Ci sono treni che nella vita passano una sola volta. Devi essere bravo a prenderli, a volte anche al volo. Ma nessuno mai dice che la parte difficile è restare su quel treno, evitare di scende alla prima fermata. La storia di Roberto Donadoni, il Donadoni allenatore in particolare, è fatta di treni. Treni presi, ma abbandonati troppo presto. Quanto a fare la differenza è un rigore, un palo, un gol preso all’ultimo minuto. La bravura dell’allenatore in particolare, e dell’uomo in generale, certe volte è anche quella di continuare a piedi, fino alla prossima stazione. Perchè forse c’è sempre un altro treno pronto a passare. E se il treno non c’è te la puoi fare a piedi.
Diligente centrocampista bergamasco, una carriera iniziata all’Atalanta, decollata nel Milan e conclusasi tra America e Medio Oriente. Tanti i trofei vinti con la maglia rossonera, in quel Milan di fine anni ’80 ed inizio anni ’90 capace di dominare in Italia e far tremare l’Europa. Eppure già allora, con la maglia dell’Italia, Donadoni ebbe i primi segnali di quello che sarebbe stato il suo futuro da allenatore. Un susseguirsi di treni presi e poi persi per un dettaglio. La semifinale di Napoli contro l’Argentina con quel rigore sbagliato in un’atmosfera surreale che costò all’Italia l’addio alla finale nel Mondiale casalingo. Come pure la sfortunata spedizione ad Usa ’94. Ad un soffio dal tetto del mondo, un soffio chiamato rigore di Roberto Baggio.
Preludio di ciò che sarebbe stata la sua carriera di allenatore. Si può riassumere così: l’alleantore giusto nel momento sbagliato. Dopo Lecco, Genoa e un prima parentesi a Livorno, Donadoni sale alla ribalta come tecnico proprio nella sua seconda esperienza in amaranto. Subentra a Colomba, trova una squadra in difficoltà e la porta nella parte sinistra della classifica (con Cristiano Lucarelli capocannoniere con 24 reti). L’anno successivo il Livorno stupisce tutti. È 5° in classifica, ma ecco che Donadoni deve scendere per la prima volta dal treno. Dissidi con Spinelli e tanti saluti alla squadra.
Ora tocca camminare fino alla prossima stazione ed aspettare un nuovo treno. E stavolta il treno si chiama Italia. C’è solo un piccolo problema: gli azzurri hanno appena vinto il Mondiale e non è facile prendere una squadra ancora ubriaca del trionfo di Berlino e ripetere le gesta del CT precedente, un certo Marcello Lippi, mica l’ultimo della classe. Donadoni per tutti i due anni da commissario tecnico soffre i paragoni con l’illustre predecessore. “Eh, ma Lippi” e il leitmotiv che accompagna la cavalcata dell’Italia a Euro 2008. Donadoni riesce comunque a qualificarsi e, un po’ col rutto della cuffia, a portare l’Italia anche ai quarti eliminando la Francia. Implacabilmente però il treno si ferma di nuovo. Davanti all’Italia c’è la lanciatissima Spagna. Donadoni imbriglia gli iberici per 120′, ma la lotteria dei rigori lo condanna. Addio europeo e addio panchina dell’Italia.
C’è un altro azzurro per lui, quello più chiaro del Napoli. De Laurentiis lo vuole per sostituire Reja in un periodo in cui al Napoli mancano gioco e risultati. Subentra nelle ultime dieci di campionato, ma la rotta non si inverte. Il Napoli chiude in modo anonimo la stagione ma c’è fiducia per il nuovo anno. De Laurentiis spende, compra Quagliarella e Cigarini e attorno a Donadoni e al suo Napoli cresce l’attesa. Ma la realtà delude le aspettative. Inizialmente il Napoli fa intravedere qualche barlume di gioco, ma la sorte e avversa. Poi neanche più l’ombra del gioco. Caro Donadoni l’avventura a Napoli per te è finita!
Riparte da Cagliari, salvezza il primo anno, esonero poco prima dell’inizio della stagione successiva, sempre per divergenze con la presidenza. Carriera che, sebbene sembrasse decollare con Italia e Napoli, si stava avviando verso l’anonimato. Ma ecco l’ultimo treno, quello che veramente passa una sola volta, e che non puoi permetterti di perdere o di abbandonare: il Parma.
A Parma Donadoni fa un piccolo miracolo, porta la squadra in Europa League. Sembra la svolta definitiva per la sua carriera e invece la sfortuna è dietro l’angolo. Donadoni non andrà mai in Europa League. Il Parma è finanziariamente un colabrodo. Ghirardi ha nascosto tanta di quella polvere sotto il tappeto che alla fine è esplosa l’intera stanza. Sull’orlo del fallimenti per un’intera stagione, senza gli stipendi pagati, Donadoni mantiene la schiena dritta. Stavolta il treno non lo perde, non scende e non se la fa a piedi. Decide di spingerlo quel treno e di portarlo in stazione. La stagione del Parma è un disastro ma Donadoni riesce quanto meno a salvare l’orgoglio dei ducali.
A fine stagione è addio, Donadoni lascia Parma che riparte dai Dilettanti. Si riprende a camminare fino alla prossima stazione. Qualche settimana fa la chiamata: Bologna in difficoltà. Tanti soldi spesi sul mercato e pochissimi risultati. La dirigenza pensa a lui, lui accetta. C’è sempre un altro treno ad aspettarti e stavolta Donadoni non ha veramente voglia di scendere.
A cura di Giancarlo Di Stadio
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