Il presidente dell’AIA Marcello Nicchi ha parlato ai microfoni di Tmw radio. Ecco le sue parole:
“Il momento è particolarmente difficile, non avrei mai pensato di ritrovarmi in una situazione del genere, passare le giornate a lavorare in video-conferenza davanti al pc e al telefono per portare un sorriso, un abbraccio e un incoraggiamento a questi ragazzi chiusi in casa, che stanno rispettando alla grande le direttive varie. Studiano, si preparano, si allenano con i programmi che gli abbiamo forniti: video-quiz e preparazione. Hanno voglia di tornare presto all’attività, ma credo che servirà un po’ pazientare. Prima di tutto vorrei manifestare vicinanza alle famiglie dei tanti defunti portati via da questo mostro di virus. Anche la nostra associazione non è rimasta indenne, abbiamo perso dieci persone. Bisogna tutti essere cauti, riflessivi, senza farsi prendere da sconforto e facili ottimismi. La situazione è brutta, complicata e difficile. Come tutti auspichiamo un giorno, chissà quando e lo deciderà chi è addetto alla salute, di tornare alle nostre attività. Quando lo sport ripartirà tutti dovranno capire che la componente arbitrale sarà da attenzionare, perché siamo quelli più a rischi. Non abbiamo solo la A, la B, la C… Ci preoccupano di più le realtà dilettantistiche. Il rischio ancora è alto, gli arbitri si muovono in tutta Italia tramite treni, stazioni ed entrano in contatto con tanta gente che non conoscono. Chiediamo tutela: non vogliamo fare gli eroi, ma neanche i piagnoni. Ci devono essere le condizioni e di questo ne parleremo. Bisogna valutare giorno per giorno. Potrebbe accendersi una luce, ma rimanere anche tenue. Siamo pronti, abbiamo la borsa con quello che serve, ma prima di mandare i ragazzi in campo, dobbiamo accertarci che ci siano le condizioni”.
Da chi aspettate una decisione?
“Abbiamo forza e capacità per gestire tutte le partite, ne gestiamo 700mila l’anno. Serve cautela, non c’è oggi qualcuno che possa stimare il rischio. Prendo un dato: finché siamo chiusi in casa non si può parlare di niente. Le decisioni le prenderà chi si occupa di sanità. Ma finché ci sono 600 morti al giorno non si può parlare di sport. Spero che presto i morti si azzerino, i numeri però sono ancora esponenziali. Come cittadino sarò sereno quando saprò che le terapie intensive si stanno svuotando. Lì allora si può pensare a ripartire, come per i bar, ristoranti, le fabbriche e tutto. Attenzione però a non sbagliare i tempi. Sono sicuro che questo giorno potrebbe arrivare presto, con le capacità che abbiamo, ma non posso assicurarlo”.
Avete casi di positività?
“No, non tra gli arbitri in attività. Abbiamo avuto decesso di persone care a noi e all’associazione, grandi persone del passato che ci hanno lasciati. Siamo stati toccati da vicino, ma fortunatamente gli arbitri, intesi come atleti, sono usciti indenni. Anche perché abbiamo rispettato le regole: abbiamo passato giorni complicati, anche quando ho dovuto parlare con le sestine che avevano arbitrato le ultime partite giocate, in cui sono venuti fuori contagiati. C’era ansia, non è stato semplice. Poi per fortuna l’Altissimo ci ha dato una mano e almeno su questo ne siamo venuti fuori. Facciamo gruppo, e stiamo pronti per una grandissima ripartenza, che sono convinto ci sarà. Dobbiamo sperarci tutto: se tra una settimana ci dicono che si riparte e non siamo pronti, siamo fuori ma siamo anche in mezzo alla strada”.
Ci sono problemi nel giocare d’estate?
“Io ho diecimila problemi al giorno. Tra le altre cose era l’anno elettorale, sia per noi che per la FIGC che per il CONI. Dovremo chiaramente prorogare perché ora di assemblee non se ne possono fare. Se la stagione di solito finisce al 30 giugno, questa volta potrebbe finire più avanti. A noi va benissimo, non c’è problema. Agiremo con deroghe, farò quello che la mia autorità mi impone di fare”.
Può essere l’occasione per ripensare al sistema calcio?
“Ripensiamo al sistema uomo. Quanto era bello mangiare la pizza e quanto era stupido chi andava sui campi di calcio a fare violenze. La vita è differente dall’egoismo che abbiamo addosso. Il calcio deve essere divertimento, non violenza e razzismo. Provate a immaginare dopo questa catastrofe, se domani riapre lo stadio e c’è il solito razzista o il solito coglione che fa violenza a un ragazzino o a una donna? Avrei i brividi. Spero che ne usciamo più forti, più compatti, più belli, più buoni e più comprensivi”.
Aiuterete il sistema sanitario?
“Questi non sono eroi, di più. Sono persone vere che stanno facendo cose irripetibili, sono grandi e dimostrano qualcosa di umanamente inimmaginabile. Siamo vicini a loro e a tutti quelli che lottano. Come associazione, senza articoli di giornale, in silenzio, stiamo aiutando ospedali periferici e centrali. Ognuno fa quello che può, e vi assicuro che è tanto. Lavoriamo in silenzio, ma ci siamo, e saremo determinanti in tutto. Anche nel sostenere queste persone, che hanno tutta la nostra ammirazione. Loro realmente vincono Scudetto e Coppa Campioni. Su questo io e la mia associazione siamo al fianco di questi eroi. Anzi, eroe è parola che dice poco”.
Si ripartirà con o senza VAR?
“Non me ne frega niente, e lo dico in franchezza. Se ci sarà sarà ancora più bello, perché anche in tempo di guerra non si buttano via le conquiste. Ma se non ci sarà è perché non avremo ambienti in cui si possa operare. Quando dicevamo della sala VAR a Coverciano è per questo, sarebbe tutto diverso se operassero tutti da lì. Ma oggi si lavora in stanzine piccole, e anche lì serve sicurezza, perché ci sono anche gli operatori. Dobbiamo tutti fare dei sacrifici: pure se il calcio ripartisse senza VAR, non ce ne preoccuperemmo. Se c’è bene, sennò si va avanti lo stesso”.
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