È uno che ammette che partecipare non serve, che il calcio non deve avere né troppe chiacchiere e neppure tante teorie, ma essere quello che i grandi vecchi come lui ripetono: «Cuore, polmoni,coraggio, un po’ di testa e tante gambe». Javier Clemente, 64 anni, el rubio de Barakaldo, periferia industriale di Bilbao, allenatore basco della Spagna nella fatidica disfatta con gli azzurri, nei quarti di finale dei Mondiali di Usa 1994, non crede alla «suerte» né ai sortilegi, né miracoli: «Il Napoli è più forte, lo sanno tutti a Bilbao. Ma noi baschi abbiamo orgoglio, dignità, passione. Quindi passa l’Athletic». Ex giocatore, attuale ct della Libia, ha guidato l’Athletic nell’ultima Liga vinta, quella del 1984. C’era lui in panchina quando il suo Goikotxea spezzò tibia e perone a Maradona che giocava nel Barcellona. Non solo uno dei più grandi allenatori si Spagna, ma anche uno che, per intenderci, è stato iscritto al partito nazionalista basco.
Dunque, non vincono sempre i più forti?
«Vincono quelli più bravi. Che spesso hanno la maglia dell’Athletic, soprattutto quando la gara decisiva si gioca al San Mamés».
La Catedral, il leone come simbolo a spaventare tutti. Ma i gol li fanno i giocatori?
«Nessuno può capire lo spirito del San Mamés. Nessuno può sapere che significa indossare quella maglia bianco rossa e giocare davanti al proprio pubblico. E come se fosse una partita della nazionale, ogni giocatore sa di rappresentare non solo se stesso, ma un popolo intero».
Il Napoli di italiano ha poco… sono tutti campioni che arrivano da tutto il mondo. Pensa che non siano abituati a giocare su campi simili?
«Ho girato il mondo, ho allenato e giocato ovunque. Ma la compattezza, l’orgoglio e l’anima del popolo basco si ritrovano nell’atmosfera che si respira in quello stadio prima e durante la partita. Un clima che non è uguale a nessun altro al mondo».
Ma le pare che a Higuain, reduce da una finale di campionato del mondo, possano tremare le gambe?
«Gli tremano, sicuro. Solo che lui sa cosa lo aspetta, perché a Bilbao con il Real è venuto spesso a giocare e magari spiegherà anche ai suoi compagni l’atmosfera che incontreranno domani sera».
L’esperienza internazionale di Benitez può incidere su questo match?
«Rafa è molto bravo, ha dimostrato tutto il suo valore prima in Spagna e poi in Inghilterra. Ha vinto una Champions e non sono tanti gli allenatori che possono vantare questo traguardo. Gioca un calcio molto coraggioso e offensivo, è intelligente ma sa che quando la squadra più forte scende sul terreno di gioco del San Mamés deve avere cuore e testa perché la qualità, da sola, non basta».
Valverde può riportare l’Athletic in alto come quando c’era lei negli anni ’80?
«Sta facendo un ottimo lavoro. Penso che passare il turno di Champions, arrivare alla fase a gironi, possa essere un passo importante. A Bilbao c’è una grande attesa, è un appuntamento storico. Quasi come la finale di Europa League conquistata da Bielsa due anni fa».
Chi deve temere di più Valverde?
«Senza dubbio Callejon. Lo ho affrontato spesso, è temibile perché è imprevedibile: quando pensi che stia per fare una cosa, ne fa un’altra; quando pensi di averlo fermato, lui inventa qualcosa per metterti in difficoltà. E poi segna tanto. In Italia lo scorso anno è stato davvero insuperabile».
Tiriamo le somme: chi passa il turno?
«L’Athletic. Ma soffrendo. Perché il Napoli è una delle squadre emergenti d’Europa. E di certo non uscirà dall’Europa senza provarle tutte per ribaltare il pareggio dell’andata»
Fonte: Il Mattino
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