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Bianchi: “L’anno prossimo il Napoli può puntare al titolo”

L'ex tecnico azzurro: "Con i soldi della cessione di Lavezzi si può costruire una squadra forte"

Ne è passata tanta di acqua sotto i ponti, tanta sì, ma non sufficiente ad arrugginirli. Perché i ricordi sono ancora vividi e nemmeno lontanamente scalfibili, anzi per molti il ponte che collega il presente a quel quarto di secolo fa, è un lampo di gioia che travalica pure la velocità del pensiero. Ottavio Bianchi, bresciano del ’43, è stato fra i mister più longevi del calcio napoletano e, naturalmente, quello che ha sollevato al cielo più trofei. La Coppa Uefa, ma anche il “doblete”, scudetto e Coppa Italia, nella favolosa stagione ‘86/87, la più esaltante per il Napoli di Maradona & C.

Li ha davvero alzati al cielo coi suoi giocatori quei trofei?
«Certo, quelle coppe le ho prese, sollevate e accarezzate, ma non le ho portate in trionfo coi giocatori. I balletti, i giri di campo e le corse sotto le curve non le facevo nemmeno quando giocavo. Eppure di gol ne ho fatti. Non è un modo per snobbare queste esultanze, non appartengono al mio dna».

Di quei trofei, quale le ha fatto battere di più il “corazon”?
«Mentirei se dicessi che non ho provato emozioni irripetibili soprattutto alla conquista del primo scudetto ma, ad esser sincero, ha lasciato di più il segno qualche arrabbiatura».

Del tipo?
«Se vogliamo restare su temi attuali, tipo la Coppa Italia, quella persa contro la Samp, due anni dopo lo scudetto, non mi è andata proprio giù. Forse la conquista della Coppa Uefa creò una sorta di appagamento. Ancora mi disturba».

Qualcuno pensa che ci siano risvolti caratteriali che l’accomunano a Mazzarri.
«Io di certo non sono fra quelli. Ognuno ha il suo carattere e, per quanto mi sforzi, non riesco a trovare similitudini rispetto a una persona che nemmeno conosco. Badavo soprattutto a farmi i fatti miei ed essere il più possibile professionale e poi cercavo di non lasciare nulla al caso, nemmeno il più piccolo particolare».

Ecco, vede…
«Ah, Mazzarri è così? Mi fa piacere ma, a parte questo, non ci vedo vere e proprie similitudini. Posso solo raccontare che dopo lo scudetto strigliai per bene la squadra in vista della finale con l’Atalanta. Non la presero tanto bene, ma capirono quando spiegai fino all’ossessione, che le grandi squadre non devono e non possono accontentarsi. Ecco, su questo non cedevo mai, per me erano fondamentali anche le amichevoli, figurarsi la Coppa Italia. E allora, per quello che ho potuto capire, con Mazzarri la pensiamo allo stesso modo. Ho notato che non avrebbe sacrificato nessun obiettivo».

A volte ritornano… ed è tornato un trofeo da lei già vinto. Un primo passo per il riscatto del calcio a Napoli
E’ stato uno dei più longevi sulla panchina azzurra (quattro anni e uno da dirigente, dopo un quinquennio da mediano) anche l’attuale mister sta per iniziare la quarta stagione. 

«Vuol dire che ha fatto molto bene e non c’è bisogno che lo confermi io. E’ sotto gli occhi di tutti. Continuare con Mazzarri mi sembra il minimo, anche perché l’appetito vien mangiando».

Ora che potrebbe arrivare il bello, la partenza di Lavezzi.

«Dico peccato, ma io la penso in un certo modo. Mai trattenere un giocatore che vuole andar via. Mi sembra poi che la cessione dell’argentino crei una sostanziosa plusvalenza. Se vuole il mio parere, utilizzerei quei soldi per rafforzare altri reparti, con un occhio alla cantina».

Cioè?
«Ci sono talenti fatti in casa che potrebbero già esser pronti. Un Insigne potrebbe già andar bene in un attacco che vanta nomi importanti. E poi, anche un Vargas potrebbe tornare utile. All’epoca non ebbi problemi a lanciare alcuni 17enni come Fabio Cannavaro, Carannante, Baiano. Perché non riprovare? Vorrei anche aggiungere che quest’anno il Napoli potrebbe essere da scudetto. Milan e Inter devono preoccuparsi di un impegnativo svecchiamento, la Juve potrebbe perdere punti importanti per gli impegni di Champions. E il Napoli potrebbe approfittarne». 

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

A.S.

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