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ESCLUSIVA – Petrazzuolo: ”Settore giovanile, che esperienza. Vi racconto quando Insigne…”

"Centro sportivo di proprietà, staff di grande valore professionale e investimenti giusti per non perdere i migliori talenti in Campania: così si migliora il vivaio"

Il calcio è uno sport di squadra, che non è composta solo da undici calciatori. Ciò che si vede in campo è frutto di un lavoro d’equipe. Molti protagonisti agiscono dietro le quinte, ma il loro operato è prezioso e fondamentale. In un settore giovanile chi non appare è ancora più importante delle realtà professionistiche perchè l’obiettivo non è la semplice vittoria ma la complessa formazione dei ragazzi. Un compito difficile soprattutto in una realtà sociale come quella napoletana, che ha bisogno di grande sensibilità per essere affrontato. La redazione di IamNaples.it intervista in esclusiva Ciro Petrazzuolo, storico dirigente del vivaio azzurro, che ha vissuto sin dal primo giorno l’era De Laurentiis e, prima di concludere la sua esperienza alla Ssc Napoli, ha voluto portarci nell’immenso bagaglio di storie, aneddoti ed esperienze arricchito in questi dieci anni.

Hai iniziato a lavorare nel vivaio azzurro in quel lontano 2004. Che ricordi hai dei primi passi del vivaio azzurro nell’era De Laurentiis?

“Mi ricordo che avevamo un solo campo, tutte le giovanili azzurre si allenavano a Casandrino. Il budget a disposizione era una miseria, ma ci mettevamo tutti a disposizione, cercavamo con il nostro impegno di superare le difficoltà. Ricordo la figura del direttore Santoro che si faceva in quattro per far andare avanti al meglio il settore giovanile. Regnava una grande atmosfera di collaborazione tra tutti noi che abbiamo vissuto quell’avventura. Con l’evoluzione organizzativa del vivaio, è stata infranta quella sensazione di appartenere ad una grande famiglia ed è prevalso l’individualismo, ognuno di noi ha lavorato più per la riconferma personale che per far crescere la realtà collettiva a cui si apparteneva. Per farvi capire l’atmosfera collaborativa dei primi anni del Napoli di De Laurentiis, faccio un esempio: con la Berretti di Ciro Muro perdemmo otto partite consecutive, non ci fu una critica, un rimprovero e il risultato di quell’atteggiamento fu che la squadra si riscattò e si qualificò anche alle finali nazionali, dove fummo eliminati ai rigori contro l’Atalanta. Mi preme dire qualcosa su Ciro Muro: è un grande allenatore, un trascinatore, mi dispiace moltissimo che non lavori più nel Napoli. Ricordo anche la cavalcata con i Giovanissimi Nazionali quando arrivammo in finale contro l’Inter. L’esperienza calcistica più importante della mia vita è stata rappresentare il Napoli come unico dirigente presente in quella gara, mentre la società nerazzurra presentava lo staff al completo”

In dieci anni hai visto crescere molti ragazzi del vivaio azzurro, anche molti che oggi hanno raggiunto il calcio professionistico, come Maiello, Sepe e Insigne, che rappresenta l’orgoglio del settore giovanile. Che ricordi hai sul percorso vissuto da Lorenzo?

“Quando Lorenzo giocava nella categoria Allievi, ad inizio anno avevamo quarantaquattro ragazzi e Santoro chiese a Rea e Canè, allenatori degli Allievi Regionali e Nazionali, di organizzare le squadre. Sepe e Insigne erano nei regionali, Lorenzo era molto deluso per questa scelta, lo aiutammo il Prof.Campagna (all’epoca fisioterapista del vivaio azzurro, ndr), mister Rea ed io. Qualche mese dopo poi Canè, dopo aver notato il valore di questi ragazzi, li portò nel gruppo dei Nazionali” allievi maggioni righi 2007 copia

Nel “film dei ricordi”, quale evento o partita ti viene in mente quando pensi a Lorenzo Insigne?

“Penso subito a Napoli-Liverpool del 2007, torneo “Maggioni-Righi” in Piemonte, categoria Allievi. Noi giocavamo sotto età e avevamo un divario fisico enorme nei confronti degli inglesi. Avevamo due brevilinei, Lorenzo Insigne ed Emanuele Esposito, che arrivavano alle ginocchia dei difensori del Liverpool. Pareggiammo 2-2, subendo un gol negli ultimi minuti, dopo essere stati protagonisti di una gara esaltante e ricevendo l’applauso dei tantissimi spettatori sugli spalti”

Ci sono anche i talenti che non ce l’hanno fatta, quelli che non sono riusciti ad emergere. Hai qualche rammarico sotto quest’aspetto?

“Ci sono due ragazzi: Emanuele Esposito, trequartista brevilineo, dotato di grandissime qualità, e Alessandro Diana, difensore centrale adattabile anche nel ruolo di esterno sinistro, che per me dovevano fare i calciatori a livello professionistico. Riguardo ad Esposito, ho il rammarico di non averlo aiutato abbastanza sotto il profilo umano perchè proveniva da condizioni sociali molto difficili”

Hai avuto modo di conoscere durante il tuo percorso anche Armando Izzo, difensore centrale classe ’92 che il Napoli ha perso alle buste poche settimane fa per “pochi spiccioli” con l’Avellino. Qual è il tuo pensiero su questo ragazzo?

“Di Izzo, come di Emanuele Esposito, ho un ricordo bellissimo sotto il profilo umano. Erano ragazzi che avevano bisogno d’affetto, due giovani calciatori proiettati a diventare dei professionisti. Izzo non ha espresso ancora tutte le sue potenzialità, soffre la mancanza di cultura, oggi aspetto fondamentale per un calciatore. Ha grandissime potenzialità, gli auguro di raggiungere la massima serie al più presto, in Italia o all’estero. Ho letto dell’interesse del Leeds, sarebbe per lui una grandissima esperienza”

Cosa dovrebbe fare il Napoli per valorizzare al meglio i suoi ragazzi e migliorare in generale la condizione del vivaio azzurro?

“Ci sarebbe tanto lavoro da fare: innanzitutto il presidente De Laurentiis dovrebbe investire di più per alzare “un muro calcistico” nella Regione Campania nei confronti degli altri club e fare in modo che i migliori giovani indossino la maglia azzurra. Non è possibile che in tutte le gare disputate contro le squadre del Nord notiamo che sia dominante l’accento napoletano. Bisognerebbe poi mettere in pratica la promessa del centro sportivo di proprietà del Napoli, sarebbe fondamentale per la crescita del settore giovanile. Sarebbe necessario poi, a mio avviso, puntare sullo staff che deve essere di grande spessore professionale e ben remunerato dal punto di vista economico. Bisognerebbe poi puntare molto su un grande intervento di natura sociale: se lo scouting azzurro sceglie un ragazzino, vuol dire che ha talento e, quindi, fino all’età dei Giovanissimi Nazionali non bisogna lavorare sugli aspetti tecnici e tattici, ma insegnargli l’educazione, le buone maniere, il rispetto di se stesso e degli altri. C’è bisogno di educatori specializzati, psicologi che siano dei tutor per aiutare i ragazzi che provengono da situazioni familiari molto complicate. Bisognerebbe poi parlare in maniera chiara anche con i genitori e i procuratori. Ognuno svolga il suo compito: il genitore deve fare il genitore, pensando soprattutto alla scuola e lasciando la formazione calcistica agli addetti ai lavori. I ragazzi devono pensare soprattutto a divertirsi e i procuratori dovrebbero intervenire soltanto a ridosso del professionismo”

Che giudizio dai alla tua esperienza vissuta nel settore giovanile? Quale messaggio vuoi lasciare a quelli che continueranno quest’avventura?

“Innanzitutto voglio ringraziare la società che mi ha permesso di operare tra i professionisti con impegno e partecipazione senza incontrare difficoltà rilevanti. Ringrazio tutti gli allenatori con cui ho collaborato (Ciro Rea, Ciro Muro, Felice Mollo e Nicola Liguori) e in modo particolare il segretario del settore giovanile Cristiano Mozzillo, a cui auguro grandi soddisfazioni professionali. Auguro a tutti un buon lavoro, soprattutto al responsabile del settore giovanile Gianluca Grava, figura molto presente che ha dato un valore aggiunto al vivaio azzurro”

A cura di Ciro Troise

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