L’anno dei desideri va via, ora quello dei successi

Il 2011 un anno indimenticabile, servono i successi per dargli seguito nel 2012

“E prendo il treno dei desideri”, cantava Celentano, che associava il mondo dei sogni al colore azzurro. Un segno del destino, se vogliamo leggere quest’associazione storica della canzone italiana ricordando il diritto di dare credito ai sogni che il Napoli di De Laurentiis ha concesso alla tifoseria partenopea.

Quante volte abbiamo desiderato la musichetta della Champions League, abbiamo visto giocare il mercoledì l’Udinese, la Fiorentina, la Lazio e la Roma, considerando che non eravamo inferiori e che un giorno sarebbe toccato anche a noi.

Nel 2011, l’anno dei desideri, il Napoli ha non solo raggiunto la qualificazione nell’Europa che conta, ma anche ottenuto gli ottavi di finale nel “girone della morte”. Il 15 Aprile ed il 7 Dicembre, due notti vissute guardando le stelle e riflettendo che non possono essere le uniche soddisfazioni di generazioni che hanno dimostrato il loro amore verso il Napoli, stando vicino agli azzurri nei momenti più difficili.

Le due serate magiche sono state caratterizzate anche dal rapporto De Laurentiis-Mazzarri che sembra la classica storia d’amore difficile in un romanzo scritto sapientemente e ricco di colpi di scena, dove i tifosi partenopei hanno l’ansia di scoprire cosa succederà nelle prossime pagine. Il saluto freddo tra i due durante la festa per il raggiungimento della Champions, o la rabbia del tecnico dopo Villarreal-Napoli, quando si recò nel pullman senza rilasciare dichiarazioni.

Il Napoli è un progetto solido che può camminare a prescindere dai suoi protagonisti, ma la sfida del 2012 è improntata sui concetti di trasparenza e serenità. Mazzarri ha affermato di voler rispettare il contratto fino alla sua scadenza, il 2013. De Laurentiis ha più volte dichiarato di stimare il suo tecnico, allora lo lasci stare non invadendo i confini dell’area tecnica dentro la quale il tecnico toscano si assume da sempre la completa responsabilità delle scelte.

Noi vogliamo vincere”, cantavano continuamente le due curve mercoledì sera durante la sfida contro il Genoa; un messaggio rivolto più volte esplicitamente al presidente De Laurentiis, un invito a trasformare i desideri in successi.

Il popolo partenopeo, che ha festeggiato la qualificazione agli ottavi come fosse uno scudetto, non vuole essere più una meteora, una parentesi capace di generare entusiasmanti esperienze senza riuscire, però, a dare continuità al proprio progetto.

“A volte sento dire che se non andiamo in Champions perdiamo 30 milioni. E che sarà mai?”, così si esprimeva il patron in conferenza stampa dopo la vittoria contro il Manchester City. A prescindere dai sofismi, scendere immediatamente dal carro dell'”Europa che conta” sarebbe uno stop alla crescita vertiginosa della società partenopea. Il divario tra Champions ed Europa League è enorme ed anche l’ambiente è cresciuto nel confrontarsi con importanti realtà europee. Questo non significa che, se dovesse sfuggire la rincorsa al terzo posto, sarebbe un dramma per il Napoli che dovrebbe solo rimboccarsi le maniche e mantenere lo stesso spirito per continuare a macinare passi in avanti.

Sono tre i punti chiave: mercato, stadio e settore giovanile. L’arrivo di Vargas è da accogliere positivamente, non solo per le qualità del cileno classe ’89, ma anche per la svolta attuata sul mercato. E’ tornato il Napoli capace di scovare Hamsik, Lavezzi e Gargano, rischiando su giovani talenti invece che affidarsi ai “senza contratto” Santana e Donadel o su scommesse argentine (Chavez e Fideleff) che valgono dal punto di vista tecnico le somme irrisorie pagate per il loro trasferimento.

E’ il Napoli di Micheli, del reparto scouting che cresce a suon di informazioni da inserire nel database gestito da Zunino, quello che guarda ai modelli Udinese e Brescia, dove proprio l’uomo che ha seguito con l’agente Mazzoni (intermediario per il Napoli in Sudamerica) la trattativa in Cile è cresciuto a suon di “studio del pallone” e missioni.

Bigon, nel post-partita di Napoli-Genoa, ha dichiarato che il Napoli penserà alla cessione di cinque-sei elementi (Dezi, Rinaudo, Chavez, Fideleff, Mascara e vedremo cosa succederà con Lucarelli, ndr) che non trovano spazio all’ombra del Vesuvio. Il direttore sportivo del Napoli, troppo succube di Mazzarri e De Laurentiis riguardo al mercato in entrata, ha dimostrato grandi qualità in quello in uscita, riuscendo a piazzare i tanti esuberi dell’era di Pierpaolo Marino.

In entrata il Napoli non può accontentarsi di Vargas, servono un mediano ed un esterno sinistro. Donadel è una scommessa dal punto di vista fisico e non si può sempre rischiare senza cautelarsi. Tre esterni (Maggio, Dossena e Zuniga, ndr) sono pochi per il sistema di gioco di Mazzarri, in cui la freschezza degli uomini che occupano le corsie laterali è fondamentale. Da più parti s’immagina il nuovo San Paolo come il business del futuro, l’assessore De Falco ha presentato il suo progetto di restyling dell’impianto di Fuorigrotta ma siamo ancora lontani da un programma definito d’intervento con scadenze precise. Non si può più perdere tempo, si mostri il definitivo progetto preliminare e poi al più presto la gara d’appalto con trasparenza massima nella comunicazione, senza false promesse né sulla sostanza né sui tempi.

Sul settore giovanile si vede il lavoro di Sormani, che stanno dando nuova linfa al vivaio, ma le idee senza i soldi restano buoni spunti. Il passaggio di tutte le categorie al “Kennedy” non basta, “senza sord nun se cantan messe” è una delle espressioni più significative della profonda storia dei proverbi napoletani. Bisogna crederci per investire nel vivaio e la storia di Insigne può essere il giusto stimolo.

 

A cura di Ciro Troise

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