Non è bello dire “l’avevamo detto”, ma ogni tanto bisogna anche farlo. Prima del mercato di gennaio abbiamo sostenuto più volte che per il Napoli fossero necessari quattro acquisti: un mediano davanti alla difesa, un esterno sinistro, un vice-Lavezzi ed un vice-Cavani.
Nella sessione invernale è arrivato invece solo il prospettico Vargas, Kabine dal Carpi per liberare poi un extracomunitario in estate e Bigon è riuscito nella sua meritoria opera in uscita, piazzando Mascara e Rinaudo a Novara e Santana a Cesena. Volevano cedere anche Donadel, proposto a Genoa, Fiorentina, Palermo, Parma e Catania, sia dall’agente D’Amico che dagli uomini-mercato partenopei, ma la sua problematica storia in maglia azzurra ha spazzato via ogni possibile pretendente. Il mediano ex viola non è stato convocato nelle ultime partite da Mazzarri, nonostante in alcune gare il suo senso tattico e la capacità di mantenere la posizione potessero essere utili. La verità è che dai tempi della sua scelta di andarsi a curare prima a Prato e poi a Bologna si è creata una frattura con il club, mai completamente ricomposta. Il giocatore è clinicamente guarito, l’abbiamo visto anche in Coppa Italia contro il Cesena, ma non offre le giuste garanzie al tecnico. Guardare l’andamento alla stagione solo in relazione al mercato è sicuramente parziale, ma esso ha comunque un’importanza capillare. La sessione invernale si chiama di riparazione proprio perché permette di rimediare agli errori compiuti in estate. Mazzarri ama la “coperta corta”, la gestione di pochi elementi, ma è evidente che sugli esterni non c’è un ricambio all’altezza con solo tre uomini a lottare per due maglie. Maggio non può permettersi soste; tenuto in panchina a Genova, c’è stato bisogno di lui nella ripresa per cercare di ritrovare la spinta sulla fascia destra.
L’analisi della stagione del Napoli parte dal conflitto De Laurentiis-Mazzarri alla fine della scorsa stagione e la tregua dello scorso 23 Maggio, con l’opera di mediazione compiuta da Bigon. Il tecnico sollevò al patron tutte le perplessità del caso sulla capacità del Napoli di mantenersi ad alti livelli con lo stress dei tanti impegni nell’ambito delle limitazioni imposte sul mercato (il famoso monte ingaggi, argomento utilizzato nel post-partita di Siena-Napoli).
Il compromesso fu raggiunto con la conferma dei collaboratori del tecnico toscano, “carta bianca” sul mercato, priorità alla Champions ed investimento “in cantiere” per Gennaio, una volta terminato il girone della suddetta competizione continentale. L’unico ostacolo su cui non si transige è il monte ingaggi, strumento che, insieme alla gestione dei diritti d’immagine, ha fatto del Napoli un modello economico per la relazione tra risorse impiegate e risultati ottenuti sul campo. Il 12 Agosto scorso Mazzarri in conferenza stampa parla di una lista sul mercato composta da Criscito, Vucinic e Vidal (erano arrivati Britos e Dzemaili, poi, a fine Agosto, dopo il sorteggio del “girone della morte” giunse anche Pandev), aprendo all’arrivo dei top player, come Giuseppe Rossi, di cui si parlava molto in quel periodo. Il tecnico, dopo il ritiro a Dimaro vissuto all’insegna della serenità ritrovata con il presidente, comincia a divincolarsi dalla morsa delle responsabilità, ammettendo implicitamente i limiti del proprio organico e dando una spinta al club sulla campagna trasferimenti.
Nell’ambito dei paradigmi d’azione imposti dal budget della società, l’asse Mazzarri-Bigon ha prodotto gli acquisti di Britos, Santana, Donadel, Dzemaili, Chavez e Fideleff. Di questi sei innesti solamente Britos e Dzemaili sono stati arruolati veramente da Mazzarri, gli altri inseriti nel vortice di un club che ha acquistato e ceduto nell’arco dello stesso anno già Ruiz, Mascara e Santana. L’opera presidenziale di portare Pandev in maglia azzurra ha prodotto buoni esiti solo dopo quattro mesi, in cui si è dovuto aspettare il recupero del macedone. Un’operazione comunque valida, visto che si ha in casa un campione, dotato anche di esperienza internazionale. Sul vice-Cavani la storia è nota a tutti: arrivò Lucarelli su indicazione di Mazzarri. Pandev può essere adattato da prima punta, ma non ha la continuità di assicurare per novanta minuti il lavoro compiuto dall’uruguagio. C’è poi il rebus Inler, un giocatore abituato a dominare in un centrocampo formato da due “corridori” al suo fianco come Pinzi ed Asamoah, mentre nello schema di Mazzarri gli è richiesto un lavoro più completo, in cui servono dinamismo, qualità nell’impostazione e senso della posizione, e lo svizzero è andato in difficoltà. I suoi affanni hanno prodotto anche dei problemi di inserimento nel gruppo che hanno peggiorato il suo rendimento; basta vedere i tanti malintesi in mezzo al campo con i compagni. A Gennaio la società ha puntato solo sul prospettico Vargas perché De Laurentiis non ha voluto affidare altre risorse al suo staff prima di procedere ad una valutazione definitiva degli acquisti compiuti in estate dall’asse Mazzarri-Bigon. Questo report potrà essere effettuato solo a fine stagione.
Il Napoli di San Siro fotografa il suo momento di crisi, cerca certezze nel suo modulo, nel sistema di gioco ma si scontra con la paura d’osare, con il blocco psicologico delle proprie difficoltà, anche se esse non sono riconosciute da De Laurentiis e Mazzarri. E’ un Napoli debole, sbiadito rispetto alla spavalderia di serate magiche come le due sfide di Manchester o la stessa notte di San Siro del 1 Ottobre, dello 0-3 inflitto all’Inter. Gli azzurri nel primo tempo svolgono in maniera ottima il proprio compito, bloccano gli spazi ai rossoneri, costretti a dare il pallone centralmente ad Ibrahimovic, brillantemente neutralizzato dalla retroguardia partenopea. Il Napoli s’affida alle ripartenze, usando come metro per uscire dalla crisi l’adesione totale agli schemi di Mazzarri. Si nota immediatamente che non c’è l’intensità, le accelerazioni ed il cambio di ritmo dei tempi migliori; gli azzurri si esprimono in maniera speculare al Milan, senza la qualità degli uomini di Allegri.
Al 62’ Ibrahimovic rifila uno schiaffo ad Aronica e viene espulso, grazie alle segnalazioni del guardalinee e del quarto uomo avvenute dopo le proteste di De Sanctis. Può essere la svolta del match, ma gli azzurri non osano. L’unica occasione degna di nota arriva al 74’, quando Cavani spreca di testa un assist preciso di Lavezzi. Il problema è innanzitutto psicologico, non scatta la convinzione di poter vincere la partita, il desiderio d’impadronirsi del match, la rabbia e l’orgoglio per imporsi. C’è inoltre una disquisizione di tipo tattico: che senso ha restare con la difesa a tre con il solo Robinho in attacco. Allegri si cautela con Ambrosini al posto di Seedorf, togliendo anche la pericolosità dell’uomo tra le linee, a cui preferisce la quantità in mezzo al campo. Mazzarri schiera prima Inler per Dzemaili, poi solo all’80’ tira fuori la carta Pandev, inserito al posto di Aronica. La difesa a tre costringe gli esterni a percorrere tutta la fascia, perdendo poi lucidità negli ultimi venti metri; anche ai centrocampisti è richiesto più lavoro. Perché non approfittare della superiorità numerica per passare subito alla difesa a quattro con l’inserimento di un attaccante?
Mazzarri s’affida a totem, come il suo sistema di gioco basato sulle ripartenze e la spinta degli esterni, ed obiettivi da raggiungere per salvare la stagione: battere il Siena per assicurarsi la qualificazione in Europa League e provare a vincere la Coppa Italia, poi continuare a fare bella figura in Champions. Villas Boas attende al varco il Napoli, la cui priorità deve essere però uscire dalla crisi, non mollando nessun obiettivo e con la grinta di chi ha la consapevolezza di poter risalire la china anche in campionato. Basta affrontare la realtà con serenità, senza aggrapparsi a monte ingaggi, errori arbitrali, freddo, sfortuna o troppi impegni. Consapevoli dei propri errori e dei problemi, ma con la compattezza di chi vuole riemergere.
A cura di Ciro Troise
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