Un premier accerchiato. Dalle regioni del Nord, a partire dal Veneto, che vogliono accelerare i tempi della fase 2. Dall’opposizione che non molla la presa, e ieri c’è stata la manifestazione di Fratelli d’Italia sotto le finestre di Palazzo Chigi. E poi c’è il fuoco amico della sua maggioranza: da Pd a Italia Viva le stoccate si susseguono ogni ora. Giuseppe Conte in tour nei territori più colpiti dal coronavirus – con la mattinata passata a Genova per il nuovo ponte – prova a troncare e sopire. Ma il caos generato dall’ultimo Dpcm che entrerà in vigore il 4 maggio non abbandona mai il premier. Anche perché il Veneto continua a spingere: «Non escludo altre ordinanze», annuncia il leghista Luca Zaia, a proposito della possibilità che si allarghino di nuovo le maglie. Come nel caso per esempio delle messe. Una fuga in avanti che trova però lo stop del ministro Francesco Boccia. Il responsabile degli Affari regionali risponde a Zaia, ma manda un messaggio a tutti quei governatori che pensano di muoversi in autonomia, complice il caos normativo di queste ore: «Chi sbaglia si assumerà la responsabilità dell’aggravamento della condizione sanitaria del proprio territorio. Il governo, come ha fatto nella prima fase, continuerà ad indicare la rotta alle Regioni, con linee guida entro cui muoversi». Ma la gara a getta l’ordinanza più lontano che puoi ormai è partita. In Puglia, Michele Emiliano darà il via libera agli spostamenti regionali per la pesca amatoriale e la riparazione di imbarcazioni da diporto (da oggi) e la manutenzione delle seconde case (dal 4 maggio).
Accelerazioni anche sul cibo da asporto (e non è l’unica regione). Ormai è così ovunque: dalla Marche al Trentino. E anche Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, ammette: «Non possiamo continuare a tener chiuso il Paese». Sempre Boccia fa trapelare un’altra novità: dal 18 maggio ci saranno concessioni e dunque aperture differenziate a seconda dei territori. E dunque a fare la differenza sarà l’ormai famoso indice di contagio R0. Un modo per placare i malumori di chi vive in territori con una curva epidemiologica molto bassa, ma anche una prospettiva che porterà di fatto a un nuovo Dpcm. E quindi altre polemiche. In questo braccio di ferro Conte prova ad alzare la voce: «Chi sbaglierà pagherà». Riferendosi cioè alle Regioni che dal 4 maggio potrebbero veder risalire il numero dei malati di Covid-19. In questo scenario Conte passa la seconda giornata lontano dalla Capitale cercando di rispondere alle critiche dei sindaci dei Comuni dove scattarono le prime zone rosse: «È stata una grande sfida, mai avvenuta dal dopoguerra», dice. Intorno al presidente del Consiglio c’è una maggioranza che inizia – eccetto il M5S – a dare segnali di insofferenza. Matteo Renzi (e tutta Italia Viva) lo accusa di «non rispettare la Costituzione, di negare la libertà, di non sottoporsi da tempo a un voto delle Camere». Renzi evoca «tempi bui». Un affondo che fa il paio con le dichiarazioni della presidente della Consulta Marta Cartabia: «La nostra Costituzione non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza». Parole contenute nella relazione sull’attività della Corte costituzionale del 2019, ma che vengono subito utilizzate dai mille fronti che attaccano Palazzo Chigi.
Il Pd con il segretario Nicola Zingaretti prova a tenere la barra dritta dell’esecutivo, anche se a fine serata Andrea Marcucci, capogruppo dem in Senato, non usa mezzi termini: «Credo che Conte abbia sbagliato sul crono programma della fase due. La riapertura di bar e ristoranti il 1° giugno temo sia troppo lontana, il Dpcm scade il 17 maggio, lasciamoci lo spazio per decidere di volta in volta se ci sono margini per aprire prima». E oggi alle 12 nuovo round tra Governo e Regioni.
Fonte: ilmattino.it
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