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Valdifiori: «Le pressioni non mi spaventano. Servire un assist a Higuain sarebbe bello…»

Mirko Vadifiori, centrocampista dell’Empoli, ha ritirato ieri a Pompei il premio Football Leader come rivelazione dell’anno. Il giocatore, da diversi mesi accostato al Napoli, ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport:

Valdifiori, sta annusando l’aria…?

«Non cado nel tranello, vi dico ciò che so: nulla. Però leggo il mio nome accostato a quello del Napoli e la cosa, chiaramente, mi rende orgoglioso. Non l’avrei mai detto, nell’estate scorsa».

Domenica ha incontrato Mihajlovic: s’è dato appuntamento qua?

«Il gioco mi piace e ci sto, ma io devo pensare all’Empoli, alla nostra ultima partita contro l’Inter. Vogliamo chiudere bene, siamo nelle condizioni di farlo. Al futuro penserò dopo il triplice fischio di chiusura di san Siro: anzi, quello sarà compito del mio procuratore».

Che non può negare l’abboccamento.

«Io ho letto tutto ciò che scrivete, perché sono divoratore di calcio, non mi perdo niente. Però da qui a dire che sia fatta, che ci sia stato un tentativo di dialogo, che De Laurentiis e Corsi si siano incontrati. La mia posizione, mi capirete, è diversa».

Però conosce De Laurentiis…

«Certo che sì, sto nel calcio».

Volevamo dire altro, ovviamente. Ed avrà visto varie volte in tv il Napoli giocare… E anche la Sampdoria.

«Quando ci sono partite, le guardo tutte. Mi piace, mi arricchisco di nozioni, osservo, studio».

Centrocampo a tre o a due?

«Io ci gioco a tre, ma non ci casco».

Il suo idolo si sa chi è.

«Pirlo rappresenta il massimo a livello universale, un altro come lui non l’ho mai visto, perlomeno io non lo ricordo. Da venti anni è a quei livelli, sempre il numero uno».

Dicono giochi alla Pirlo.

«Dicono male, però mi fa piacere. Io faccio quel che so, mi viene bene perché nell’Empoli c’è un meccanismo ormai mandato a memoria da ognuno di noi. Dobbiamo tanto a Sarri».

Cosa ha fatto nei primi ventotto anni della sua vita, visto che il calcio italiano l’ha lasciata nel sottoscala tanto tempo?

«Ero in B, in C, quella che voi giornalisti chiamate gavetta. Forse ci ho messo qualcosa anche del mio, nella tardiva esplosione; o forse siamo troppo attratti dagli stranieri, perché io pure quest’anno tra i cadetti ho visto calciatori di qualità e di prospettiva».

Lei ha impiegato parecchio.

«Ma mi sto togliendo belle soddisfazioni: mi sembra quasi un sogno, prima il debutto in A, poi questi riconoscimenti pubblici, come il premio per il rendimento assegnatomi dagli allenatori del nostro massimo campionato, e ancora la convocazione in Nazionale, la salvezza anticipata con l’Empoli».

E adesso «rischia» di doversi confrontare con un calcio più duro?

«Nessuna paura, io spero semplicemente di confermarmi. So che non sarà facile, che in questa prima stagione sono stato avvantaggiato dalla conoscenza degli schemi, che in futuro magari sarò sotto la lente di ingrandimento. Ma ho fame, per me non è cambiato assolutamente nulla: sono felice di essere riuscito a realizzarmi, anche se in età, come dire?, avanzata».

La sua esplosione è un messaggio.

«Ai giovani, a chi ha avuto meno fortuna, a chi sente di avere delle qualità e non riesce ad esprimerle: si può fare. Io sono stato cocciuto, ho lavorato, ma devo ancora migliorare, impossibile pernsare di essere arrivato. Sono bei giorni quelli che sto vivendo adesso, ma devo continuare. Non mi sento appagato, di questo sono certo».

Il primo impatto con Conte, il Ct, com’è stato?

«Come meglio non poteva essere: sono stato accolto con naturalezza, già la chiamata in sé contiene l’attestato di stima, ma poi dopo non ho avvertito alcun disagio né con lui, né con gli altri compagni della Nazionale, molti dei quali, quasi tutti a dire il vero, rappresentati di grandissimi club».

La chiama una big….

«Ci vado. Perché a ventinove anni, quanti ne ho compiuti ad aprile, è difficile e forse impossibile che possa passare di nuovo un tram del genere. Il mio manager si confronta con l’Empoli sulle possibilità e sugli sviluppi di certe voci. Io resto tranquillo al mio posto, penso ad allenarmi, non mi lascio distrarre ed aspetto».

E se dovesse essere Napoli?

«Potrei essere soltanto fiero: questa è una delle società più importanti. Le pressioni non mi spaventano. Dare un assist a Higuain sarebbe bello… Certo sono cosciente delle diversità rispetto ad Empoli, ma sono anche consapevole che il calcio presenti ovunque – ed in ogni luogo a modo suo – aspettative significative. Noi siamo riusciti a confermarci in serie A con quattro settimane di anticipo rispetto alla fine: è stata una gran bella impresa».

Altrove sentirà parlare di scudetti, di qualificazioni Champions, di Europa League: si gioca sempre per vincere.

«Io spero di essere pronto e comunque resto serenamente in attesa di quel che mi riserverà il mercato. Già torvarmi sulla bocca di tanti è a suo modo un piccolo successo. Ma ho studiato da giovane, direi tanti anni, e adesso che sono sulla soglia dei trenta, se càpita, mi misuro su altri livelli».

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