È il centravanti inesistente. Non fa gol da 9 partite, compresa la Champions League: ultima rete il 6 novembre, al Paris St.Germain. Una infinità. Lorenzo Insigne negli ultimi tempi lo vedi poco e non lo avverti tanto: il suo 2018 va in archivio nel peggiore dei modi, senza un gol e con un cartellino rosso irritante, per uno scatto d’ira che non può essere accettato e per cui, per regolamento interno, sarà anche essere multato. Due giornate di squalifica, salterà il Bologna e poi anche la Lazio, subito dopo la sosta. Il giudice sportivo ha applicato alla lettera il regolamento. Tornerà proprio a San Siro, sul luogo del delitto, con il Milan il 26 gennaio.
La vita degli attaccanti è particolare: perché poi un giorno di colpo si scatenano, entrano in area e risolvono tutto in un attimo. Mica a Insigne è la prima volta che capita di finire sull’orlo del baratro di un digiuno prolungato. Macché. Nello scorso campionato, tra il 26 novembre e il 18 febbraio, ha segnato appena un gol in 12 partite. E anche allora, come adesso, Sarri neppure per un istante lo ha messo in discussione. Esattamente, la stessa strategia di Ancelotti. Il gol che non arriva, le prestazioni deludenti, il cartellino rosso, il senso di ingiustizia. Ecco perché all’uscita dagli spogliatoi di San Siro Insigne è sembrato a pezzi, prostrato nell’animo, a dir poco sconfortato. Insigne sono due mesi che si nasconde e meno male che in ogni caso il Napoli a segno ci va lo stesso e la squadra azzurra ha il secondo miglior attacco della serie A proprio dietro alla solita Juve. Ancelotti non lo molla: gli ha concesso di tirare il fiato contro il Cagliari, ma con Carletto ha sempre giocato.
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