Genova – Sinisa Mihajlovic è un allenatore tutto campo e albergo, visto che da quando è arrivato a Genova ha scelto come propria residenza un hotel di Carignano. E Via Corsica è diventata la sua Genova. «Se avessi qui la mia famiglia starei in un appartamento. Ma da solo… non sapendo, o non volendo, cucinare, stirare, pulire, per me è più comodo così. Se dovessi fermarmi altri dieci anni alla Samp, e sempre senza famiglia, continuerei a stare qui».
Trecento allenamenti circa, 36 partite di campionato, e vi giocate tutto in due.
«Con la Lazio, da calciatore, ho vinto e ho perso uno scudetto in una partita sola. Sono esperienze che ti rimangono. Raggiungere il tuo obiettivo dipende dal carattere, dalla personalità della squadra. Devi conoscerne profondamente gli equilibri. Sapere se devi agire sull’orgoglio o infondere tranquillità. Tutti avrebbero firmato a agosto per trovarci oggi dove ci troviamo. Ecco, semmai quello che non vorrei è che il nostro cammino fosse diventato una cosa dovuta, normale. Chi sa di calcio sa, quanto lavoro, quanto sacrificio, quanta applicazione ci vogliono per arrivare a questo punto. Restano due partite».
Cosa le ha insegnato questo campionato?
«Sotto il profilo del gioco puro, direi che nel calcio tutto è più o meno ripetibile. Lì quello che devi fare è non ripetere gli errori. Io sono un maniaco del dettaglio, uno che non si arrende mai, sto andando all’inseguimento delle partita perfetta, anche se so che non esiste. Perché c’è sempre qualcosa da migliorare, tatticamente o tecnicamente. Vale anche per i miei giocatori. Farli crescere come uomini è mio compito. Renderli responsabili, consapevoli. Tenerli in tensione, fargli cambiare l’obiettivo in corsa. Da questo punto di vista, questa stagione è stata intensa».
Perché non ha mai parlato di quella scrittura privata, rinnovo di contratto a salvezza acquisita?
«Era importante che ne parlassi? A me non sembrava. Non ho mai parlato di durata di contratti. Poi bisogna comunque essere in due per andare avanti. E a uno dei due può anche non andare più bene. Io ad esempio mi pongo degli obiettivi e se non li raggiungo posso decidere di andare via, anche se ho ancora un contratto. Questo è il mio carattere. E i soldi, sono l’ultimo dei miei pensieri».
Si dice che la prossima Samp sarà meno forte di quella attuale, sulla carta. Chiederà garanzie?
«Sì. Se dovessi restare, sì. Io sono un allenatore da progetto. Ripeto, non ci saranno mai problemi di soldi. Prima viene il progetto, che cosa vuoi fare, ambizioni e obiettivi, poi tutto il resto».
Fonte: Secolo XIX
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