Castello di Cisterna, o “castelcisterna” come erroneamente è chiamata da molti, è un piccolo comune dell’entroterra napoletano. Conta circa 7500 abitanti, qualche bar, pochi negozi, e diverse piccole attività. Più che altro è considerata una costola della vicina Pomigliano d’Arco che, col suo stabilimento Fiat, ha per anni dato lavoro alla quasi totalità delle famiglie della zona. Ed è proprio da un operaio che, in quel di Castello di Cisterna, nel 1974 nasce Vincenzo Montella.
E’ uno dai tanti ragazzi napoletani, di quelli che non vedono l’ora che arrivi il pomeriggio per scendere in strada a giocare a pallone. E d’altronde a Castello di Cisterna non c’è molto altro da fare. La cittadina ha però una particolarità che condivide con la vicina Pomigliano. Una scuola calcio, affiliata con l’Empoli. Non è una scuola calcio normale, come tutte quelle che popolano i paesini dell’hinterland napoletano. No, questa scuola calcio è una vera e propria fucina di talenti. Castello di Cisterna e Pomigliano hanno una popolazione complessiva di meno di 45mila abitanti. Eppure da quella scuola calcio, nel giro di un decennio, uscirà il meglio della leva calcistica campana degli anni ‘70. Antonio Di Natale, Francesco Lodi, Nicola Caccia e Vincenzo Montella. Tutti partono da lì, tutti passano giovanissimi all’Empoli. E da Empoli verso il calcio che conta.
Pomigliano e Castello di Cisterna non sono più conosciuti solo per quello stabilimento Fiat, creato con i soldi della Cassa del Mezzogiorno e dato agli Agnelli per dare una parvenza di industrializzazione ad un territorio altrimenti depresso. Non sono più luoghi dove l’industria automobilistica italiana può attingere, con sgravi ed aiuti da parte dello stato, ad una manodopera a basso costo. No, diventano anche luogo dove fioriscono giovani calciatori. E questi calciatori spiccano il volo, nel vero senso della parola. Vincenzo Montella in particolare lega la sua fortuna alla metaforica immagine dell’aeroplanino, col suo modo di esultare. Lo fa alla Samp, al Genoa, e soprattutto alla Roma. Quella Roma di Fabio Capello, capace di spezzare, assieme alla Lazio, la dicotomia Juve-Milan che stava fossilizzando il calcio italiano da un decennio. Con la maglia giallorossa segnerà la bellezza di 103 gol, vincendo uno Scudetto e una Supercoppa italiana. Nel mezzo anche una parentesi inglese al Fulham e un secondo ritorno alla Samp, sempre esportando quell’aeroplanino, ormai suo marchio di fabbrica.
Grande giocatore e … grande allenatore. Si, perché una volta appese al chiodo le scarpette Montella si cimenta con successo anche nella professione di allenatore. Prima alla giovanili della Roma, poi in prima squadra, arrivando anche a sfiorare un’impensabile qualificazione in Champions. La nuova proprietà americana però non crede in lui e gli preferisce Luis Enrique (sappiamo tutti come andrà a finire). Montella non si scoraggia e riparte da Catania. Qui, assieme al suo concittadino Francesco Lodi, centra uno storico undicesimo posto, dopo aver lottato per buona parte della stagione anche per un piazzamento Europeo. È il momento di una grande, e l’occasione arriva dalla Fiorentina. Squadra completamente nuova, con i Della Valle che non badano a spese per costruire una squadra secondo la volontà del tecnico. Centrocampo di qualità, con Borja Valero, Aquilani e Pizarro e difesa solida con l’innesto di Gonzalo Rodriguez. Gioco offensivo e grande corsa sugli esterni, grazie all’esplosione di Cuadrado. Il primo anno è quarto posto, dopo aver a lungo stazionato in terza piazza. Una mancata qualificazione Champions, condita dalle innumerevoli polemiche col Milan.
Un furto! Così viene visto a Firenze quel mancato terzo posto. E quest’anno stesso obiettivo, ma molta sfortuna. Prima ko Gomez, poi Rossi. E Montella che è costretto a ripiegare su Matri e Wolski che, con tutto il rispetto, non è la stessa cosa. Nonostante ciò un quarto posto in campionato, un ottavo di finale in Europa League e una finale di Coppa Italia. Non male. E il destino vuole proprio che sia il Napoli, la squadra della sua terra, ad essere l’avversario sia per il terzo posto che per la Coppa Italia. Incroci che rendono speciale il calcio. Con lo stesso Montella che non ha mai nascosto il profondo legame che c’è ancora tra lui e la sua vecchia città. Come quando si espresse pubblicamente contro la chiusura della Fiat di Pomigliano, ritenendola, a ragione, una tragedia per una zona che ha, nello stabilimento automobilistico, la principale fonte di reddito. E non è neanche un caso che il suo nome sia stato tra i più gettonati per il dopo-Mazzarri. Una chiacchierata c’è stata. Ma assieme ad esse la volontà di voler concludere il progetto iniziato a Firenze. Per adesso il San Paolo lo assaporerà, ancora una volta, da avversario. Poi, un giorno, chi sa. Forse l’aeroplanino spiccherà di nuovo il volo per tornare a Napoli.
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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