Solo un precedente ai mondiali tra Svizzera e Argentina , nel mondiale inglese del 1966, 2 a 0 per la Seleccion nella fase a gironi con goal di Artime e Onega, la sede di quell’evento, in particolare, desta curiosità per gli appassionati di cronaca storica, siamo a Sheffield, all’ Hillsborough Stadium, famoso per la tragedia del 15 aprile 1989 dove morirono 96 tifosi in occasione della semifinale di FA Cup tra Liverpool e Notthingam Forest. Ma oggi è un’altra storia, lo stadio è l’Arena Corinthians di San Paolo, i mondiali sono quelli brasiliani, già ribattezzati come i mondiali del numero 10, quello di Messi, che cerca il quinto sigillo nel sentiero che porta ai quarti di finale, sul suo percorso la legione elvetica, la Svizzera di Ottmar Hitzfeld, leggenda del calcio a cavallo di due secoli, con le lancette in cerca dell’istante perfetto negli ultimi tratti di tempo scritti dal tedesco di Lörrach. Partita intensa più che bella, nevralgica in mediana dove Inler e Behrami colpiscono tutto ciò che è cuoio e albiceleste, specie se ha il numero 10. La novità è Lavezzi, al posto di Aguero che forse saluta tutti o forse no, che corre e rientra, cerca l’assist per Higuaìn, come Di Maria, gemello di campo, dall’altro lato del rettangolo verde, ad assister Messi tarantolato come mai, contro tre, quattro, cinque maglie rosse che combattono e lottano, a testa bassa, e ripartono con organizzazione e cura tattica, guidati dal vecchio santone di Lörrach e dal turco… napoletano con il numero 8 che è bravo a far ripartire i suoi che sono più pericolosi dei sudamericani, al 28’ con Xhaka ma Romero con una gran parata evita guai peggiori e al 39’ con Drmic, lanciato da Shaqiri, a tu per tu con l’estremo difensore argentino e la paura o l’emozione fanno si che il colpo gli resti in canna e l’Argentina si salvi ancora. L’ Albiceleste che prova a rendersi pericolosa su calcio piazzato, al 30’ con Garay, a pochi centimetri dall’impatto decisivo, per l’1 a 0, e con i soliti Messi e Di Maria che fronteggiano a testa bassa gli svizzeri che si reincarnano nella creatura mitologica Idra, ne salti uno e ne arrivano altri due. La difesa elvetica tiene e l’attacco albiceleste è troppo sterile, senza l’aiuto di Higuaìn, fantasma vagante sul prato di São Paulo. A dividere la paura dalla voglia di vincere c’è una linea sottilissima, quella del secondo tempo dove la Svizzera arretra ancora e l’Argentina spinge, aumenta i ritmi. Gli elvetici si aggrappano alle scorribande di Shaqiri che cerca ancora Drmic poco ispirato oggi, poi finalmente Higuaìn, come un tuono, al 62’ di testa, su cross di Rojo, con Benaglio che si supera deviando in angolo. E’ un’altra Argentina, più incisiva negli ultimi metri, che si aggrappa sulle spalle di Messi che come i tori vede rosso e si infiamma, il rosso della Svizzera che tiene e riparte con Inler che compone spartiti, steccando di tanto in tanto con i tori albicelesti in agguato pronti ad aggredire, accompagnato da Shaqiri negli acuti decisivi. Al 67’ è ancora Messi, come James e Dos Santos, stop di petto e tiro al volo di sinistro, 30 centimetri di troppo per la sinfonia del vantaggio, come al 78’ dove la Pulga controlla, supera tre uomini ma trova Benaglio, bravissimo ancora una volta a negare la gioia agli argentini. E’ sempre e solo Messi, contro la Svizzera e contro i suoi, che non lo assistono nel rovente spirito e nella tecnica, condizionati forse dalla Pulga che si scopre Gigante, ingombrante a tratti ma uomo in più, con gli elvetici alle corde ma ciò non basta per trovare il colpo vincente, per concludere tutto in 90 minuti. Primi 15 minuti che sono la sintesi perfetta degli altri 90, Argentina e Messi a cercare il varco decisivo e la solita Svizzera, specchio di se stessa, precisa e ordinata, che rimpalla e riparte con ordine senza pungere in maniera decisiva. Il primo brivido degli over time è al 109’, con Di Maria che cerca l’incrocio con un missile di sinistro ma è ancora una volta Benaglio, tra i migliori, a dirgli di no. Il forcing dell’Argentina è incessante e asfissiante, nella corsa del numero 7, Angel Di Maria, trascinatore nei minuti finali, con la Svizzera alle corde ma che tiene duro, con lo spiraglio dei rigori che si forma sempre più nitidamente nella mente dei rossocrociati, secondo dopo secondo, fino al 119’ dove l’immagine è stracciata, strappata, con forza da Messi e Di Maria che confezionano il goal del vantaggio che porta la firma decisiva del numero 7, il migliore in campo in fondo, nonostante Lio. Poi la follia pura e il bello del calcio in poco più di 5 minuti dove la Svizzera prova a ricostruirsi un sogno, con la testa di Dzemaili e il pallone che si infrange sul palo, sfortuna elvetica e destino albiceleste, con Di Maria che prova a segnare da metà campo con Benaglio sì in area ma in quella argentina, per provare anche lui a riagganciare i rigori, infranti per sempre dalla barriera umana della Seleccion, sul sinistro di Shaqiri che vi si infrange contro, è uno a zero e se il destino ha lasciato tracce di messaggi nel caldo pomeriggio di San Paolo troviamo parecchi indizi.
La partita degli “azzurri”
Fernandez : Così e così la partita del Flaco che soffre in campo aperto nel primo tempo le ripartenze di Shaqiri e Drmic. Meglio nel secondo dove con Garay controlla senza grossi problemi le sortite offensive elvetiche. Qualche errore di troppo in impostazione che rischia di far partire il contropiede rossocrociato.
Higuaìn : Un fantasma in quel di São Paulo fino al 62’ dove con un gran colpo di testa sfiora il goal del vantaggio, straordinario Benaglio a negargli l’uno a zero. Poi il nulla, oscurato da Messi che è ovunque e oltre, lasciando a Gonzalo briciole di prato su cui ritagliarsi il suo match, troppo poco per uno che tocca palla ogni volta che si è negli ultimi 30 metri con l’altra maglia, quella azzurra del Napoli, tessendo le trame offensive. Sicuro Pipita che la Pulga sia il tuo partner d’attacco ideale?
Inler: Cronaca di un film già visto, luci e ombre, sontuoso nei suoi ritmi, bravo a spezzare e ricucire per i suoi attaccanti, pulito e preciso ma poi, quando questi ritmi si alzano, è un altro giocatore e va in affanno contro i rapaci attaccanti argentini che aspettano ogni minima sbavatura per recuperar palla e ripartire. Ottimo il primo tempo ma va via via perdendosi con l’avanzare dei minuti, annebbiato dalla stanchezza.
Behrami: Il suo lo fa, sempre, quando c’è da portare acqua al mulino poi è sempre tra i migliori. Le solite pecche in fase di impostazione e l’idea costante che sia perfetto in un centrocampo a 3 dove il suo unico compito sia quello di recuperar palla e mandare ad altri argomenti di costruzione dell’azione. Rimpalla e contrasta tutto ciò che si muove, che sia cuoio o albiceleste.
Dzemaili: Entra al 113’, con timidezza quasi, sbaglia i primi due controlli, poi la possibilità di diventare l’uomo del destino con un colpo di testa che si infrange sul palo, al 122’, peccato per lui e per il mondiale della Svizzera.
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