anni fa e dalla scorsa estate si è legato per altre quattro stagioni alla società di De Laurentiis. Sfatando un altro luogo comune diffuso e cioè che lui sia il ds ancorato al destino di Mazzarri. Almeno le scadenze contrattuali ora dicono di no. Una verità è inconfutabile: di questo Napoli che ha trovato con regolarità il passo delle grandi, Riccardo Bigon è stato il fine tessitore. In sintonia con il presidente e l’allenatore, ma protagonista per scelta di basso profilo. Questa nuova stagione che volge nella fase più “calda” lui ce la racconta così. Come il mercato che sta per tornare. Come le nuove sfide da giocare. In una piazza e in una città che di “normale” ha poco, che vive di passioni ed eccessi, come non potrebbe essere diversamente se hai visto nel tuo stadio e con la tua maglietta Diego Armando Maradona.

Cominciamo dalla settimana che ci siamo da poco lasciati alle spalle. Tra Dnipro e Genoa, vincere in modo “normale” non sembra più possibile…
«Sinceramente non ricordo troppe partite vinte normalmente. In Italia poi… Il nostro era già un campionato molto equilibrato. Ora lo è diventato ulteriormente: un po’ perché si è abbassato il livello in alto e un po’ perché con la legge Melandri, si è alzato verso il basso. Inevitabilmente i diritti premiano le piccole che riescono ad allestire squadre… fastidiose».

Il Napoli ha recuperato sull’Inter e l’Inter ha perso dalla Juve. Dovremo prepararci a questo elastico fino alla fine? Sarà una corsa a tre?
«Io dico che fino a che la Juve è questa non c’è corsa. E l’Inter con altre due o tre può starle dietro…»-

Tra queste il Napoli…
«Noi stiamo lì a dar fastidio e finché possiamo proveremo a darne tanto. Se qualcuno stecca, si ferma, noi dovremo essere bravi a farsi trovare pronti. Questo è il nostro ruolo. E non è per nulla riduttivo». 

Una bella scommessa?
«Per me assolutamente sì. E credo che vestire questi panni per diverse stagioni, come sta capitando a noi, grazie al progetto del presidente De Laurentiis, sia qualcosa di importante per la città e la gente. In questo devo dire che noi abbiamo potuto mettere in campo una cosa in più: la continuità del progetto tecnico-tattico».

Grazie a Mazzarri. La preoccupa la questione dell’anno sabbatico ventilato dal tecnico? Lei lo conosce bene, ci crede?
«Se non parla lui del suo futuro, volete lo faccia io? Proprio no. A me da dirigente deve interessare che la dedizione dell’allenatore e il suo impegno siano al cento per cento rivolte alla squadra. E questo so che avviene e avverrà fino alla fine».

Mazzarri o no Bigon resterà…
«Io ho firmato per quattro anni…»

In questa riscoperta della difesa a tre che ormai in Italia è riproposta da molti, il “suo” allenatore ha un ruolo specifico: inventore, padrino, dica lei…
«Mazzarri ha segnato un’epoca tattica del calcio italiano, credo che gli vada riconosciuto. Diverso è parlare degli inventori della difesa a tre. Quelli sono i padri del calcio: riveduto e corretto, il libero staccato con i due marcatori lo facevano Trap, mio padre. Lo facevano in tanti. Ma quando la facevamo noi alla Reggina eravamo i soli. Poi è arrivati Gasperini, un po’ Spalletti a Udine. Sì, Mazzarri ha segnato un’epoca, ha fatto la scuola recente».

Si avvicina gennaio. Guardando la squadra la vede perfettibile?
«Dico due cose, che tutto è perfettibile e che un dirigente deve imparare a guardare avanti piuttosto che indietro. Aggiungo che migliorare questo Napoli non sarà facile, ma ci guarderemo intorno». 

La riflessione sulla punta sembra ormai aperta…
«Parliamo della quarta punta, valuteremo. Prenderemo un attaccante se sarà meglio di Vargas E io ricordo sempre che Vargas ha poco più di vent’anni, ha giocato quattro partite da titolare nel Napoli. Insomma, forse gli obiettivi e le ambizioni fanno perdere di vista altri aspetti…». 

Quali?
«Ricordiamoci di quando arrivarono Hamsik e Lavezzi: erano giovani e quello era un Napoli neopromosso in cui ebbero la possibilità di crescere con calma per due stagioni in cui la squadra fece un ottavo e un tredicesimo posto. Oggi per Vargas è diverso. Come per El Kaddouri…».

Però Insigne…
«Arrivai nel 2009, a ottobre, vidi Lorenzo e quel che faceva. Mi chiesi cosa stesse a fare in Primavera e lo mandammo alla Cavese a giocare. Poi Foggia, Pescara, poi è tornato ed eccolo qua. Lorenzo ha talento ed è un professionista vero, applicatissimo. Il futuro è nelle sua mani. E Mazzarri sa come gestirlo».

Però la Primavera… Guida il girone davanti a Lazio e Roma, con l’altro Insigne, Roberto, bomber del campionato.
«Quello è un bel progetto frutto in parte del lavoro di Peppe Santoro, l’attuale team manager che era al settore giovanile. Su questo si è innescata una attività di scouting internazionale significativa. Vediamo come cresceranno».

Centurion si avvicina?
«Centurion lo seguiamo. Punto, per ora».

Cosa la stupisce di Cavani?
«Credo più nulla oltre tutto quello che mi ha fatto vedere. Anzi una cosa sì e non è poco: la dedizione al lavoro, la voglia che ha ogni giorno di allenarsi».

Ha paura dell’assalto al Matador la prossima estate?
«Dopo il rinnovo no. L’ho guardato negli occhi. Edi vuole stare qui». 

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

A.S.

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