L’edizione odierna della Gazzetta dello Sport propone una lunga intervista a Rafa Benitez. Ecco le parole del tecnico azzurro:
Lei ha il contratto in scadenza e la questione ha aperto a diversi scenari futuri: che cosa potrebbe spingerla a non rinnovare col Napoli?
“L’esperienza mi dice che dobbiamo lavorare al progetto attuale, senza dimenticare di guardare oltre. Parlo spesso con Riccardo Bigon e dico sempre a De Laurentiis che deve garantire il futuro alla società a prescindere dal sottoscritto. Il problema non è il rinnovo, ma la condivisione della strada giusta, che noi condividiamo, e non è un problema di soldi o investimenti. Dobbiamo operare per capire se possiamo vincere qualcosa, se possiamo andare avanti oppure no. E poi…”.
E poi?
“Ho la mia famiglia lontano, mia moglie e le mie due figlie vivono a Liverpool. E’ la prima volta che non le ho con me e non è facile. De Laurentiis sa bene quanto sia importante il valore della famiglia”.
La sua vacanza a Liverpool, a settembre, è stata criticata molto. Le ha dato fastidio quell’accanimento nei suoi confronti?
“La verità è che avevo programmato tre giorni liberi e quattro di allenamenti. Io vivo nell’albergo attiguo al centro sportivo, lavoro anche 16 ore al giorno e ho uno staff di massimo valore: può anche starci che vada via qualche giorno durante una sosta. Non credo che gli allenatori italiani vivano nei rispettivi centri sportivi e passino con i giocatori il tempo che trascorro io”.
Dica la verità: è ipotizzabile per lei un futuro da cittì della Spagna?
“In passato, quando mi veniva posto questa domanda e io rispondevo, il giorno dopo mi ritrovavo sui giornali titoli tipo: Benitez vuole la nazionale. Potrebbe essere un’idea, certo, ma a me piace lavorare sul campo, quotidianamente. Sono un insegnante, laureato all’Inef (la nostra facoltà di scienze motorie), la mia metodologia è insegnare. Io lavoro sulla testa del giocatore, per fargli capire il calcio, non solo su un modulo. Le convocazioni in nazionale di Callejon e la crescita di Koulibaly hanno premiato il loro e il mio lavoro”.
Ritorniamo alla scorsa estate, quando lei disse che se il Napoli fosse stato eliminato dalla Champions non sarebbe stata una tragedia. Dopo aver vissuto la delusione della città e lo choc della squadra, ridirebbe la stessa cosa?
“Assolutamente sì. Ero convinto di passare e volevo togliere pressione ai miei giocatori. Comunque, quell’eliminazione ha influito tantissimo sulla parte iniziale della stagione”.
Lei non vince uno scudetto dal 2004, mentre Napoli lo sogna da 24 anni: capisce, potrebbe restare per sempre nella storia del Napoli.
”Non ci si può affermare con un fatturato inferiore agli altri. I numeri si devono analizzare nel contesto. Lo scorso anno abbiamo ottenuto 10 successi esterni, 78 punti e 104 gol: non si può dire che non si è fatto bene. Qui in Italia c’è equilibrio perché Lazio, Inter e Milan sono lì, in Spagna la differenza è più ampia. Dopo quattro anni con Mazzarri e la cessione di Cavani, per quello che abbiamo fatto è come se avessimo vinto. E una bella soddisfazione che ho avuto di recente è stato incrociare alcuni tifosi che mi hanno detto, ‘mister, finalmente ora ci divertiamo’”.
Cosa manca al Napoli per vincere lo scudetto?
“Un progetto non dipende da un solo risultato, è importante creare la base per migliorare sempre e avere la possibilità, anno dopo anno, di vincere attraendo giocatori migliori. La Juve è l’esempio: struttura, rosa, organizzazione della società, componenti che si sono consolidate negli anni. I giocatori e la struttura della società fanno la differenza”.
Garcia ha detto che la Roma vincerà lo scudetto, la Juventus è favorita su tutte: e lei dove si colloca?
”Non voglio essere monotono, ma io vado avanti partita dopo partita, diversamente si corre il rischio che se poi non fai in campo quello che dici, tutto diventa più difficile. Ora siamo terzi e guardiamo un po’ più avanti, non dico che non possiamo fare di più, ma che dobbiamo farlo di settimana in settimana”.
Tra poco più di un mese, il Napoli giocherà per la Supercoppa italiana, il primo trofeo stagionale: ci sta pensando?
”Certo, è una competizione che c’interessa eccome, ma sono concentrato sul campionato per capire dove possiamo risparmiare qualcuno per evitare infortuni. Tutti, comunque, devono essere preparati, questo è uno dei motivi per cui non comunico mai la formazione prima dell’immediata vigilia”
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