«Daniele De Santis agì per legittima difesa, e per questo va assolto». Giunto ormai alle battute finali, il processo che si celebra in Corte di Assise a Roma per l’omicidio di Ciro Esposito registra l’arringa del difensore di «Gastone», l’ultrà romanista che il pomeriggio del tre maggio 2014 sparò con una pistola verso un gruppo di tifosi azzurri appena giunti a Tor di Quinto per poi raggiungere a piedi lo Stadio Olimpico dove si sarebbe celebrata la finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli. Riflettori puntati sulla difesa, rappresentata in aula dal difensore di «Gastone», l’avvocato Tommaso Politi. Nell’udienza precedente a parlare erano stati i pubblici ministeri capitolini Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio, i quali hanno chiesto la pena dell’ergastolo per l’ultrà giallorosso imputato. Il suo difensore ha parlato per oltre un’ora e mezza, ieri, spiegano a giudici popolari e togati le ragioni per le quali il suo assistito non va condannato.«Siamo in presenza di un episodio imprevisto ed imprevedibile», ha spiegato il penalista introducendo la fase dei momenti più drammatici che quel pomeriggio si svolsero nei pressi di un circolo ricreativo abitualmente frequentato da De Santis e da altri ultrà romanisti». «La pistola con cui Daniele De Santis ha fatto fuoco – ha proseguito il legale – non era sua perché non aveva armi con sé. Per lui chiedo l’assoluzione per legittima difesa». Nel corso dell’arringa Politi ha affermato che «De Santis era già in fin di vita quando venne raggiunto, nel vialetto di accesso al Ciak Village, dal gruppo di tifosi del Napoli di cui faceva parte Ciro Esposito. Era gravemente ferito ad un piede e raggiunto da coltellate». Per il difensore «Gastone» «aveva cercato di fuggire e mettersi in salvo chiudendo il cancello del Ciak Village».La difesa del romanista insiste dunque, puntando tutto sulla ricostruzione fatta dallo stesso De Santis davanti ai giudici. Il quale continua a sostenere di essere stato aggredito, aver cominciato a fuggire e preso bastonate e alcune coltellate. Ho esploso io i colpi di pistola ma quell’arma non l’ho portata io, ce l’aveva un tifoso del Napoli, non però appartenente al gruppo di cui faceva parte Esposito». Nel processo sono anche intervenute le parti civili rappresentate dagli avvocati Angelo e Sergio Pisani, che rappresentano la famiglia del povero Ciro Esposito. «Chiediamo ad alta voce l’ergastolo per De Santis – ha esordito Angelo Pisani – e non lo chiediamo per furia giustizialista, ma per amore e rispetto dei valori. Sappiamo bene che la condanna non ci restituirà Ciro. Ma chiediamo che per una volta, in questo paese, chi ha ammazzato paghi».Parole durissime erano state pronunciate anche dai banchi dell’accusa. «L’azione di Daniele De Santis – ha dichiarato il pubblico ministero Eugenio Albamonte – è un unicum nella storia degli scontri calcistici del nostro Paese e cade in un ambito diverso di aggressività rispetto agli scontri tra ultras con mani, bastoni, sassi, eventualmente anche coltelli ma mai per provocare ferite mortali». Il suo collega Antonino Di Maio ha invece sottolineato che «De Santis non ha agito da solo ma in maniera preordinata con altri sei individui purtroppo non identificati, con una studiata aggressione al pullman dei napoletani. Ma è rimasto travolto dalla risposta dei tifosi aggrediti che non pensava così numerosi. De Santis ha sparato puntando l’arma contro Ciro Esposito e gli altri napoletani non alla cieca come vuole farci credere, poteva essere una strage». A «Gastone» non viene contestata la premeditazione perché non conosceva Esposito e in punta di diritto il bersaglio dei suoi spari era dunque ignoto. «Non sarebbe serio giuridicamente contestare questa aggravante ma la valutazione del dolo deve essere comunque massima per il fattore psicologico che ha portato a precostituire una situazione di rischio», hanno concluso i pm.
Fonte: Il Mattino
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