Marco Fassone, ex dirigente di Napoli e Juventus, ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport
Fassone, cosa le porta alla mente Juventus-Napoli?
«Tanti bei ricordi perché nella parte della mia vita dedicata al calcio Juve e Napoli occupano 9 stagioni ricche di esperienze ed episodi positivi».
La sua avventura alla Juventus è stata più lunga, dal 2003 al 2010.
«Sono arrivato dopo che la società bianconera e i dirigenti del Comune avevano firmato il contratto di acquisizione dei diritti di superficie dello stadio Delle Alpi per 99 anni. Nel club fu costituita una divisione dedicata al progetto del nuovo stadio e io dovevo guidarla. La Juve era una realtà fortissima e lì ho imparato tanto prima lavorando sullo stadio, poi nel marketing e nelle vendite».
Erano gli anni pre-Calciopoli in cui i bianconeri dominavano.
«L’ultima stagione di Lippi (2003-04, ndr) e le due di Capello (2004-06, ndr) sono state molto intense e belle sotto il profilo dei risultati. La Juventus aveva un organico super e non a caso nella finale dei Mondiali del 2006 scesero in campo 8 nostri giocatori».
Poi però arrivò Calciopoli…
«Quando racconto i 4-5 pilastri della mia storia professionale, non mi dimentico mai di citare Calciopoli perché dopo la retrocessione a tavolino ho dovuto gestire una crisi profonda e inaspettata. Passammo dall’essere i dirigenti più forti e più bravi in circolazione a quelli che andavano dai loro partner commerciali per convincerli a restare. Lo facemmo con un po’ di preoccupazione e di ansia, ma andò bene».
Vedendo lo Juventus Stadium adesso cosa prova?
«Sono orgoglioso perché questa opera ha occupato tantissimo del mio tempo. Nei primi anni mi dedicavo solo a quello, poi le mie competenze sono state aumentate. Lo Stadium è figlio di due progetti diversi, il primo interrotto nel 2006, ma è un impianto molto bello e azzeccato».
Dopo Calciopoli ha lavorato con Andrea Agnelli. Com’è come presidente?
«Molto bravo e per lui parlano sia i numeri sia i trofei vinti. Ha dato alla società una continuità importante di risultati e di ricavi. La Juventus con Agnelli dà la sensazione di essere una macchina solida e rodata».
Qual è la dote principale di Agnelli?
«E’ un grande lavoratore: arriva in un ufficio presto e va via tardi. E’ molto pragmatico e ha saputo coniugare con abilità il nome importante che porta con la sua grande passione juventina».
Qual è invece la dote migliore di De Laurentiis?
«La capacità di prevedere quello che succederà».
E’ stato più complicato lavorare con De Laurentiis o con Agnelli?
«Lavorare con De Laurentiis non è stato semplice perché De Laurentiis va capito rapidamente: con lui devi adattarti a un presidente molto operativo anche sulle piccole cose. A Torino il rapporto con la proprietà c’era in occasione dei cda o delle grandi decisioni da prendere, mentre a Napoli il contatto era quotidiano, magari anche solo per decidere della rizollatura dei campi perché De Laurentiis segue tutto in prima persona».
Come è stata l’esperienza al Napoli?
«Molto bella e molto diversa rispetto a quella alla Juve. De Laurentiis per primo mi ha dato la possibilità di avere una direzione generale e di allargare le mie competenze. Poi è inevitabile che le differenze ci fossero perché le strutture dei due club erano diverse. La Juve è molto simile alla grande industria italiana, il Napoli alla piccola-media impresa, ma si tratta comunque di due modelli di successo».
Se guarda adesso Juventus e Napoli, dove rivede più del lavoro di Fassone?
«Inevitabilmente nella Juventus perché lì sono stato 7 stagioni, mentre a Napoli solo un paio. A Torino prima di tutto c’è lo stadio del quale ho coordinato i lavori, ma c’è anche una direzione commerciale guidata da uno dei ragazzi cresciuti con me (Giorgio Ricci, ndr) grazie ai modelli di riferimento ereditati da Romi Gai. A Napoli ho avuto meno tempo: le idee che volevo portare avanti, come per esempio il nuovo stadio o un centro sportivo, non ho avuto tempo di svilupparle perché nel 2012 scelsi di cambiare e di sposare il progetto Inter».
Visto il repentino addio dello scorso settembre, si è pentito di aver detto di sì a Moratti?
«Non ho rimpianti e non credo di aver sbagliato. Quella all’Inter è stata un’avventura complicata che mi ha dato tanto e mi ha arricchito. A volte le cose vanno bene, a volte no, ma ho buoni ricordi».
Che partita sarà Juventus-Napoli?
«Bella perché si affronteranno le due squadre che giocano il più bel calcio d’Italia. Non mi aspetto un match iper tattico e per questo prevedo che ci saranno spettacolo e gol. Magari finirà in pareggio».
Da dirigente quali operazioni di mercato legate a Juve e Napoli avrebbe voluto concludere?
«Tra i giocatori della Juve sicuramente Dybala. All’Inter avevamo provato la scorsa estate ad acquistarlo, ma non ci siamo riusciti: è un calciatore che ai bianconeri darà grandi soddisfazioni. Tra i calciatori del Napoli dico… Cavani. Non c’è più, ma De Laurentiis e Bigon hanno avuto una grande intuizione a portarlo a Napoli per una cifra bassa e rivendendolo per oltre 60 milioni».
Il calcio italiano secondo lei va verso un duopolio Juventus-Napoli?
«Non credo perché mentre per la Juve é normale lottare per il titolo, in virtù delle sue dimensioni e della sua ricchezza economica, il Napoli oggi sta compiendo un’impresa grandiosa ma eccezionale. In futuro immagino che le due milanesi e la Roma, risolti i loro problemi attuali, torneranno a recitare un ruolo di primissimo piano».
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