Immaginate di essere un agente Fifa. Scartoffie, giocatori da piazzare, club da accontentare. E poi esigenze da comuni mortali, come fare qualche lavoretto in casa perché vostra moglie o la vostra ragazza vi ha stressato fino alla noia col fatto che vuole cambiare arredamento. Cosa fate? Chiamate un muratore, possibilmente uno di quelli che non si prende tanto, e fra un muro da buttare giù, un soppalco da rifare e un caffè gentilmente offerto da voi capita anche di scambiarci due parole.
“Lei che lavoro fa?”
“Il procuratore”
“Mio figlio gioca a calcio, è anche abbastanza bravo”
“Davvero? Quanti anni ha?”
“Dieci”
“Un po’ piccolo, ne riparliamo tra quattro anni!”
E’ il 2004, il muratore si chiama Gzim Hysaj, il procuratore Marco Piccioli. Ed è in quel preciso istante che inizia la storia calcistica di Elseid Hysaj, il figlio di Gzim. In realtà per capire a pieno l’incredibile serie di eventi che ha portato a quell’incontro dobbiamo tornare indietro di 10 anni, al 1994. Attraversiamo l’Adriatico e andiamo in Albania. Qui, dopo decenni passati sotto la dittatura di Enver Hoxha, l’Albania sta vivendo una difficile fase di transizione. L’intera zona dei Balcani è percorsa da gravi conflitti etnici e la caduta del muro di Berlino se da un lato ha portato la democrazia anche ad Est dall’altro ha creato una schiera di nuovi poveri pronti a cercare fortuna (e una vita migliore) nei paesi occidentali.
Gzim è tra questi. L’Albania vive una fase di grave instabilità politica e crisi economica e sono in molti a tentare di raggiungere l’Italia attraversando l’Adriatico. Nel ’94, pochi mesi dopo la nascita del figlio Elseid, Gzim prende la decisione che cambierà per sempre la vita sua e soprattutto di suo figlio. Decide di pagare uno dei tanti scafisti senza scrupoli che “vende” un passaggio per l’Italia. O meglio vende un’illusione, quella di una vita migliore.
La vita è dura dall’altra parte del mare. La lontananza dalla famiglia si fa sentire, così come la precarietà di un’esistenza spesa tra un lavoro sottopagato e il costante malcelato razzismo della gente. Gzim fa praticamente di tutto, qualsiasi lavoro gli capiti, qualsiasi lavoro gli permetta di mandare soldi in Albania e aiutare sua moglie e suo figlio. Anche il muratore, soprattutto il muratore. Ed è in questo momento che, in uno dei tanti lavori per le case della gente, incontra Marco Piccioli.
E torniamo all’inizio della nostra storia…
“Un po’ piccolo, ne riparliamo tra quattro anni!” Ci eravamo lasciato così. I quattro anni passano e Gzim ricorda a Piccioli quella promessa. “D’accordo, facciamo fare un provino al ragazzo” avrà pensato l’agente. Male che va lo scartano, nella migliore delle ipotesi il ragazzo veramente è un talento e può sfondare.
Organizzato il provino Hysaj impressiona la Fiorentina. I Viola restano colpiti dalle qualità del quasi 15enne e vorrebbero tesserarlo. Ci sono però problemi burocratici e l’accordo sfuma. Fine della storia? Per niente. In questo preciso istante compare l’Empoli. Sono loro infatti a tesserarlo e ad aggregarlo col settore giovanile.
Da lì in poi una scalata fino in prima squadra. Nel 2012, ad appena 18 anni diventa titolare in pianta stabile nell’undici di Sarri. Play-off e promozione sfumata. O meglio, promozione rimandata. Perché l’anno successivo arriva la grande cavalcata, promozione diretta. E l’anno ancora dopo l’esordio in Serie A, a soli 20 anni. E non parliamo certo di una toccata e fuga, visto che Hysaj colleziona ben 36 presenze in massima serie.
Bella storia, a cui però manca l’ultimo capitolo. Un capitolo molto probabilmente scritto in un caldo pomeriggio di fine luglio. Napoli ed Empoli sedute ad un tavolo a parlare di mercato. E l’ex allenatore Sarri che, neanche tanto velatamente, spinge per riaverlo alle sue dipendenza. A breve tutto potrebbe essere concluso e le firme, nero su bianco, messe sui contratti. Nel frattempo immagiamo i due Hysaj, padre e figlio, Gzim e Elseid seduti ad aspettare la chiamata con l’annuncio: “E’ fatta, sei un giocatore del Napoli!”. Un po’ di ansia, mitigata dalla compagnia e dalla saggezza di Gzim, uno che la sa lunga, che ha attraversato il mare per dare al figlio una vita migliore. “Abbiamo aspettato quattro anni per quel provino, che vuoi che siano un paio d’ore di attesa in più”
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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