Sembra Doha e (nel suo piccolo, a modo suo), forse lo è: perché pure stavolta sa di «dentro o fuori» e fa niente che le distanze sono (e sarebbero) siderali, però ci sarebbe uno spiraglio o almeno una fessura o comunque l’orizzonte per crederci. Sembra Doha e però non ci assomiglia per niente: perché stavolta ce ne saranno sessantamila e trasformeranno il cielo in un velo azzurro e saranno emozioni indigene, coltivate nel san Paolo.
Benitez, le differenze esistono.
«E’ una partita importantissima, che giochiamo con il sostegno dei nostri tifosi, con la loro spinta che può fare la differenza. In trentamila per un allenamento è testimonianza unica di un amore. E così che si va avanti: spalla a spalla».
Le controindicazioni sono….?
«Io non ne ho: so bene che in caso di vittoria si parlerebbe di vari argomenti, uno su tutti, ma chi fa calcio ha il dovere di isolarsi, di ragionare per singoli appuntamenti. Adesso c’è la Juventus, poi sarà la Lazio. Per il momento dobbiamo vincere questa, per capire se siamo stati capaci di dare a noi stessi quella continuità di risultati che serve».
La parola scudetto è tabù?
«In passato, quando s’è chiacchierato della possibilità, abbiamo finito per rimetterci dei punti. La priorità è concentrarsi sulla Juventus, sul suo valore. E poi essere equilibrati, sempre, sia quando si vince che quando ci si imbatte in qualche risultato negativo».
A 18 giorni da Doha cos’è cambiato?
«Che a Cesena siamo stati capaci di gestire diversamente, e meglio, la gara. Ma la maturità non si acquisisce in due settimane, però questo percorso lo stiamo completando; è un processo di crescita fondamentale, per avere una mentalità. Sono soddisfatto della personalità mostrata, siamo sulla strada giusta».
Dal mercato le è arrivato….Hamsik.
«Giocatore fondamentale per noi, professionista esemplare: da parte mia, gode della stessa fiducia di prima; ma ora sta facendo la differenza e per me ha ulteriori margini di miglioramento».
Chiedeva Higuain in versione leader.
«E’ lui il nostro trascinatore, deve segnare e fungere da modello per la squadra. Lui e Marek possono incidere nei momenti difficili perché i compagni hanno fiducia in loro».
Ha scoperto un altro Gargano.
«Per colmare le distanze da un club con un budget più imponente del nostro, serve la voglia di calciatori come Walter».
E’ una partita nella quale la figura dell’arbitro, Tagliavento, la sua autorevolezza, finisce per diventare centrale…Qui non c’è tecnologia….
«Che sui gol-non gol potrebbe servire eccome e l’Inghilterra lo dimostra. Però siamo a noi dover aiutare il direttore di gara, evitando simulazioni e non creando assembramenti intorno a lui, per provarne ad influenzarne le decisioni».
Cosa spera dal derby di Roma?
«Io credo che ognuno pensi a se stesso, vale per la sfida del pomeriggio e per la nostra di sera. Puntiamo tutti al massimo e dunque non faccio previsioni, né mi sbilancio in auspici».
La sente questa atmosfera diversa?
«Avvertiamo la fiducia della città ed è giusto che la gente sogni lo scudetto. Noi, invece, dobbiamo starcene con i piedi per terra, non lasciarci contagiare dall’umore che varia, perché se vinci la Supercoppa in giro pensano che tu sia la squadra più forte del Mondo e se invece inciampi in una serie di risultati negativi, noti la depressione nello sguardo».
Il suo mercato è aperto?
«Non è facile trovare ciò che ci serve, secondo i nostri parametri. Ma sono arrivati Gabbiadini e Strinic e sono calciatori di livello. E poi a volte ci sono anche situazioni realizzabili ed altre trattative inavvicinabili. Ma il Napoli, in dieci anni, è stato bravo e lo dimostrano i risultati ed il fatturato positivo».
Fonte: Corriere dello Sport
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