La storia del calcio è stata segnata dalla presenza di alcune stelle intramontabili, capaci di aver fatto sognare (o penare) i tifosi del tutto il mondo. Tra tutti i Paesi del mondo però, uno di quelli a cui va attribuito il merito di aver regalato il maggior numero di campioni è proprio l’Italia. E quando si parla di campioni, come non parlare ad esempio di Roberto Baggio? Ripercorriamone insieme le tappe fondamentali della carriera.
Roberto Baggio: uno dei n.10 più grandi al mondo
Roberto Baggio nasce il 18 febbraio 1967 a Caldogno. I primi passi nel mondo del calcio del “codino” sono proprio nella squadra del suo paese, fino al momento in cui non approda al Vicenza. Prima del suo trasferimento alla Fiorentina, dove la carriera di Baggio esploderà, realizza 13 reti in 36 partite. Durante le sue due prime esperienze calcistiche Roberto indossa le Adidas World Cup, che in quel periodo erano davvero molto utilizzate, e non a caso il Vicenza vestiva proprio Adidas.
Alla Fiorentina però, il discorso cambia, e nasce il binomio Baggio-Diadora, che durerà fino al termine della carriera del calciatore. Come detto infatti, l’esplosione del calciatore avviene nella Fiorentina, le sue gesta lo portano sotto i riflettori del calcio mondiale, e come spesso avviene un grande brand in queste situazioni si accaparra la sua immagine sul campo. Diadora in quel momento era anche lo sponsor della Nazionale italiana, e a parte un’unica eccezione, Baggio le rimane fedele per tutta la sua carriera.
Baggio “Raffaello” e il trasferimento alla Juventus
La carriera di Roberto Baggio nella Fiorentina è stata di tutto rispetto e colma di grandi risultati personali, ma la sua vera consacrazione avviene nel momento del trasferimento con gli acerrimi nemici dei “viola”: la Juventus. Agnelli regala uno dei tanti soprannomi a Baggio, probabilmente uno dei più simpatici. Si tratta di Raffaello, grazie alla sua innegabile capacità di fare arte in campo. Baggio sarà maestro di un altro grandissimo del nostro calcio, Alex Del Piero, che verrà rinominato non a caso “Pinturicchio”.
Ad ogni modo, nel 1993 arriva il pallone d’oro, premio che mai come in quella occasione vide tutti d’accordo nel suo conferimento. La poesia scritta sul campo da Baggio si stava avviando verso l’immortalità. Il 1994 è l’anno del mondiale, e Baggio è ancora una volta protagonista assoluto in campo. Le sue gesta trascinano la Nazionale di Sacchi in finale, ma purtroppo non arriva il lieto fine che tutti desideravano: i rigori contro il Brasile decretano la sconfitta dei campioni.
La “conclusione” della carriera di Baggio
La classe del “Divin Codino” rimane intatta, ma nel frattempo il calcio italiano sta cambiando, assumendo le vesti di una competizione sempre più fisica. Le ginocchia di Baggio cominciano a “scricchiolare”. Arriva il trasferimento al Milan, e nonostante il club vinca il campionato, il n.10 non è più così incisivo come in passato. Dopo il Milan però, arriva il Bologna, e contro ogni previsione avviene la sua rinascita, firmata da 22 reti in 30 partite, media davvero molto alta persino per lui.
Moratti prende dunque la decisione di portarlo in casa nerazzurra per ottenere dei risultati che in quel periodo mancavano da diversi anni. Nasce un tridente, quello con Ronaldo e Vieri, che fa sognare in grande i tifosi del club milanese. Baggio ha risultati alterni, ma rimane sicuramente memorabile il 3-1 con il Real Madrid in Champions League, dove il calciatore è uno degli assoluti protagonisti della partita. La carriera del Codino sembra terminata, ma il suo trasferimento al Brescia ancora una volta lo porta fuori dalla normalità: prima di appendere le scarpette al chiodo, regalerà 4 stagioni da sogno, con 45 reti in 95 gare. Uno dei n.10 più grandi della storia del calcio.
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