Da Scampia a Suwon. Ne ha fatta di strada Rolando Mandragora. E il 21 giugno sarà lui a guidare l’Italia Under 20 nella gara inaugurale del Mondiale contro l’Uruguay in Corea del Sud. Da capitano. Così come ha fortemente voluto tutta la delegazione azzurra. Alla faccia dell’infortunio al piede che l’ha tenuto ai box praticamente per un anno.
«Speriamo tutti che questa occasione con l’Under 20 sia per lui quella della consacrazione», racconta mamma Flora con la voce a metà tra l’orgoglio e l’emozione. Perché quella di Mandragora è una favola con il classico lieto fine. Venuto fuori da un quartiere difficile come quello di Scampia, ha saputo alzare la testa grazie al calcio, quello che in casa ha imparato a giocare fin da piccolissimo grazie agli insegnamenti del papà Giustino e dello zio Bruno, entrambi da sempre in questo mondo.
E in Corea del Sud, infatti, ci sarà anche il padre che raggiungerà Rolando per le prime due gare del girone iniziale. «Poi magari potrei decidere di restare se le cose si dovessero mettere bene», aggiunge. Con un sogno, ovviamente. «Vederlo alzare la Coppa del mondo proprio come Cannavaro nel 2006 con l’Italia di Lippi».
Non sarà l’unico napoletano della spedizione guidata dal ct Evani. Con Mandragora anche Panico, Pezzella e Bifulco, unico calciatore di proprietà del Napoli, in forza al Carpi.
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