NAPOLI – Viaggia per i sessanta ma non li dimostra. Salvatore Bagni conserva l’esuberanza e l’entusiasmo che hanno caratterizzato la sua carriera da calciatore. Carriera che ha raggiunto l’apice proprio con la maglia dell’Inter e poi con quella del Napoli: due volte la Coppa Italia, uno scudetto, la nazionale, il cambio di ruolo (da ala destra, a mediano), un allenatore-guida (Rino Marchesi) e un amico per la pelle (Diego Armando Maradona). E poi, la gente, i tifosi. Bagni è stato amato ovunque per quel suo modo di lottare e difendere la maglia che indossava. «Anche se l’affetto che ho ricevuto e continuo a ricevere a Napoli ha dell’incredibile. Lì sono andati oltre il calciatore apprezzando l’uomo, la persona. E per quello, domenica, il mio cuore batterà da una sola parte, neanche a chiederlo. Anche se ricordo con piacere gli anni vissuti all’Inter. Sfido chiunque a tornare a San Siro da ex ed essere accolto con applausi ed uno striscione, come successe quando mi presentai con il Napoli»
Che partita prevede, domani?
«Combattuta, incerta, decisiva per entrambe. Anche se siamo solo agli inizi del campionato, si tratta di un bivio importante sia per l’Inter, che ha assolutamente bisogno di invertire rotta, che per il Napoli, che non può perdere in alcun modo altro terreno dalle prime due in classifica. E il pareggio non serve a nessuno. Difficile anche dire chi partirà favorito. Dipende da come nasce la partita. Di solito quando due squadre non sono così sicure, può accadere di tutto».
Eppure il Napoli viene da tre vittorie consecutive, dovrebbe stare meglio dell’Inter, non crede?
«Sul piano psicologico, sicuramente. Ma sul piano del gioco, no. Solo nel finale con il Torino si sono intravisti dei progressi. Con il Sassuolo, invece, la vittoria fu abbastanza sofferta e con lo Slovan neanche la prendo in considerazione. L’Inter, invece, scenderà in campo con la rabbia in corpo. Ha avuto un inizio disastroso ma dalla sua ha il fattore campo»
Ha saputo del forfait di Gargano?
«Un’assenza importante ed è paradossale che si dica questo per un calciatore neanche preso in considerazione in estate. Ma il Napoli ha sempre avuto problemi a centrocampo e non li ha risolti ancora. Anche all’Inter mancano un paio di pedine preziose»
Chi potrebbe essere l’uomo-partita, da una parte e dall’altra?
«Per il Napoli, mi auguro che possa esserlo Hamsik. Stravedo per questo ragazzo. Uno dei pochi a giurare amore vero alla maglia. Può darsi che i gol in nazionale l’abbiano sbloccato anche se ha giocato una volta da finto centravanti e l’altra da trequartista. Hamsik può essere decisivo se torna quello di prima. E dell’Inter starei attento ad Icardi che ha fiuto e colpi dell’attaccante di razza»
Può questo Napoli reinserirsi nella lotta- scudetto?
«E’ difficile. Sta sprecando occasioni incredibili da un paio d’anni. E questo era il periodo migliore per potenziare perbene l’organico. Tra qualche anno verranno fuori l’Inter, il Milan, la Fiorentina e sarà ancora più complicato. Noi vincemmo lo scudetto per quell’omino chiamato Diego ma anche perché c’era una forte convinzione nel gruppo, entusiasmo, euforia. Un gruppo così unito che ci sentiamo tra di noi ancora oggi. Intanto spero che arrivi in fondo all’Europa League, vinca con l’Inter e agguanti almeno un posto per la prossima Champions. Se non sbaglio, s’era parlato di puntare allo scudetto in estate ma la distanza dalle prime è già tanta».
Come avvenne il distacco con l’Inter? Davvero fu così brusco?
«Io ho avuto sempre un carattere non facile ma in campo ho dato tutto me stesso. Un bel giorno mi chiamò il nuovo presidente Pellegrini e mi chiese di cambiare carattere altrimenti mi avrebbe lasciato a casa. Io mi impuntai. Poi lui si pentì e mi richiamò. Ma ci fu uno scontro verbale tra noi, persi le staffe e lasciai la sede di corsa. Giù alle scale ricevetti la telefonata di Rino Marchesi che nel frattempo era passato al Napoli. Evidentemente qualche impiegato dell’Inter l’aveva informato. E a Marchesi risposi che la cosa mi poteva interessare. E’ un allenatore a cui sarò riconoscente a vita, fu lui che mi inventò centrocampista»
Però, non accettò subito il trasferimento al Napoli. Anzi, dovettero minacciarlo dalla Federcalcio di non farle fare le Olimpiadi se continuava a rifiutare il passaggio
«Le cose non andarono esattamente così. Una storia chiarita più volte. In quel periodo avevo problemi familiari, s’era ammalata mia suocera e non intendevo allontanarmi da Cesenatico. Poi fu mia moglie stessa a convincermi. Meno male, gli anni di Napoli sono stati irripetibili. Potevamo bissare anche lo scudetto se non ci fosse stato lo stesso calo atletico nel finale e non avessimo incontrato il Milan che inseguiva. Ad ogni modo anche con l’Inter di Bersellini vincemmo la Coppa Italia e segnai cinque gol in campionato»
Davvero l’ha segnata così tanto l’esperienza napoletana?
«Napoli è casa mia, ormai. Ogni volta che vengo da quelle parti ricevo attestati di stima incredibili. La gente ricorda cosa ho dato per quella maglia. Ho combattuto fino all’ultimo secondo di ogni partita. Abbiamo vinto ovunque ed avevamo formato uno spogliatoio a prova di bomba. Poi Diego, fece il resto»
Non mi ha parlato di Mazzarri e Benitez, cosa pensa di questi due allenatori?
«Mazzarri ha svolto un lavoro eccellente a Napoli con l’organico che aveva a disposizione ma senza vincere granché. Benitez, invece, ha vinto sia in Spagna che in Inghilterra e vincere non è mai facile, da nessuna parte. Probabilmente per vincere anche a Napoli avrebbe avuto bisogno di qualche top player in più. Aveva iniziato bene lo scorso anno ma poi si è perso per strada. Ma si tratta di due ottimi tecnici e le filosofie di gioco c’entrano fino ad un certo punto»
Cosa si augura per domenica sera?
«Neanche a chiederlo, il Napoli può vincere e deve puntare solo a vincere».
Fonte: Corriere dello Sport
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