La rivincita della Coppa Italia: una volta snobbata e declassata, ora trofeo vero. «Chiamarla ancora coppetta è follia: certo porta pochi soldi, ma offre l’orizzonte di sfide di altissimo prestigio. E poi vincere è sempre bello. Anche la Coppa Italia». Antonio Di Gennaro, ex della Fiorentina e ora, oltre che commentatore tv anche responsabile tecnico del centro federale a Bari.
Sarri con la Fiorentina potrebbe far riposare i titolari? «Già, perché se giocano Zielinski, Diawara, Rog, Pavoletti o Maksimovic sono riserve? Il Napoli ha delle seconde linee che potrebbero giocare titolari ovunque in Italia. Ed è dunque una delle candidate a vincere questo trofeo». Normale fare un po’ di turnover? «Normale se hai questi giocatori in panchina, come quelli che ha Sarri. Altrimenti meglio i titolari. La gente sta iniziando ad amare questa coppa: allo stadium, per l’ottavo con l’Atalanta c’erano 33mila spettatori. Meglio offire sempre uno spettacolo importante». Battere la Fiorentina non sarà semplice? «Infatti, non lo è. Anche perché c’è il fascino dell’eliminazione diretta, della gara unica: i viola giocheranno a viso aperto, il che renderà spettacolare l’incrocio di questa sera».
I valori in campionato possono dare delle indicazioni? «Non penso. Per il Napoli ci sono tanti chiodi appuntiti nella gara con i viola: non solo perché dopo aver battuto la Juventus, hanno fatto una iniezione di autostima, ma anche perché per la Fiorentina vincere la Coppa Italia sarebbe come vincere lo scudetto quest’anno…». Per il Napoli, invece, è solo il terzo obiettivo stagionale? «Non credo che Sarri sia contento se sentisse definire la Coppa Italia un obiettivo di poco conto: se una squadra vuole diventare grande, non può e non deve trascurare questi eventi. E sono certo che il Napoli non lo farà». È un bel duello, stasera, anche tra la meglio gioventù della nostra serie A? «Perché Sousa e Sarri hanno entrambi un grande coraggio a puntare sui ragazzini. Ma ben ripagati. Prendete Bernardeschi e Diawara: sono due leader nati, a prescindere dalla carta di identità». Il regista azzurro è una vera rivelazione? «Un classe 97 che gioca con quella personalità in quella zona del campo è una rarità: ma la personalità non si allena, è nel Dna di un giocatore».
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Ok Notizie (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Altro