Il napoletano Vincenzo Boni, ventisette anni, di Fuorigrotta, è il vero volto nuovo della nazionale paralimpica italiana di nuoto. Primatista nazionale, categoria S3, nei cinquanta dorso, nei cinquanta stile e nei duecento stile, ha da pochissimo anche stracciato a Berlino il precedente record mondiale nei cento dorso, subentrando a distanza di un mese allo spagnolo Martinez Tajuelo Miguel Angel. Al momento, grazie a questo record, occupa un podio virtuale formidabile, tra i primi nel ranking mondiale. Ha iniziato nuotando nella Caravaggio Sporting Village di Massimiliano Rosolino, seguito dal personal coach Alessandro Peluso, ma adesso, con quattro medaglie in bacheca, rischia addirittura di strappare un posto per i prossimi mondiali. A giorni il mister Riccardo Vernole, infatti, diramerà la lista dei convocati di Glasgow, per l’evento che dal tredici al diciannove luglio potrebbe vedere proprio Boni tra i suoi più acclamati protagonisti. Intervistato dalla redazione di Iamnaples.it, ecco quanto ha dichiarato:
Qual è stato il primo passo verso questo sport? “Mi sono avvicinato a questo sport perché ho sempre avuto una passione per il nuoto, ho iniziato praticamente a sei anni. Inizialmente a scopo terapeutico, poi, dopo un periodo di stop causato da vari impegni, ho quasi pensato di smettere. Qualche anno fa però mi si è riaccesa la fiamma e ho deciso di reiniziare per qualcosa che potesse darmi soddisfazione e farmi sentire realizzato. Ho subito trovato questa struttura nel mio quartiere, a Fuorigrotta, che mi ha permesso di intraprendere la mia carriera agonistica”.
E’ stata dura all’inizio? “Beh si. Anche se sin da subito i preparatori atletici hanno notato in me capacità che mi consentissero di gareggiare in questo settore. Dopo aver ottenuto la classificazione, sono andato a giocarmi la qualificazione ai campionati italiani disputati a Lignano Sabbiadoro. Lì ho ottenuto ottimi risultati, riuscendomi a qualificare in due gare, la cinquanta dorso e la cinquanta stile. Da lì sono giunto ai campionati estivi di Bari, tornando a casa con un terzo posto nei cinquanta dorso”.
Quella è stata la vera svolta? “Quasi. A settembre ho iniziato l’anno allenandomi tutti i giorni per poter migliorare i risultati ottenuti in precedenza, e a febbraio con la società abbiamo concordato una richiesta di classificazione internazionale per poter competere in competizioni anche all’estero. La classificazione, ottenuta il giorno prima dei campionati italiani invernali di Napoli, mi ha dato la licenza per iniziare il mio sogno. Quei campionati si conclusero con due ori, cinquanta dorso e cinquanta stile, e record italiano dei cinquanta dorso. Il ct mi disse che ero pronto per il salto di qualità”.
Passiamo al record mondiale ottenuto a Berlino. Te lo aspettavi? “Ho saputo di Berlino tramite il mio allenatore contattato dai referenti nazionali e tramite il sito della F.i.n.p. Quando lo seppi ero contentissimo. La notizia è stata accolta con partecipazione da tutti: ero in nazionale. Là è andata veramente bene. L’ambiente è ottimo, e stare in nazionale inorgoglirebbe chiunque. E’ un motivo di vanto e di stimolo. Sapevo di essere con i tempi vicino al record del mondo, e sono entrato in vasca con l’obiettivo di batterlo. Una volta arrivato sul fondo della vasca ho toccato la piastra e ho alzato gli occhi vedendo di avercela fatta. Fisicamente ero prontissimo, nonostante l’ansia di toppare. Una volta entrato in acqua, però, la paura si è tramutata in forza ed è andato tutto liscio”.
Ora ci sono i mondiali, sogno possibile? ”Certo, spero sempre che il telefono squilli per sentirmi dire che sono tra i convocati. Questo sarebbe davvero un sogno. Poi ovviamente c’è il sogno ancora più grande delle Paralimpiadi, in programma nel 2016 a Rio de Janeiro. Posso arrivarci solo con il duro lavoro e la giusta determinazione, ma non prendendola come una malattia”.
Sport paraolimpici, ambiente snobbato? “Che sia il nuoto o altro, certo non hanno l’attenzione che meritano. C’è sempre meno visibilità e sempre meno introiti di chi gestisce. Chiaramente da questo discorso sono esclusi gli atleti, che mettono sempre il massimo impegno. Per noi è un orgoglio. Una soddisfazione enorme. I modelli a cui mi ispiro? Phelps, Rosolino e Lochte”.
Per concludere, un motivo per iniziare a praticare questa disciplina? “Fare nuoto a livello agonistico e vivere l’adrenalina per la competizione è qualcosa che auguro di provare a chiunque almeno una volta nella vita. Sprono sempre tutte le persone affette da disabilità a non mollare, a guardare sempre avanti, ma soprattutto a dimostrare a tutti gli altri che noi abbiamo sul serio una marcia in più”.
A cura di Danilo Zanghi
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