Uno pensa: ecco, Ottavio Bianchi è l’uomo giusto per gettare l’acqua sul fuoco, per spegnere gli entusiasmi e per invitare alla prudenza. E invece no. Pure il gelido tecnico del primo scudetto ci crede: anche lui è convinto che tutto remi a favore del Napoli e di Sarri. «Perché è solo questione di dettagli, di centimetri, di particolari. Il Napoli è lì a un soffio dal grande traguardo: perché se un anno arrivi secondo, un altro terzo, un altro ancora secondo… e allora è solo questione di avere pazienza».
Ma davvero anche lei crede che il Napoli sia favorito per lo scudetto?
«Ha un solo obiettivo, deve pensare soltanto al campionato e questo aiuterà Sarri a far dare il massimo alla sua squadra. Ma l’eliminazione dalla Champions e anche quella dalla Coppa Italia sono due assist seri per le proprie ambizioni».
Anche lei uscì dalla Coppa Uefa. Fu un vantaggio?
«Non giocare in Europa non è una questione di poco conto. E anche noi abbiamo tratto beneficio da quell’eliminazione che all’iniziò fu una specie di tragedia. Il Napoli ha l’Europa League ma non è la stessa cosa… però nessuno deve dimenticarsi che quell’anno vincemmo la Coppa Italia facendo giocare praticamente quasi sempre le riserve. E ne vincemmo tredici su tredici mettendo in campo chi non giocava quasi mai la domenica».
Le riserve nel Napoli sono pochine, invece?
«Sono anni che non vedo giocatori che dalla panchina entrano e fanno la differenza. Penso al destino dei vari Gabbiadini, Pavoletti, Maksimovic. E poi avendo davanti a sé soltanto la lotta per lo scudetto credo che quelli che ci sono bastano e avanzano per tenere testa alla Juventus».
Dove è avvantaggiato il Napoli e dove la Juve in questo testa a testa?
«Io vedo la Juve in calo. Anche questo infortunio di Dybala può andare nella direzione giusta. Uno dice: la tattica. Certo, ma quando hai un campione come l’argentino, tutto il resto diventa una chiacchiera. Ma penso che tra i bianconeri ci sia anche un logorio anagrafico. Gioca a vincere ogni competizione, e queste partite in Champions toglieranno energie».
Cosa ha in comune questo Napoli con il suo dello scudetto del 1987?
«Il mio aveva tantissimi napoletani, in questo si fa fatica a trovare un italiano. Completamente diverso. E i paragoni sono impossibili».
Sarà una trasferta a Bergamo senza tifosi del Napoli per paura di incidenti.
«Ecco, la solita situazione insopportabile. Gli stadi sono lo specchio del nostro Paese. Si va a vedere una partita solo per insultare gli avversari. È sempre stato così e nulla è stato fatto per cancellare questa situazione».
C’è anche tanto razzismo ancora?
«Io ho allenato a Roma e a Napoli: a seconda dei casi, mi davano del meridionale al nord, del leghista al centro e del settentrionale al sud. Ho preso insulti ovunque. È un male comune al nostro Paese».
L’intervista integrale sulle pagine dell’edizione odierna de Il Mattino
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