Due anni fa il campionato Under 16 Sperimentale, poi la chiamata del Napoli. In un periodo così breve la vita calcistica e non di Lorenzo Sgarbi è completamente cambiata. Il classe 2001 ne ha parlato in una intervista esclusiva a Trentino e Alto Adige.
Sgarbi, come si dice: carpe diem. Per “arrivare” nel calcio che conta servono certamente le qualità, ma anche mentalità, una determinazione feroce e, perché no, un pizzico di follia.
“In poche parole bisogna crederci fino in fondo. E provarci, senza avere rimpianti. Ricordo che, due anni or sono, quando è arrivata la chiamata del Napoli, ho riflettuto un attimo e poi mi sono detto che non potevo perdere questo treno. Insomma, fin da bambino volevo fare”.
Dica la verità: quanto è difficile, praticamente dall’oggi al domani, ad appena sedici anni, prendere e partire da Bolzano in direzione Napoli, per stabilirsi a novecento chilometri da casa?
“Non è semplice, senza dubbio ma, come recita il tatuaggio che mi sono impresso sul fianco sinistro, “i sacrifici non sono mai sprecati”. Ne vale assolutamente la pena ed è sufficiente che mi guardi attorno per rendermene conto ancora una volta. Quando è arrivata la convocazione per il ritiro, attorno al 25 giugno, non ci volevo credere: un sogno? No, la realtà. Sto lavorando sodo e, in una settimana, ho già imparato moltissimo. Questa è un’esperienza indimenticabile, che mi porterò dentro tutta la vita”.
Bolzano, la famiglia e gli amici le mancano?
“Beh sì, ovvio, ma i miei genitori sono stupendi e mi hanno sempre appoggiato, lo zio Veleo anche e con gli amici riusciamo a vederci abbastanza spesso. Qualche volta sono loro a venirmi a trovare e adesso, che siamo tutti maggiorenni, è molto più facile organizzarsi. E quando ho la possibilità di rientrare a Bolzano è un piacere trascorrere del tempo con loro e tornare un po’ alle origini”.
Da piccino mangiava pane e pallone?
“Assolutamente sì. Già a tre anni e mezzo mamma mi portava al campo anche se non avrei potuto iscrivermi alla scuola calcio e a quattro giocavo con i ragazzi più grandi di me di tre anni. Ogni giorno prendevo botte, era normale, ma non ho mai arretrato di un centimetro. In questo senso ero già determinato”.
A Napoli come si sta?
“Benissimo. Al mattino vado a scuola, nel pomeriggio mi alleno e poi si studia e si riposa. Sto veramente bene anche perché ho la fortuna di essere in un club eccezionale”.
Undici anni nella Virtus Don Bosco e poi una stagione all’Fc Alto Adige. Quanto le è servita l’esperienza in biancorosso?
“Tantissimo. Il campionato Under 16 Sperimentale non era troppo impegnativo, ma l’Alto Adige è stato – per me – il vero
trampolino di lancio. Paolo Tornatore è stato importante nel mio percorso di crescita e poi, qualche mese prima di passare al Napoli, ho potuto svolgere il ritiro precampionato con la prima squadra. E quella, voglio dirlo, è stata un’altra
esperienza fondamentale”.
In bocca al lupo!
“Grazie, siamo solamente all’inizio. Io ce le metterò tutta”.
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