I fatti dopo le parole. Talvolta superflue, pronunciate per spostare l’attenzione e le opinioni altrove. Lontano da certi insuccessi arrivati per errori o per sfortuna. Il 2015 del Napoli dovrà essere l’anno dei fatti dopo aver trascorso gli ultimi sei mesi tra l’amarezza per l’esclusione dalla Champions e l’entusiasmo ritrovato dopo aver strappato la Supercoppa dalle mani della Juventus. Il mercato racconta di un attivismo insolito per le italiche vicende, operazioni concluse bene e con largo anticipo, anche meglio del Milan (ha preso Cerci) e l’Inter (è arrivato Podolski), grazie agli acquisti di Gabbiadini e Strinic che serviranno per tenere sempre alto il livello dell’organico a disposizione di Rafa Benitez. Obiettivo: il terzo posto. Come minimo, perché il rilancio partenopeo testimoniato dalla finale di Doha, allarga il fronte anche più su. Parliamo del secondo posto, nient’affatto appannaggio della Roma che ogni tanto qualche balbettio lo lascia partire. Per non escludere l’Europa League, vista la clamorosa predisposizione di don Rafè alla conquista di trofei One shot. Ha sollevato già 10 coppe e non intende fermarsi, consapevole della competitività di un gruppo che ha dimostrato di poter battere senza troppi affanni sia la Roma che la Juventus. Per lo scudetto no, bisognerà rimandare l’appuntamento ad altra data. Lo ha detto anche di recente il presidente De Laurentiis: “L’ambiente non è ancora maturo”. Una frase che ha allargato il dibattito fino al sindaco De Magistriis, dichiaratosi per nulla d’accordo con quanto asserito dal patron. Forse, però, quel messaggio andrebbe letto in maniera più approfondita, tanto da allargare il raggio delle persone coinvolte dalle osservazioni del presidente. Se per “ambiente” intendeva tutto, ma veramente tutto ciò che riguarda il Napoli, allora ha ragione, perché anche il Napoli come club non è ancora pronto per battersi da pari a pari con le squadre che oggi hanno tutto per puntare al tricolore. Fino a quando il fatturato non crescerà a prescidere dalla qualificazione in Champions, difficilmente potranno essere reperite le risorse per potenziare la squadra. Finora gli introiti principali (oltre quelli delle tv) sono arrivati dalla cessione di top player come Lavezzi e Cavani e non può essere ridimensionato il progetto tecnico quando non si dispone di talenti da mettere all’asta. Per andare oltre questi limiti, andrebbe fatto il salto di qualità attraverso tre punti: lo sviluppo del settore giovanile, la realizzazione di un centro tecnico di proprietà e con tutti i criteri reclamati da Benitez, la costruzione di uno stadio di proprietà. Questo è il punto più delicato, ma anche critico nei rapporti tra Calcio Napoli ed Amministrazione cittadina, caratterizzato da una serie infinita di botta e risposta tra sindaco e presidente. Il 2015 deve servire anche a questo, a passare dalle chiacchiere ai fatti sulla questione San Paolo, definendo in maniera chiara i rapporti e capire perché sta andando tanto per le lunghe il processo di ristrutturazione dello stadio San Paolo. De Laurentiis ha detto di recente di avere già pronto il progetto messo a punto da una squadra di ingegneri ed architetti, mentre il sindaco attende la scadenza del 31 maggio per poi utilizzare la sua “opzione alternativa”. Napoli reclama, pretende successi sportivi e risposte serie sullo stadio, avendo sviluppato negli anni una pazienza che colloca questo popolo al primo posto nella graduatoria di chi è maturo per vincere.
Fonte: Raffaele Auriemma per tmw.com
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