Conferenza d’addio per Massimiliano Allegri che ha salutato oggi in conferenza la Juventus. Ecco le sue parole, riportate da Tuttojuve:
Momento più importante degli ultimi 5 anni?
“Buongiorno a tutti, ringrazio il presidente per le bellissime parole che ha preso. Ringrazio i ragazzi. (Pausa per trattenere le lacrime, applauso in sala, ndr). Piano piano arriviamo in fondo, con calma. I ragazzi li ringrazio per quello che mi hanno dato, tutti i gruppi di tutti gli anni perché sono stati cambiati tanti giocatori. Ci siamo tolti tante soddisfazioni, lascio una squadra vincente che ha le potenzialità per ripetersi in Italia e fare un’altra grande Champions. Quest’anno purtroppo si sono allineate cose che non ci hanno permesso di andare in fondo. Per quanto riguarda quando ho capito, abbiamo parlato, espresso i nostri pensieri, su quello che era il futuro e il bene della Juventus. Dopo la società ha fatto le sue valutazioni e ha ritenuto opportuno che l’allenatore non fossi più io. Questo però non cambia niente perché i rapporti con Andrea sono straordianri, con Paratici e con Nedved. Ho trovato una squadra straordinaria al mio arrivo, all’epoca di questo gruppo faceva parte anche Marotta, sono cresciuto molto, siamo cresciuti insieme, credo sia arrivato il momento di lasciarsi nel migliore dei modi. Sono convinto di lasciare una società solida e un gruppo di giocatori straordinari sul piano tecnico e personale. Perché per vincere oltre che giocatori bisogna essere uomini e la Juve ce li ha. Lascio un presidente straordinario, decisionista, Pavel e Nedve che ho conosciuto come ragazzi e ora stanno diventando dei diirgenti importanti. Quindi (altra pausa, ndr), domani sera bisogna festeggiare perché ci sono due cose da festeggiare. Una la vittoria dello scudetto e una è l’addio di Andrea Bargazli. (Risate tra i giocatori, ndr). Lascia il professore dei difensori, senza nulla togliere niente a Leo, Giorgio, Martin e Daniele, quindi domani sera deve essere una bellissima serata dove dovremo tutti festeggiare perché sono stati cinque anni straordinari”.
Come vivo questa situazione?
“La vivo serenamente. Negli ambienti professionali ci si può dividere, è una cosa fisiologica. Sono state scritte cose inesatte, io non ho chiesto rivoluzioni o anni di contratto, a questo non ci eravamo neanche arrivati. Tra persone intelligenti che capiscono quando capisce che fisiologicamente ti devi separare devi capirlo. Questo c’è stato: una cena col presidente, mi avete inseguito e non mi avete trovato, e l’altro ieri in sede abbiamo capito, il presidente ha preso questa decisione, che non si poteva andare avanti e l’allenatore non sarei stato io. Molto più semplice di quello che sembra. La cosa certa è che abbiamo fatto 5 anni straordinari. Poi giustamente voi siete giornalisti e scrivete, fate. Da livornese, sembra strano che da noi all’una si manda la torta col pan francese dentro. 5 e 5, 5 anni e 5 campionati, quindi sono contento e sono emozionato. Però basta perché domani c’è da giocare una bella partita e festeggiare, ma sono chiacchiere. La Juve ripartirà alla grande”.
Non faccio divertire?
“Non ha assolutamente pesato. E’ sempre stato un dibattito con tutti, con i giornalisti, con gli opinionisti, ed è giusto così. Poi alla fine devi arrivare a centrare gli obiettivi e quando lavori alla Juve devi sapere che in fondo devi aver vinto. Quest’anno abbiamo portato a casa un campionato e una Supercoppa quindi è stata una stagione straordinaria. Giocar bene o male dipende dal risultato. A volte sento telecronache dove una squadra comanda fino al 92′, prende gol al 93′ e si dice che ha giocato una partita straordinaria l’altra. Io che sono allenatore dovrò analizzare la prestazione e non il risultato, perciò ora non dobbiamo fare una roba tecnica perché siamo in un momento bellissimo. Dico sempre che le partite di calcio sono strategia, vanno capiti i momenti della partita perché giocar bene 38 partite è impossibile, ma quelle che ti fano vincere lo scudetto sono quelle quando giochi male. Questa è una caratteristica di un DNA vincente che la Juve è dentro di sé. A nessuno piace perdere, se qualcuno si accontenta di uscire e giocare bene e perdere non fa per me. Io nelle prime 5 partite a Cagliari ho fatto 0 punti. Si diceva che giocavo bene, ma non vincevo. Quando si dice che i bimbi giocano per divertirsi no, anche lì c’è competizione, figurati alla Juventus. Ci sono poi momenti più o meno belli. Noi quando abbiamo fatto 15 vittorie di fila non è che abbiamo fatto un gioco straordinario, ma non subivamo, eravamo solidi. A calcio difendere non è vergogna, ci sono momenti in cui difendi. Io ho sempre detto che, e questa è la terzultima conferenza, la partita che abbiamo giocato a Cardiff e qui c’è Cristiano, non abbiamo perso perché hanno fatto più gol. Le grandi sfide le vincono le grandi difese, in quella partita il Real ha difeso meglio di noi come squadra. E hanno vinto. Il calcio non è giocar bene, cos’è giocar bene? Io ancora non l’ho capito se qualcuno me lo spiega ascolto poi magari ci proverò. Però nella vita ci sono le categorie: ci sono i giocatori che vincono e che perdono, dirigenti che vincono e no, allenatori che vincono e non vincono mai. Cazzo, se non vincono mai ci sarà un motivo, Dio santo! Nel gabbione a Livorno, lo dico perché io i tornei li vincevo tutti, ne ho perso solo uno. Ci sarà un motivo. C’erano altri ragazzi come me che vincevano sempre i tornei e altri mai. Ci sarà un motivo se qualcuno vinceva sempre e altri no. Non c’è più mestiere, tutta teoria. Io l’altro giorno parlavo con Fabio, io ho avuto Cellino a Cagliari. Io non so come ha fatto: col Cagliari è retrocesso una volta e ha portato il Brescia in A in un anno. E’ più bravo degli altri, non c’è niente da fare. Poi è normale quelli che perdono che devono dire. Ora io vi farei un esempio, ma non ve lo faccio se no viene già tutto”.
Vado anche via perché non potrai essere allenatore manager?
Assolutamente no. L’allenatore manager come lo intendo io è quello coinvolto nelle problematiche della società. Quindi dall’organizzazione di programmi di marketing alle scelte dei giocatori. Non è che non ho mai partecipato, anzi. A volte sono stato definito aziendalista e ne sono stato fiero, qualcun altro che non conosce l’italiano l’ha vista come una definizione di yes man. No, è uno che coindivide o non condivide le problematiche e le scelte con un’azienda. L’ho fatto qui, l’ho fatto 4 anni al Milan. Un’azienda che fattura come la Juve ha bisogno che l’allenatore conosca tutte le problematiche. Non si parla di una società che non è quotata in borsa o gioca una gara a settimana, poi a me personalmente piace molto, poi magari quando smetterò difficilmente avrò un ruolo dirigenziale, ma è qualcosa che mi ha appassionato. Per cultura mia personale mi piace conoscere cose nuove.
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