Se Torino città si è guadagnata, dopo la grande emigrazione del secondo dopoguerra, il soprannome di città più napoletana del Nord, la squadra calcistica del Torino non è da meno. La Campania si sa è terra di calciatori. Molti, forse troppi i giovani talenti che non riuscendo ad emergere in un territorio competitivo a livello giovanile, ma povero di grandi club (ad esclusione del Napoli, e in parte di Avellino e Salernitana), sono costretti a prendere il borsone e percorrere la via del Nord, sperando di sfondare in qualche settore giovanile delle big, o al limite tentare fortuna nella ricca provincia calcistica padana. Tornando al Torino, non possiamo non notare come i granata dispongano di ben quattro napoletani, più dello stesso Napoli (con i soli Insigne e Cannavaro). Immobile, Masiello, Vives e D’Ambrosio. Un quartetto niente male
Ciro Immobile, napoletano di Torre Annunziata, con una storia legata a doppio filo ad altri due figli di Partenope, Lorenzo Insigne e Ciro Ferrara. Cresciuto nelle giovanili del Sorrento, con la formazione Allievi si rende protagonista di un grandissimo campionato, concluso dai rossoneri alee fasi finali di Gallipoli, risultato storico per una squadra della vecchia Serie C. Nell’annata 2007/08 segna ben 30 reti, tanto da attirare l’attenzione degli osservatori della Juve. I bianconeri attraversano ancora una fase di assestamento dopo lo scossone di Calciopoli. La società torinese tenta una nuova strada, puntando, prima del ritorno degli Agnelli, molto sul settore giovanile. Naturale quindi che venga dato un occhio non secondario alla Primavera e alle altre compagini giovanili (basti pensare all’inserimento tra i titolari di giocatori quali Marchisio). Per l’acquisto di Immobile fu determinante l’interessamento di Ciro Ferrara, allora responsabile del settore giovanile bianconero. Con la Primavera della Juve Immobile si metterà in mostra al Viareggio 2009, risultando decisivo con un doppietta in finale ai danni della Samp. Il meglio però deve ancora venire. L’anno successivo vince ancora una volta il Torneo di Viareggio, risultato il capocannoniere della manifestazione con 10 centri. Nel mezzo l’esordio in Serie A, subentrando ad un mostro sacro quale Del Piero. La sua carriera sembra ormai in discesa. Tutti pronosticano per lui le migliori fortune. Viene mandato in prestito al Siena allenato da Antonio Conte assieme all’altro prospetto Luca Marrone. Il tecnico però non lo considera, relegandolo spesso e volentieri in panchina, se non in tribuna. Così a gennaio un nuovo prestito, stavolta al Grosseto. Qui gioca con più continuità, ma si tratta sempre di un’esperienza povera dal punto di vista realizzativo. La vera svolta sarà Pescara. Qui, agli ordini di un maestro di calcio come Zeman, Immobile riesce ad esprimere tutto il suo potenziale. Con Lorenzo Insigne e Marco Sansovini forma un tridente letale, tanto da condurre il Pescara alla vittoria del campionato e alla conseguente promozione. Il momento del grande salto è arrivato, ma Immobile sembra di nuovo perdersi sul più bello. La Juve non punta su di lui, nella nuova gestione di Antonio Conte non c’è spazio, e così viene mandato al Genoa. Qui, complice un’annata non proprio felice per l’intera squadra, timbra il cartellino solo 5 volte. Troppo poche. La svolta arriva come sempre alla seconda occasione. Il Torino crede in lui. Inserito in una più ampia trattativa per Ogbonna, Immobile compie il salto di sponda, passando dalla vincente Torino bianconera all’orgogliosa Torino granata. Ventura è bravo, lo esalta, gli da una maglia da titolare. Immobile ripaga. Fino ad ora tre gol in otto presenze.
Giuseppe Vives, cognome spagnolo, sangue napoletano. Cresciuto nel Napoli Club Afragola, è il classico esempio di giocatore che prima di approdare in A ha fatto tanta gavetta. Esordio e promozione in C2 con il Sant’Anastasia, prima del passaggio alla Juve Stabia. La grande occasione nel 2001, quando l’Ancona di Luciano Spalletti lo chiama per giocare in B. Un’occasione che però non verrà colta, a causa dei continui problemi fisici che lo limiteranno per tutta la stagione, anche durante il prestito al Nardò. I continui infortuni non finiscono di tormentarlo, tanto da spingerlo a meditare sul ritiro a soli 23 anni. Neanche a Taranto ha fortuna, collezionando una sola presenza. Ormai sfiduciato decide di accettare la proposta del Giugliano, vista da molti come l’ultima spiaggia. Qui però riesce finalmente ad esprimersi con continuità. In tre anni collezione 100 presenze e 6 gol. Il nome di Vives torna sui taccuini degli osservatori. Di lui si parla anche in chiave Napoli, ma alla fine è il Lecce a spuntarla. E a Lecce quell’anno siede in panchina un certo Zeman. Il boemo gli trasmette intelligenza tattica, gli insegna i movimenti giusti, trasformandolo in un centrocampista completo. In Salento resta cinque stagioni, facendo l’altalena tra A e B. Nel 2011 il passaggio al Torino, in una corazzata costruita per dominare il campionato cadetto. La promozione arriva, ma la gioia di Vives dura poco. Il 26 luglio 2012 viene ufficialmente deferito dal procuratore federale Palazzi per illecito sportivo in merito a Bari-Lecce del 15 maggio 2011. Verrà prosciolto per ben due volte, ma l’ingiusta gogna mediatica renderà difficile dimenticare quei giorni. Fortuna che ci pensa il campo, con una Serie A sempre a Torino vissuta da protagonista. Ormai calciatore maturo, quest’anno ha totalizzato già 6 presenze.
Salvatore Masiello, stesso cognome del tristemente noto Andrea Masiello. Con lui, oltre al cognome, condivide un’accusa per calcioscommesse. Solo che Salvatore è stato definitivamente prosciolto da ogni accusa, dimostrando la sua estraneità e concentrandosi esclusivamente sul calcio giocato. E la cosa non gli riesce mica male. Cresciuto nelle giovanili del Venezia, trova pochissimo spazio con i lagunari, tanto da decidere di trasferirsi al Lumezzane, qui comincia un lungo giro che lo porterà in lungo e in largo per l’Italia. Da Lumezzane e Palermo, passando per Piacenza, Messina, Udine e Vicenza, prima dell’approdo a Bari e della sue definitiva consacrazione. Con i galletti gioca due buonissime stagioni, prima di rendersi protagonista di episodi che hanno poco a che fare con il campo. Prima è bloccato da una serie di infortuni, poi viene messo fuori rosa per aver ferito con il lancio di un piatto il compagno Crescenzi. La sua avventura a Bari, dopo una multa di 4mila euro e la sospensione dello stipendio per due mesi, è ormai conclusa. Nell’ultimo giorno del mercato di gennaio del 2012 il passaggio al Torino. Primi sei mesi da incubo, con una sola presenza, poi una seconda stagione da grande protagonista. Quest’anno parte un po’ in sordina. Fino ad ora una sola presenza per lui.
Danilo D’Ambrosio, da Caivano a Torino, senza dimenticare le origini e la sua città natale. Diventato un simbolo tra i campani dopo aver aderito alla battaglia per la Terra dei Fuochi con tanto di maglia e fascia di capitano con lo slogan “Caivano non deve morire”, D’Ambrosio è riuscito a farsi amare anche dai tifosi del Torino. Assieme al fratello gemello Dario cresce nello Sporting Caivano. Passa poi alla Salernitana. Qui non riesce ad esordire a causa del fallimento del club campano. Nel frattempo è riuscito a rendersi protagonista a livello giovanile tanto da attirare l’attenzione della Fiorentina. Neanche a Firenze gli riesce il salto in prima squadra. L’attuale Ct della nazionale italiana Prandelli non lo considera pronto, così viene mandato a Potenza. Qui, dopo 10 presenze, passa alla Juve Stabia. Nonostante una grande stagione non riesce ad evitare la retrocessione dei suoi in Seconda Divisione. Mentre si batte alle pendici del calcio professionistico arriva però la grande chiamata. A Gennaio del 2010 è ingaggiato dal Torino. In breve tempo diventa un punto fermo dell’undici granata. Cambiano gli allenatori, ma D’Ambrosio titolare è sempre una costante. E non gli manca neanche il vizio del gol, visto che ne ha già segnati 10. Fino ad ora sono ben 113 le presenze con i granata, 8 in questa stagione. Mica male, per uno che ormai dalle parti di Torino è considerato una bandiera granata. E la sua ascesa potrebbe continuare. Recentemente lo stesso ds del Napoli Riccardo Bigon ha mostrato apprezzamento per il calciatore, così come Cesare Prandelli sembra averlo rivalutato, tanto che si parla di lui in ottica Nazionale. Chi sa se l’anno prossimo D’Ambrosio vestirà d’azzurro, quello più scuro dell’Italia, ma anche quello più chiaro del Napoli.
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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